Pare evidente che in Italia non è per niente chiara la differenza attuale e futura tra l’essere virologi e l’essere Presidenti del Consiglio, Ministri, Presidenti di Regione, Assessori.
Un virologo si ferma col dire: “L’epidemia passa più in fretta se ci isoliamo, ma non chiedetemi quando passerà. Ha un suo decorso, che sapremo descrivere bene quando sarà finito”. Il virologo si ferma qui.
I medici territoriali e ospedalieri si fermano col dire: “Sappiamo curare i malati; metteteci nelle condizioni di farlo senza ammalarmi a mia volta”. Il medico si ferma qui.
Il Presidente del Consiglio non può fermarsi qui.
Conte non può limitarsi a dire che serve una breve o lunga quarantena. Deve dire che cosa ha in testa per il dopo, non solo per il durante.
I Cinesi affermano che con un governo globale dell’epidemia non si uscirà dall’emergenza prima di giugno. Si pensa di tenere tutti in quarantena fino a giugno?
Che cosa si pensa di fare per far riprendere il lavoro?
Si pensa di usare la quarantena per fare due tamponi distanziati di quindici giorni l’uno dall’altro a ciascun abitante (costo per l’Italia 3,6 miliardi di euro, il 18% dell’ultimo stanziamento in deficit; costo per la Sardegna 100 milioni di euro, il 3,5% del bilancio della sanità sarda) in modo da avere un quadro chiaro anche dei positivi asintomatici, dei guariti e degli ammalati e decidere di conseguenza? Oppure si intende avvantaggiarsi della diminuzione degli ospedalizzati, riprendere le attività e sperare che non vi siano ricadute fino a marzo 2021, quando, forse, si disporrà del vaccino?
Un Presidente del Consiglio non può affidarsi solo alle misure restrittive e alla persuasione, deve produrre motivazione ragionata, deve dire dove e perché sta conducendo la nave. Invece, il Presidente del Consiglio glossa, con buone parole, le indicazioni dei virologi e promette denaro, poco, ma diffuso per tutti. Non solo del doman non v’è certezza, ma si ha la certezza che chi guida non sappia cosa fare. Questo è il punto. E questo punto è ancora più grave per la palese impreparazione, il dilettantismo, la confusione e i ritardi palesi che caratterizzano la politica regionale.
Siamo nella condizione peggiore con i governanti più inadeguati che la storia potesse produrre, sia a Roma che a Cagliari.
Un Presidente del Consiglio non può solo attendere gli eventi, deve avere più piani di ripartenza a seconda degli scenari possibili e su questo deve creare coesione, non solo sulla retorica della comune sofferenza per la reclusione forzata.
Non si può produrre una visione senza una comune strategia europea? Forse, ma allora se ne produca almeno una sul piano della lotta alla paura e alla speculazione finanziaria. Altri dieci giorni come gli ultimi tre, e i titoli che sono nella pancia delle banche varranno molto meno, con le conseguenze che si possono immaginare.
E allora, forse, bisogna che l’opinione pubblica divenga più esigente. Non si tratta di polemizzare in tempo di guerra; si tratta di sapere come si combatte, dove si attacca e dove ci si difende, con quali armi, con quali infrastrutture, con quali rifornimenti, con quale denaro, con quale lavoro. La guerra è essenzialmente strategia; se l’infermeria guida la prima linea, non stiamo combattendo, stiamo aspettando lo svolgersi di un fatto con lo stesso fatalismo con cui nel passato si riteneva che ciascuno avesse un suo destino contro il quale niente poteva e doveva fare.
https://www.change.org/p/regione-sardegna-un-tampone-contro-il-coronavirus-prevenire-in-sardegna
Certo, il politico deve prevedere e programmare. I tamponi forse alcuni di noi possono pagarli, qualcuno in parte, chi non può deve poterlo fare gratis. Se si ha bisogno di un contributo dalla popolazione per l’emergenza, lo si chieda, in proporzione rispetto al reddito.
Poi, certo non ci possiamo fermare. Primo punto, riorganizzare il lavoro in fabbrica, negli uffici, nei servizi. Anche gli spazi devono cambiare. E il piano per l’economia con individuazione su dove investire? Politici e studiosi ora devono agire e fare scelte intelligenti.
Noi in Sardegna? Puntare su agricoltura e pastorizia e tutto ciò che si sviluppa intorno. Il commercio online? Quanti posti si creeranno? La salvaguardia dell’ambiente? C’è necessità di progetti che partano da un punto per poi coinvolgere tanti altri.
Conosci il tuo nemico, conosci te stesso, si potrebbe dire. Purtroppo, sono quasi trent’anni che chi governa il bel paese non è in grado di farlo. Non è in grado cioè di riconoscere la strategia. Questa esiste in quanto tale e si collega alla struttura (geografica, antropologica, economica, sociale ecc.) della collettività. Si collega al perseguimento della propria esistenza come ente indipendente o per lo meno parzialmente autonomo, direbbe Dario Fabbri.
In Italia gli uomini di stato in grado di riconoscere la strategia sono stati eliminati per via giudiziaria a inizio anni novanta.
Da allora è cominciato lo smantellamento del sistema. Quel sistema capitalistico di tipo misto, che garantiva benessere e sviluppo.
Si è inseguita l’illusione del vincolo esterno per abbracciare il sogno/incubo degli Stati Uniti d’Europa. Con “la fine della storia” si è pensato di far nascere una nazione in provetta, l’Europa, fondata su due egemonie, peraltro, destinate a scontrarsi: quella tedesca in ambito industriale e quella francese in ambito militare.
In Italia le banche sono state espropriate al sistema pubblico, le aziende di stato sono state svendute a capitalisti senza capitali, si è favorita la delocalizzazione e l’istruzione è stata smantellata, sacrificando in modo consapevole un’intera generazione.
Il tutto anche grazie a uomini di potere che nei giorni bui delle stragi di mafia facevano gite in Britannia o che negli anni successivi indicavano la pagliuzza del conflitto d’interessi dell’ex cavaliere per nascondere le proprie travi.
Solo che la storia non è finita e ora inizia a presentare il conto.
La verità è che come osservato da Galli della Loggia: “quando arrivano i tempi in cui è questione di vita o di morte, conta davvero chi parla la tua lingua e condivide il tuo passato ”.
Oggi abbiamo riscoperto l’appartenenza, anche se siamo in braghe di tela.
“Siamo nella condizione peggiore con i governanti più inadeguati che la storia potesse produrre”. La storia degli ultimi trent’anni ha prodotto questa condizione e questi governanti.
Dio non voglia che stiano lavorando per svendere il poco rimasto, magari voltando lo sguardo verso altri punti cardinali. Significherebbe calarsi le braghe che ci sono rimaste.
«i titoli che sono nella pancia delle banche varranno molto meno, con le conseguenze che si possono immaginare»: TITOLI, PANCIA, BANCHE… e “SPREAD”!
Eja, is cosas gei funt trotoxadas e, si no bastat, is políticus pruscatotu dhas faint ancora de prus trotoxadas e imbusticadas ca assumancus cun sa língua de is brúscius dhas nant e totu su chi parit ca cumprendit sa genti de su “spread” est ca custu “sale” o “scende” e sigomenti a “salire” e “scendere” sa genti ge dh’at imparau e fait meda est fintzes totu su chi cumprendit. S’àteru… “Boh!, Boh!”
Pregonta. A parte “i titoli” (cumprendeus unu pagu si funt títulus de istúdiu, cussus de onorèvoli, de senadori, e fintzes calincun’àteru), si cumprendit de prus «pancia» e «banche». Est de diora chi eus cumpréndiu chi “pancia” est sa brenti e “banca” assumancus po nosu Sardus est aundi poneus a papai. Eus cumpréndiu fintzas chi “banca” e dinai andant sempri impai.
Ma comenti est, is bancas puru portant sa brenti? Su dinai, chi no ndi papat mancu su cani, po is bancas est cosa de papai?
E… aici, dinaixedhu! Montis mannus de milliardus de candu dhu teniant in lire e oi puru chi chi est in éurus (chi balint 1937,6 lire cadunu!) Nau in atrus fuedhus is mortus de trabballu e de sacrifícius po arrennesci a tragai sa vida ge nc’intrant cun e in is bancas si arrennescint a allogai calincunu sodhu o po fai pagamentas: ma sa cosa prus crara est ca is bancas funt de is milliardàrius (e poneus puru, oi cun s’éuru, de is millionàrius, ca unu millioni de oi est = 1937,6 millionis de pagu tempus passau)!
Ma est su virus (cun o chentza “corona”) su chi si segat sa conca, sa matza, is cambas e fintzes s’ischina? O est su “spread”?
Ca, si dèu, chi apenas cumprendu a ita serbit su dinai, cun cussu «le conseguenze che si possono immaginare» mi parit de podi e depi immaginai chi candu un’Istadu (e poneus mellus sa parti assolutamenti prus manna de sa genti, e no is pagus milliardàrius) est in dificurtadi manna – in custa ‘economia’ assurda e infame de guerra de leonis, isciacallus, ienas – e tanti prus is bentruxus (beh, sa brenti immoi ge nc’intrat!) si ghetant apitzus de su spéigu morendisí, abbramius cun sa brenti prus manna e su fàmini de su dimóniu e faint “salire” su “spread” e su “guvernu” depit fai bogai àteru dinai meda a sa genti chi normalmenti pagat fintzas a s’úrtimu centésimu de su chi depit pagai; chi bollit narri ca a su spéigu morendi ndi dhi tirant fintzas sa pedhi, nci dhu papant fintzas is ossus! Beh… si funt bentruxus, intzandus gei funt fintzas ingurtiossus!
E sempri isciacallus, leonis e ienas. Milliardàrius. De éurus. O de dòllarus. O de isterlinas. E mancai latitantis in “paradisu” (fiscali) ma sempri isciacallus, leonis e ienas.
Intzandus, a is “guvernus” (demogràticus) puru (sedicenti, o mancai de demogratzia simil fascista) ita “virus” dhis ant apicigau? O s’ant apicigau issus etotu? E ita est o comenti est concordada e ‘funtzionat’ custa ‘economia’ assurda dominanti tropu bortas de isciacallus afaristas a calisiollat costu (po is ispéigus)?
E una istitutzioni acomenti est s’ONU po ita dhui est? Si faint leis e acórdius po cassai is delincuentis, criminalis chi ant fatu mortis e críminis, atentaus e ‘certas’ furas, e no faint leis a livellu e de valori universali-planetàriu contr’a is críminis e cassai is criminalis chi faint is mortus a milas e milas e disastrus de ponni in perigulu e a dónnia modu a dannu mannu de sa vida in totu su Pianeta? O no ant cumpréndiu ca totu custu mundu est totu su mundu fintzas a s’úrtimu furrungoni e cristianu? O no cumprendint ca, fintzas chentza custu mali disastrosu artificiali po torracontus de arrichimentu individuali o de cambarada, s’Umanidadi totu – is milliardàrius puru che a su mortu o morendi de miséria – tenit e at a tenni sempri dificurtadis mannas planetàrias de binci no po fai de custu mundu unu paradisu terrestri, ma fintzas solu po arrennesci a nci tragai sa vida cun su necessàriu e cun prus pagu guerra (po campai) – e no s’isperdítziu consumista – e bivi de umanus cun d-unu minimu de dignidadi fintzas a morri de morti naturali?
Finalmente uno che ragiona, bravo Paolo!