Era il 2003 quando il rapporto di Freedom house denunciava l’anomalia tutta italiana per la quale il primo Ministro in carica poteva (e può) influenzare il più importante organo di informazione del Paese, la Rai.
Oggi, 2022, la Rai sta conducendo la più pesante delle censure, quella del silenzio, sui referendum per la Giustizia Giusta che si svolgeranno il 12 giugno. Non ne parla neanche se costretta.
Come in tutti i copioni di regime, il suo comportamento è giustificato con il regolamento che prevede le tribune politiche e i dibattiti tra i sostenitori del Sì e del No. Questa Rai diligente vuole far credere ai cittadini, obbligati a pagare il canone, che fare servizio pubblico significhi, in presenza di un referendum, fare le tribune elettorali.
No.
Fare servizio pubblico significa occuparsi di ciò che è all’ordine del giorno della società.
Quando fa storia, la Rai approfondisce tutti i personaggi che hanno segnato tutte le epoche; quando si cura del presente, la sua principale missione, privilegia quelli che le fanno comodo, quelli che fanno comodo a chi governa.
E come ha sempre fatto, la Rai copre i temi caldi e sconvenienti per il potere e per i potenti con che cosa? Con l’emergenzialismo.
Quando ho studiato il caso Moro, la lettura dei giornali e la visione dei telegiornali dei giorni immediatamente successivi al sequestro, mi trasferirono il senso di una grandissima porcheria di Stato: è stato chiaro sin dall’inizio che si voleva Moro morto in nome dell’emergenza nazionale. La paura usata come digestore della ragione.
Così oggi, prima la narrazione lunga del Covid e poi la guerra in Ucraina, vengono usate per impedire in tutti i modi che di un tema centrale per la legalità, la libertà e la democrazia, cioè il potere abusato e abusivo dei magistrati sulla libertà e i diritti dei cittadini, si parli per la durata e l’intensità che merita.
Quanti cittadini sanno che il 12 giugno potrebbero mettere un freno all’abuso che la magistratura italiana fa della carcerazione preventiva? Nessuno o pochissimi.
Quanti cittadini sanno che il 12 giugno potrebbero mettere la parola fine alla leggerezza con cui i magistrati sbagliano sulla pelle dei cittadini e inchiodarli, invece, alle loro responsabilità? Quanti cittadini sanno che Sabino Cassese, non uno qualsiasi, ma un accademico e giudice della Corte costituzionale, ha scritto un libro intitolato Il governo dei giudici, guarda caso dedicato alla conquista progressiva di spazi di potere pubblico da parte della magistratura, a danno della libertà altrui?
In questo clima censurato, la paura del futuro (le bollette, il lavoro, la malattia ecc. ecc.) è indispensabile per garantire il conformismo delle opinioni sul corretto funzionamento dello Stato e per impedire che la forza della democrazia sia usata legalmente contro l’illegalità della forza di un’oligarchia fuori controllo quale quella dei magistrati.
Ha scritto Luciano Violante (copiando concettualmente Pannella): «A partire dalla fine degli anni Settanta, dopo l’assassinio di Aldo Moro (1978), i partiti cominciano a rattrappirsi. Si allontanano progressivamente dalla società, dove maturano movimenti come l’ambientalismo, il femminismo, il terrorismo, estranei alla loro tradizione e che essi non capiscono. E si insediano nel sistema pubblico. I partiti, da espressione delle società, diventano espressione del sistema pubblico: si avvia la statalizzazione dei partiti politici».
Se questa è la descrizione più lucida della parabola realizzata dal Pd e di quella che vorrebbero realizzare la Lega e Fratelli d’Italia per se stessi (così da mettersi al sicuro), è anche vero che essa utilizza un termine pannelliano originariamente selezionato per denunciare la statalizzazione della magistratura.
Che cosa è la statalizzazione della magistratura? È la sua pretesa di identificarsi con l’interesse pubblico e di potere agire, in ragione di ciò, secondo un arbitrio assoluto. La Magistratura non afferma e difende la sovranità della legge. Afferma e difende invece il presunto diritto a ritenere il proprio potere non giudicabile e non subordinato alla legge ma al proprio arbitrio e alle proprie convinzioni.
La magistratura non è al servizio dello Stato, si identifica nello Stato e si ubriaca di sé.
La Rai dovrebbe discutere di questi temi, invece distribuisce paura a giumelle e intrattenimento a cascate, secondo l’antica ricetta romana di nutrimento del ventre popolare.
La Rai che dovrebbe garantire la dialettica sul potere, canta il potere, si inginocchia al potere e droga gli utenti.
Essa fa tante trasmissioni di storia, ma non riesce ad affrontare il presente secondo il metodo critico.
Distribuisce paura e sospensione della ragione; lenisce l’ansia con pettorali maschili e culi femminili, con magnanimità erotica e paraculaggine estetica. Nella televisione italiana, la ghigliottina si accompagna al cabaret, all’avanspettacolo, per nutrire la stupidità e stemperare la vergogna.
Personalmente non ho altri mezzi che dissentire, perché odio ogni forma di violenza, ma solo i ciechi non vedono che comprimere le libertà, non informare, manipolare, nascondere, prepara inevitabilmente un clima di tensione e di scontro che, quello sì, sarà difficile da interpretare. E tutto per che cosa? Per un manipolo di giudici che esigono di non essere mai giudicati.
Andiamo a votare, gridiamo civilmente l’insopprimibile desiderio di libertà che è tipico dell’uomo; camminiamo a testa alta di fronte ai magistrati, non salutiamo né omaggiamo il loro potere; forse una censura civica di questa portata riporterà questo potere nell’alveo della Costituzione italiana e lo sottrarrà alla seduzione dell’arbitrio impunito.
Perché il referendum del 12 giugno è importante? A mio parere, perché in questo paese la legge e chi la amministra proteggono poco i cittadini dagli altri cittadini, ma soprattutto perché la giustizia non protegge il cittadino contro lo Stato stesso; perché il senso di insicurezza nei confronti dello Stato sta allontanando le persone di buona volontà dai ruoli di responsabilità; perché ormai la legge non sta assolvendo al suo naturale ruolo di protezione e sicurezza, ma sta assumendo un ruolo di autentico controllo e governo della libera iniziativa delle persone; perché in questo paese l’uomo sembra essere fatto per il sabato e non viceversa.
La commistione tra politica e magistratura è tale che riuscire a stabilire ciò che è giusto o sbagliato non è facile. Gli inquinamenti sono tanti. Inoltre non si parla mai, quasi, dei tempi della giustizia, degli inciampi burocratici che rappresentano una vera palla al piede per un processo degno di tal nome. In questo immobilismo ci sguazzano politi e ordine giudiziario tutto.
Prof., vista l’assenza di informazione della pubblica Rai, lei ai suoi 25 lettori che cosa consiglia? Grazie
Ben detto. Manca l’informazione sui referendum.
P.S. La nuova veste grafica mi piace molto