Giuseppe Conte è Presidente del Consiglio della Repubblica italiana, uno dei Paesi per i quali politica estera e intelligence vanno più a braccetto che per altri. C’è un’eredità in questo senso, di cui forse Conte non è consapevole: si chiama Aldo Moro.
Moro fu un grande ministro degli Esteri che capì che la sicurezza non è un fatto di polizia, ma un fatto di relazioni e di informazioni.
Se Luciano Carta, ex direttore dei Servizi licenziato da Conte, è stato un campione del rilascio di ostaggi rapiti da gruppi islamici, lo si deve al fatto che ha costruito ottime relazioni con l’intelligence turca, che serve anche a sapere cosa bolle in pentola sui barconi dei migranti. Carta non era come quei finanziaeri che fanno tornare i conti in istruttoria per poi farli crollare in giudizio; non era di quei finanzieri che manipolano i testimoni facendo i pistoleri durante gli interrogatori. Carta leggeva libri, deduceva, costruiva, capiva. Carta sapeva che informazione e relazione vanno di pari passo.
Il famoso “Lodo Moro”, cioè l’accordo con il terrorismo palestinese affinché in Italia non vi fossero attentati, fu un accordo politico di attenuazione, in area mediterranea, della Guerra fredda a vantaggio di una maggiore libertà politica sia dell’Italia che degli altri Paesi del Mediterraneo.
Moro era il più grande esperto di intelligence del suo tempo (colpito dal suo sequestro proprio mentre il vecchio impianto dei Servizi segreti italiani, largamente post-fascista, stava sbrigiolandosi e niente di strutturato si vedeva all’orizzonte) eppure, a vederlo, sembrava un distratto, un distaccato.
Ecco, la parola giusta è ‘distacco’. Per occuparsi bene di “Servizi” e per esserne ben serviti occorre ‘distacco’.
Un servizio segreto troppo vicino al Presidente del Consiglio è un Servizio segreto tossico, perché i segreti sono pesanti e necessitano di una filiera della ‘distanza’ da chi esercita responsabilità pubbliche.
Quello dei “Servizi segreti” è un potere tossico, perché veicola ciò che si sa, ma spesso saperlo è pericoloso. Per questo motivo, tutti i leader intelligenti del mondo nominano direttori dei Servizi altrettanto intelligenti, poi creano un referente politico delegato che faccia da cuscinetto e in genere valorizzano un organo parlamentare come camera di compensazione. I filtri servono a non venire informati di tutto, a creare aree di responsabilità intermedie, a essere chiamati in causa ufficialmente solo sulle grandi questioni.
Invece Conte non ha nominato alcun Sottosegretario con delega ai Servizi.
Non solo. Ha licenziato Luciano Carta, si dice, perché non adeguatamente vicino a lui. Ma il punto è proprio questo: chi governa i Servizi non deve essere ‘vicino’ al Presidente del Consiglio; deve essere un uomo di Stato, che è diverso.
Faccio un esempio. Cosa sapevano i Servizi degli omicidi Mattarella e Dalla Chiesa? Molto. Ma proprio perché troppo vicini al governo decisero di sapere Nulla. Il risultato fu, come è noto, che proprio la Sicilia provocò la caduta irreversibile del più potente uomo politico italiano del dopoguerra.
Un esempio recente è il pasticcio del ruolo dei Servizi Segreti italiani nella vicenda delle mail di Hillary Clinton e dei Russi. L’incontro tra il ministro della Giustizia americano e i vertici dei Servizi italiani è stato inevitabilmente autorizzato dal Presidente del Consiglio dei Ministri e quell’incontro era sbagliato come sbagliata ne fu l’autorizzazione. Quel capitolo è destinato a riaprirsi. Come si riaprirà il capitolo delle informazioni sulla pandemia; come si riaprirà il capitolo dei rapporti con la Cina.
Una delle regole aureee quando si governa è immaginare sempre che chi verrà dopo deve poter frugare i cassetti. È per questo che i grandi uomini di Stato pongono distanza tra sé e le decisioni, creando una procedura: proprio per lasciare traccia delle proprie motivazioni ad agire nell’istruttoria predisposta da altri. Governare vuol dire coinvolgere, non comandare. Conte non lo sa.
Infatti Conte ha creato un tempo infinito di permanenza (pericolosissimo) del comandante del Dis con i voti di fiducia in Parlamento. Ed è qui che ha irritato potentemente la mia personalisssima e ininfluente anima democratica. Non si governano i Servizi a colpi di voto di fiducia, lo fanno i dittatorelli. Una procedura antidemocratica, audace e inutile. Ma anche tipica degli italiani dell’italietta, che giocano con le barbe finte e non sanno che gli agenti segreti segretamente raccontano tutto. Molti di noi sanno di essere stati spiati dai Servizi, ma non tutti sanno che i Servizi sanno bene cosa conservare per non farsi male nel caso qualcuno accenda la luce.
Tutti, per esempio, sanno quante cose si seppero durante le indagini di Mani Pulite e non vennero dette.
Tutti sanno che i Servizi agiscono spesso nell’ombra per smontare avversari politici dei governi non facendo altro che intossicare indagini giudiziarie, inchieste gironalistiche, vite private ecc. Il problema per chi comanda è che questa attività indecente è ciclica, riguarda tutti e se ne salvano solo coloro che sono sempre in grado di dimostrare, attraverso altri, le ragioni del proprio agire. Chi invece accorcia la catena di comando per provare l’eccitazione di saper tutto e di tutto disporre, potrebbe d’improvviso scoprire di aver lasciato tante di quelle tracce di sé che dopo, quando il fato lo collocherà agli inferi, lo renderanno vulnerabile ed esposto a quelli che apparentemente spiavano gli altri, ma nel frattempo registravano lui. Il potere ha un lato intossicante, ma Conte, il callidissimo Conte, non lo sa.