Ho letto la finanziaria appena approvata.
Ho visto servizi televisivi tanto celebrativi quanto pelosi e con le orecchie lunghissime.
È la finanziaria dei sindachetti ignoranti, di quelli che hanno come orizzonti, in primo luogo se stessi (ma anche, spesso, l’obiettivo di una rendita politica perché in numero crescente non hanno un lavoro e non sanno o non vogliono costruirselo) e dopo solo il loro paese, fonte del loro piccolo consenso, e rigorosamente pensato in piccolo, non certo come parte di una nazione. Bisognerebbe modificare la legge elettorale e impedire che i sindaci possano candidarsi al consiglio regionale se non dopo un periodo di raffreddamento di almeno un anno.
Oggi inizio a commento della finanziaria.
Cominciamo dal titolo dell’articolo 10 e dalle disposizioni per favorire le nascite.
Nessuno di noi sa tutto, ma magari se il Consiglio regionale si fosse consultato con i demografi, forse avrebbe evitato di scrivere tante fregnacce e di buttare tanti soldi.
Si prevede di dare 600 euro al mese per il primo figlio e 400 per i successivi alle famiglie che risiedono o vadano a risiedere nei comuni sotto i 3000 abitanti.
Mi è stato fatto dai colleghi dell’Università di Cagliari il seguente ragionamento, che riporto tal quale:
«Nella legge si scrive che gli incentivi di tipo economico sono delle misure a contrasto dello spopolamento… ma andrebbero distinti due aspetti delle dinamiche demografiche: il movimento “naturale” della popolazione (nascite e morti) da quello “sociale” (migrazioni e immigrazioni).
Il punto è tutto qui.
Il calo demografico in Sardegna sarà sempre più marcato (non inarrestabile come si legge nelle pagine introduttive del disegno di legge) poiché l’unica forza in grado di arginarlo è il movimento sociale, vale a dire favorire l’immigrazione…
Infatti la componente naturale oramai si trova in quella che viene definita la “trappola demografica“.
Cosa vuol dire?
Semplicemente che non nascono più bambini perché mancano le donne in età fertile… cioè nella fascia di età più “prolifica” che è tra i 30 e i 40.
E perché non ci sono le donne in quell’età?
Perché anche 30-40 anni fa nascevano troppo pochi bambini (ma l’importante erano le bambine)
Ecco perché la Sardegna è in una “trappola demografica” (v. L. Mencarini e D. Vignoli, Genitori cercasi, Università Bocconi Editore, 2018).
Quindi, l’unica speranza di invertire il ciclo vizioso è favorire l’immigrazione di giovani (meglio donne) che poi fanno figli.
Ma l’immigrazione in Sardegna non è legata a progetti di vita perché troppo spesso in Sardegna gli stranieri sono maschi di passaggio o donne (le badanti) fuori dall’età feconda».
Non si tratta di contrasto allo spopolamento. Si tratta di misure assistenziali a pioggia a scopo elettorale. Un vero schifo.
Temo che l’analisi proposta sia troppo raffinata per coloro che legiferano (…poi gli spieghi, con un altro articolo, che significa) nel nostro Consiglio regionale.
E’ anche fin troppo vero quello che dice Franco Sardi, ma devo ricordare che almeno la precedente Giunta aveva finanziato un programma integrato di aiuto alle famiglie, legato al rispetto dell’obbligo scolastico e al progetto Lavoras: tutto spazzato via e dimenticato a favore di mance, mancette e pelosa carità a spese del pubblico erario.
Mah!
Comunque dissento da Innazio Sartizzu relativamente alla scarsa eleganza di un maiale in cravatta: se vuol vedere degli autentici “porcos in giubba” (maiali vestiti a festa) si affacci in Consiglio regionale, si ricrederà.
Ci siamo mai chiesti perché le sarde in età fertile non fanno figli da più di 50 anni?
C’è il lavoro?
Ci sono i servizi all’infanzia?
Ci sono le case per i giovani?
……
Ci sono mai state le politiche corrispondenti?
… Ite ant imparadu e a ite si sunt preparados sos ‘guvernantes’ e ‘amministradores’ sardos?
A pistare abba!
No est in debbadas chi sa Sardigna est inghiriada totu de mare (si a su Parlamentu italianu no li avassat tempus pro l’iscríere in sa Costituzione della Repubblica Italiana chi semus un’ísula).
In logu addatu, goi, fintzas s’àpara (allium triquetrum) creschet bundhante, imbénnida, ‘prosperosa’. Si ischimus assumancu chi, mancari cosa bona chentza coltivada, però apenas caentat tempus… si falat che a s’àpara de maju, si sicat chentza mancu intrare s’istiu.
immagino già un fiorire di spostamenti di residenza fittizi di signore incinte nei comunelli dove sta la zia o la cugina o la cognata della comare;
il mio paese (9000 ab.) ha nel raggio di dieci km. almeno quattro comuni sotto i 2000 ab. raggiungibili in 5 – 10 minuti
per cambiare la residenza ci vuole un attimo (tutto on line) e per le verifiche un pò di momentanea ospitalità si trova facilmente
combattere lo spopolamento così è come sperare che un maiale diventi elegante mettendogli una cravatta
tutto sommato, però, un pò di soldini ad una famiglia col bebè…..
sempre meglio che lo sperpero legato alla gigantesca struttura burocratica ad uso Kim
Bisognerebbe avere politiche con previsioni di decenni. Poi perseguirle. Così si può prevedere il rientro di giovani e attrarre forze giovani. La prima cosa sarebbe creare lavoro, non solo stagionale.