di Paolo Maninchedda
Oggi alle 12 i tecnici della Regione presenteranno al Comitato istituzionale dell’Autorità di Bacino le proposte tecniche per i comuni e le zone che si trovano in emergenza idrica.
Prima di tutto, dunque, un metodo: a) presentazione di progetti validati; b) sforzo politico per reperire le risorse per realizzarli.
Ho letto tutta la corrispondenza inviata all’assessorato e i verbali delle riunioni convocate dai vertici dell’amministrazione regionale con soggetti a vario titolo coinvolti nella gestione della risorsa idrica e ho notato la differenza tra i proclami divulgati attraverso gli organi di stampa e le parole molto misurate usate negli incontri istituzionali.
Si vuole incendiare il clima con l’acqua? È un controsenso logico, ma è una grande tentazione politica per chi è stato educato da 60 anni di autonomia a interpretare la politica come rivendicazione senza responsabilità, per chi è abituato a dare sempre la colpa agli altri, per chi è abituato a protestare per ottenere risorse piuttosto che per lavorare a risolvere i problemi.
È incredibile come sia alcuni soggetti politici, sia alcuni soggetti civici non comprendano che il continuo appello allo ‘scandalo’, alla ‘vergogna’, alla ‘disgrazia’ non sta più producendo consenso (e neanche vendite per gli organi di stampa o voti per i partiti demagogici).
La società è stanca di leggere ogni giorno solo un bollettino di cose che non vanno bene. Sarà un caso, ma sia in Francia, sia in Italia, gli unici organi di informazione che stanno crescendo in termini di vendite e di audience sono quelli che hanno ripreso a raccontare la normalità, a capire i problemi non in termini di colpa/sanzione ma in termini di soluzione/vantaggio.
La moneta socialmente più ricercata è la rinascita della fiducia (e personalmente resto convinto che questo fattore morale e simbolico stia alla base della crisi demografica della Sardegna più di quanto non lo sia l’eterna crisi economica). Sui temi dell’acqua si sta mettendo ordine in un settore strategico non manotenuto, non controllato, non revisionato ormai da troppi anni. Parlarne nei termini in cui se ne sta parlando è sbagliato (e infatti i tecnici non capiscono i toni del dibattito politico, li considerano assolutamente sopra le righe rispetto alla situazione reale e alle situazioni emergenziali del passato). L’acqua può generare lavoro, quel lavoro ‘con le mani’, occasionale ma ripetuto e costante, che noi occidentali stiamo rifiutando divenendo progressivamente schiavi della Cina come fabbrica del mondo. Il tema è recuperare la capacità di governare i processi non per alzarsi in piedi e gridare, ma per alzarsi in piedi con la soddisfazione di chi ha risolto un problema. Dobbiamo invertire la spirale educativa pessimistica e deresponsabilizzante che è egemone in Sardegna da ormai quarant’anni.