È impossibile polemizzare con Emanuele Dessì, direttore responsabile dell’Unione Sarda. È naturalmente cortese. Proprio per questo, mi sento di fare una premessa altrimenti non necessaria: parlerò di opinioni e di giornalismo, non di persone.
Ieri, Dessì ha pubblicato un articolo di fondo che per tre quarti del testo sembrava un miracolo.
Una presa di posizione chiara, severa, senza mezze parole, sul pasticcio della continuità territoriale, che diceva con chiarezza che la responsabilità del disastro era tutta e solo dell’attuale Presidente della Regione.
A fronte del fiancheggiamento imbarazzante dell’altro quotidiano (non parliamo della campagna del gas perché scivoleremmo nel cabaret; so bene cosa rischio dicendo queste cose, cioè un altro o più linciaggi, ma giacché non mi hanno ucciso i primi, adesso so che saprò resistere anche agli altri, quindi si accomodino), la presa di posizione dell’Unione è, obiettivamente, una boccata di ossigeno nell’informazione della Sardegna, ormai largamente inutile e deformante perché pigra (questa è la sua cifra dominante), proseccamente omologata e omologante.
Ma, all’ultimo miglio del testo di Dessì, si trova la virata, forse ritenuta equilibrante dall’autore, ma inadeguata per il lettore, e se non per tutti i lettori, almeno per me che, lo ricorderanno in pochissimi, restai solo a marzo 2019 a dire che Solinas aveva combinato un grave guaio.
Scrive Dessì: se Solinas ha combinato un pasticcio, l’opposizione e Pigliaru devono tacere perché anche loro camparono di proroghe e non tentarono di portare a casa un sistema di mobilità vantaggioso per la Sardegna.
Questo non è fedele ai dati della storia recente.
Ricordiamo le date.
La continuità territoriale di Cappellacci scadeva il 27 ottobre 2017 (Pigliaru si insedia a febbraio 2014). Quindi va tratta subito una conseguenza: Pigliaru non fa pazzie, non revoca per esigenze elettorali una continuità appena varata. Fa l’uomo di Stato: usa il regime esistente per provare a prepararne uno più sfidante. Nessun danno per i sardi.
Deiana, assessore della Giunta Pigliaru, pubblicò il bando della nuova continuità territoriale nel marzo 2017, quindi perfettamente in termini.
Alitalia non partecipò. Meridiana (Air Italy) solo su Olbia.
La Ue immediatamente chiese l’annullamento del bando. Carlo Careddu da fine luglio 2017 è il nuovo assessore. Occorre fare un nuovo bando. Nel frattempo si va in proroga.
Careddu pubblica il nuovo bando a ottobre 2018.
La gara si conclude il 15 gennaio 2019.
Il nuovo regime sarebbe entrato in vigore a aprile 2019. Che cosa prevedeva?
Non la tariffa unica, ormai impraticabile, ma un aumento rilevante dei voli a tariffa invariata.
Oggi è bene ricordare quei numeri, per capire che cosa abbia significato per i sardi perderli senza aver costruito un’alternativa.
A tariffa invariata, si passava da 2.461.900 posti offerti annui con l’attuale sistema a 3.672.532. L’incremento complessivo di capienza è dunque del 49%, così suddiviso: +39% sulla rotta Cagliari-Fiumicino-Cagliari (si arrivava a 1.182.696 posti contro gli 851.006 attuali); +53% sulla Cagliari-Linate-Cagliari (801.784 posti offerti contro 523.220 attuali); +40% sulla Alghero-Fiumicino-Alghero (457.368 posti offerti contro 327.368 attuali); +109% sulla Alghero-Linate-Alghero (326.304 posti offerti contro 156.402 attuali); +36% sulla Olbia-Fiumicino-Olbia (435.320 posti offerti contro 320.746 attuali); +66% sulla Olbia-Linate-Olbia (469.060 posti offerti contro 283.158 attuali).
Solinas viene eletto Presidente della Sardegna.
Il 25 marzo 2019 partecipa a una conference call con l’Unione europea e affossa la continuità territoriale definita da Careddu, con bando chiuso e rotte assegnate.
L’11 aprile Solinas ottiene da Toninelli la revoca del bando e la proroga della continuità territoriale Cappellacci, dicendo che l’Ue aveva previsto l’annullamento coatto del bando assegnato (?), che la nuova continuità era già allo studio (ciao core) e che i cinque anni precedenti erano stati caratterizzati da inoperosità e avevano preparato per la Sardegna un salto nel buio.
Il resto è storia recente.
Solinas non ha predisposto una nuova continuità territoriale e l’Ue non intende dare proroghe.
La Sardegna è a un passo dal vedere il suo traffico aereo o affidato al libero mercato o caratterizzato da una piccola continuità territoriale legata a pochissimi mesi dell’anno e riservata ai soli residenti.
La differenza è tutta qui. La Giunta Pigliaru ha rispettato la continuità territoriale Cappellacci (che scadeva dopo tre anni dal suo insediamento, altro che quinquennio inoperoso), ha tentato nuove strade nei termini di legge, si è scontrata con l’Ue e ha comunque fatto e concluso, con rotte assegnate, un nuovo bando, e lo ha fatto resistendo allo stesso giochetto che l’Ue ha fatto poi al Solinas Presidente appena insediato: cioè resistendo alla minaccia dei ricorsi e delle procedure di infrazione.
Solinas ha smontato tutto senza aver pronta né aver predisposto alcuna alternativa.
Questa è la grande differenza. Ed è una differenza di senso dello Stato e di cultura di governo. Solinas non è la stessa cosa né di Deiana, né di Careddu né di Pigliaru. C’è una differenza abissale di responsabilità, di dedizione e di competenza. Non dovrei dirlo io che avrei molte cose da dire sulla conclusione della precedente legislatura, ma è la verità.
Todos caballeros juntos Infine, Dessì si affida a una chiusura ecumenica: “Maggioranza e opposizione, fate i bravi se potete e anziché litigare, mettetevi d’accordo e difendete la Sardegna”.
Capisco le politiche editoriali, anche quelle che non condivido. Capisco le responsabilità di chi guida sistemi complessi. Capisco.
E d’altra parte anche l’opposizione ha scelto come profilo quello di offrire l’idea di creare un fronte unito contro l’Unione Europea a difesa degli interessi e dei diritti dei sardi. Un salvagente alla Giunta idilliaco se non fosse un po’ troppo comodo.
Se si ritiene infatti che i Sardi abbiano interessi comuni così forti da determinare la loro unità politica, allora si deve andare a chiedere il voto dai sardi con questa visione. Si tratta di una visione nazionale della Sardegna, inutile nascondersi dietro le parole. Invece, alle ultime elezioni, il centrodestra si è proposto ai sardi con Salvini Salvifico e il centrosinistra ha negato formalmente che la Sardegna sia una nazione. Oggi, l’una per nascondere il proprio fallimento, l’altra per non stare duramente dove l’elettorato l’ha collocata e rappresentare severamente l’alternativa, chiamano a raccolta la Sardegna che concorrono tragicamente a non unire. Evidentemente si considera normale dividere i sardi per la conquista del potere con la manipolazione della propaganda, e chiamarli all’unità morale e sociale per i diritti e gli interessi legittimi comuni con gli appelli accorati. Grande esercizio di cinismo.
Per cui, Emanuele, no. Pane al pane e vino al vino, chi è responsabile deve rispondere delle sue responsabilità e non annacquarle con la virtù altrui (la virtù di chi resiste, non di chi si accomoda).
“Maggioranza”…, “opposizione”… de ite nos meravizamus?!
Sa «Legge Regionale 15 aprile 1999, n. 10», sa de úndhighi legisladuras (Presidente de sa RAS Palomba), at istabbilidu:
« Art.1 Bandiera della Sardegna . La Regione adotta quale sua bandiera quella tradizionale della Sardegna: campo bianco crociato di rosso con in ciascun quarto una testa di moro bendata sulla fronte rivolta in direzione opposta all’inferitura.»
Como no ammento si su Cossizu l’at votada totugantu de acordu o a magioràntzia, ma de seguru in su Cossizu bi fint fintzas sos Sardistas-PSd’Az. (no ammento si in magioràntzia e ne comente ant votadu ma pesso pro aprovare) e bi fint fintzas sos italianistas PD (o ite fint, tandho) chi fint magioràntzia.
Ma sa leze, a parte chi sa RAS «adotta quale bandiera», a sa bandhera de sos Bator Moros comente l’ant abbunzada in su tempus de su domíniu piemontesu falèndhelis sa fasca in ogros a caratzadura, bi che lis at torrada a sa fronte, los at iscaratzados libberendhe sos ogros (chi serbint a bídere. O nono?).
Ma at fatu un’àtera cosa, no isco si pro rispetare… una “veridade” istórica (como no ammento totu s’istúdiu de Franciscu Sedda “La vera storia della bandiera dei Sardi”) o si pro detzídere e fissare unu piessignu pretzisu (pro no istare duiddui “Est goi!”, “No: no est gai!”) fatu istat chi sos Bator Moros los ant “accomodati” cun sa «testa […] rivolta in direzione opposta all’inferitura.»
Cioè? Cioè… nadu in sardu, cun sa cara in terra! Comente faghimus candho própriu sentimus birgonza ca nos ant abbirgonzadu. In sa bandhera posta, comente resurtat normalmente si no est sulendhe própriu bentu forte e chi siat líbbera puru, sos Moros totas bàtoro ‘cuncordos’… resurtant abbaidendhe a terra, a cara in terra, abbaidendhe a carrones (a chie nos muntenet a birgonza), e no a conca in artu abbaidendhe nessi a un’ogru de sole.
In sa graduatória de sos pópulos a birgonza no isco in cale puntu semus sos Sardos; ma za bi semus.
Ma si abbaidades sa bandhera “sarda” de su PSd’Az sos Bator Moros los tenent ancora caratzados!!!
Ajó, ite bisonzu b’at de abbaidare, e abbaidare a conca arta e bídere?!
Si cumprendhet chi prus trancuillos e seguros sunt sos PiDistas: sos Bator Moros issoro sunt verdi bianchi e rossi chentza caratza e chentza mancu conca.
Magioràntzia e opositzione de ite e pro ite? Cale «visione nazionale della Sardegna»?!