Il tema della continuità territoriale vale molto per la libertà dei sardi.
Proviamo ad essere un po’ più informati e a informare.
Abbiamo già dato notizia della lettera dell’Unione Europea successiva alla riunione del 26 marzo, che ne fa una sorta di verbale.
Unione europea ondivaga e equivoca È bene leggerla in originale, e in una traduzione non letterale, ma affidabile.
In particolare è bene notare come l’Unione Europea si concentri, nella premessa, prevalentemente sulla frequenza dei voli e sul numero dei posti, riproponendo la questione (irrisolvibile se non si accetta di arrivare fino in fondo dinanzi alla Corte di Giustizia) di considerare la continuità non come un diritto alla mobilità dei Sardi che ha un costo pubblico, ma come un rimedio a un fallimento di mercato che deve essere esattamente quantificato e deve garantire il livello minimo indispensabile alla vigenza di un servizio di trasporto aereo.
In particolare, l’Unione Europea dice che il calcolo dell’offerta disponibile non deve essere fatto solo sulle destinazioni di Roma e Milano, ma anche sulle offerte esistenti su rotte verso altre città, sostitutive di queste due principali.
Dunque, l’Unione Europea mette in campo un’obiezione che non reggerebbe dinanzi ad alcun tribunale e cioè: la Sardegna non può finanziare la sua continuità territoriale fuori dalle due rotte verso gli hub italiani di Roma e Milano (si ricordi che la famosa Continuità territoriale2 verso altre destinazioni venne per l’appunto bocciata da Bruxelles), ma quando la Regione fa di conto per calcolare il numero dei voli e dei posti per garantire il traporto in regime di continuità, deve sommare anche quelli su altre destinazioni. Quale è la conseguenza? Che le altre destinazioni assumono più valore, ma non sono sottoposte ad alcun vincolo.
Cosa sono le esigenze di sviluppo? In una lettera della fine del 2017, i rappresentanti della commissione riepilogavano le loro perplessità (ritenute però superabili, in una conversazione del marzo 2019 con l’ambasciatore italiano a Bruxelles precedente il 26 dello stesso mese, attraverso una revisione al ribasso sempre del numero dei voli e dei posti, come si è già detto) e rispetto alla questione dei requisiti minimi scrivevano: “Come specificato negli orientamenti interpretativi della Commissione sugli OSP, gli obblighi devono essere proporzionati alle esigenze di sviluppo economico della regione interessata. Il punto di vista dei servizi della Commissione è che la nuova imposizione di OSP è stata progettata per soddisfare l’intera domanda stimata attraverso i requisiti massimi anziché i requisiti minimi richiesti dal regolamento sul servizio aereo“. Dunque, i requisiti minimi sono legati alla valutazione di cosa siano le esigenze di sviluppo, concetto eminentemente politico.
A tal proposito vorrei far notare che, oltre alle addizioni e alle percentuali che la Regione ha fornito nel 2018 alla Commissione, vi è l’indagine del CRENoS, notificata al Governo italiano, che calcola il costo dell’insularità per la Sardegna, un costo annuale altissimo che supera il mezzo miliardo di euro. Pigliaru si recò anche dall’ineffabile (fino all’afasìa) Gentiloni per sollecitarlo a comunicare gli atti trasmessi dalla Regione Sardegna a Bruxelles, ma ancora il Governo del cambiamento non ha mandato proprio un fico secco a Bruxelles. Tuttavia, il presidente della Regione che il 26 ha ceduto su tutta la linea alle richieste dell’UE, aveva a disposizione questi e altri atti.
Una Regione al Ministero e un’altra di fronte all’UE Mi riferisco, tra l’altro, a un verbale della riunione tenutasi al Dipartimento delle Politiche Europee del Ministro dei trasporti il 14 marzo 2019, cioè 12 giorni prima della fatale videoconferenza nella quale il Presidente della Regione si è arreso all’Unione Europea. In quella sede (del 14) il rappresentante della Regione ha affermato, e così è riportato nel verbale:
1) che i rilievi dell’Unione europea erano troppo generici, cioè erano politici e non tecnici;
2) che, quanto ai requisiti minimi, andava ben ricordato che gli attuali servizi aerei di collegamento Sardegna-continente sono ancora inadeguati e non consentono gli spostamenti “in giornata” da e per l’Italia continentale se non con una programmazione largamente anticipata;
3) che la revoca del sistema di oneri della Giunta Pigliaru, fatta salva la tratta Olbia-Fiumicino-Olbia perché Air Italy si è già dichiarata disponibile a farsene carico senza oneri finanziari per la Regione, rischiava di determinare due regimi impositivi in Sardegna: il primo (Olbia) che avrebbe agito sulla base del nuovo sistema di oneri (Pigliaru- Careddu); il secondo (Alghero – Cagliari) che avrebbe agito sulla base del vecchio sistema (Cappellacci).
Ora c’è da chiedersi: sulla base di quali carte il Presidente della Regione Sardegna ha deciso di smontare la Continuità Territoriale della Giunta Pigliaru e di varare un sistema che penalizza Olbia (su Olbia i non residenti viaggiano a tariffa che può oscillare tra il doppio e il triplo di quella dei residenti) e valorizza Cagliari e Alghero (dove i non residenti viaggiano alla stessa tariffa dei residenti) visto che aveva a disposizione tutte le carte per rispondere ai rilievi dell’UE e difendere i diritti dei Sardi?
L’Unione Europea, che fa il verbalino della riunione/resa del 26 marzo, perché si limita a dire che prende atto della revoca sulle rotte da Alghero e Cagliari e manca di chiedere in base a quale regime opereranno da quel momento in poi questi due aeroporti, soprattutto visto che nelle interlocuzioni precedenti aveva affermato che la chiusura della verifica sulla Continuità territoriale Cappellacci non aveva per niente concluso l’iter rispetto ai problemi della concorrenza?
Confronti alla mano L’Unione Europea, ottenuto il risultato, attraverso il Presidente della Regione (che ha agito in nome di un’istruttoria che non si capisce chi possa aver predisposto, vista la posizione della Regione riportata nel verbale ministeriale del 14 marzo), di far cadere la continuità aerea Pigliaru-Careddu, fa finta di non sapere come si voli in Sardegna, e cioè con due continuità territoriali di cui una finanzia anche i non residenti? E tutto questo sarebbe adeguato alle esigenze di sviluppo della Sardegna? Tutto questo mi sembra politicamente ben più grave del paventato danno erariale (che invece andrebbe verificato rispetto alla contribuzione dei biglietti su Cagliari e Alghero, negata a Olbia) di cui non ho mai sentito parlare per bandi di continuità territoriale (ma la mia ignoranza, ovviamente, non è significativa).
Il tema è chiedersi: perché Ryanair ha avuto tanta paura della continuità Pigliaru-Careddu da presentare un ricorso che ha così potentemente intimorito i rappresentanti della Commissione?
Ho fatto una tabellina di confronto tra le due: giudichino i Sardi quale era più vantaggiosa per i Sardi. Intanto Olbia si è trovata cucita sul suo dosso la penalizzazione della nuova livrea aerea leghista.