Parlavo di recente con Gianni Murgia, storico dell’Università di Cagliari, forse il maggiore specialista della vita nei feudi sardi dal Cinquecento al Settecento, e ci siamo trovati d’accordo nell’affermare che in Sardegna la popolazione e l’indice di sviluppo sono sempre cresciuti in vigenza di politiche fiscali incentivanti dei commerci interni e esterni e di leggi di tutela delle libertà individuali. Viceversa, in presenza di politiche daziarie e/o repressive e/o comunque di organizzazione dei mercati e dei diritti a favore di epicentri esterni all’isola o privilegiati al suo interno, la Sardegna si è spenta.
Conclusa la chiacchierata pieno di soddisfazione (è sempre un piacere scoprire che non si è soli nel porsi certe domande) sono sprofondato nella depressione più nera, constatando che oggi, come nei secoli andati, in Sardegna si diventa ricchi con gli appalti truccati, cioè non aumentando la ricchezza prodotta, ma saccheggiando quella pubblica disponibile.
In passato, la prima fortuna era ottenere di divenire l’appaltatore delle imposte di un feudatario, meglio se residente in Spagna.
Da lì il passo era breve.
Prima si imparava a tirare il collo agli abitanti del feudo, poi a fare la cresta sulle imposte, infine, divenuti ricchi, si dava alla Corona qualcosa in cambio di un titolo e da lì, di donazione in donazione, si poteva divenire duchi e marchesi.
Oggi, la prima fortuna (dell’altra, quella di diventare monopolisti di un’attività e di sfruttare il lavoro altrui, ci occuperemo un’altra volta) è entrare in contatto con un sindaco, con un consigliere regionale, con un Direttore generale, un caposervizio, un segretario, insomma con chiunque orienti risorse pubbliche e che abbia qualche vizio: avidità, corruzione, concupiscenza compulsiva, devianza, insomma qualunque cosa lo renda vulnerabile (di nascosto).
Il secondo passo è la lusinga con le sue ancelle: la facilitazione, la cortesia, l’affetto.
Il decisore è vezzeggiato, gli si risolvono i problemi, lo si conforta, lo si accompagna, si manifesta disinteressata amicizia.
Studiato il pollo, si cerca di capire di quale taglia finanziaria sia, ossia quali abitudini abbia, quali vizi, quali amici, e di conseguenza quale prezzo. Ci sono i pulcini (da cinquemila a ventimila euro), i polli (non meno di cinquantamila), i pavoni (non meno di centomila), i rapaci (non meno di cinquecentomila), i notturni (soldi). Ovviamente, ogni tariffa ha il suo campionato.
Il terzo passo è la discrezione. Il passaggio di denaro non deve avvenire direttamente, ma sempre di sponda, quindi la catena e i costi si allungano. Se Tizio è il decisore, darà i soldi a Sempronio, che avrà la sua parte, il quale poi provvederà a darne la parte convenuta a Caio. Chi ne vuole la dimostrazione, faccia una prova. Individuata un’amicizia tra un uomo politico e un circuito, controlli gli stanziamenti disposti dall’uomo politico debole e affamato: troverà sempre e solo enti pubblici. Ma se va a valle di quegli enti, troverà sempre e solo gli amici dell’uomo politico affamato. IN queste catene di Sant’Antonio non dedite alla preghiera, si trovano molti esponenti della Massoneria, che è la centrale che organizza i rosari, alla quale si stanno iscrivendo in massa, ed è una novità, esponenti della sinistra disincantati dalla rivoluzione e attratti dalla sistemazione.
Il prodotto tipico di questa ampia azione di saccheggio è il pasticcio di briciole: in un mondo con molte regole, l’unico modo sicuro per trasferire risorse ingenti a qualcuno è farlo piano piano, con briciole impercettibili, di grana troppo fina per rimanere nel setaccio dell’Amministrazione trasparente o dei controlli delle centrali uniche di committenza.
In questi giorni nei quali la dott.ssa Lilliu è stata reintegrata dal Giudice del Lavoro nelle sue funzioni di dirigente della Regione Sarda, mi sono insistentemente chiesto perché l’Amministrazione regionale la voglia così caparbiamente lontana dalle sue funzioni.
Non sono riuscito a darmi una risposta.
Però un dubbio ce l’ho: a una come la Lilliu non la freghi tanto facilmente con i subappalti, e prima o poi ha le capacità per capire che cosa succede nel mondo oscuro che si scatena sotto l’assegnazione di una gara attraverso Mepa.
Tuttavia, cercando, mi è sembrato di aver trovato anche un’altra un anomalia interessante (che ovviamente ho ben fotografato e che mi auguro venga corretta in modo che tutti possano constatare che non si trattava di un errore ma di un disegno, corretto solo quando è stato scoperto). Come è che un incarico piccolo, poniamo da cinquemila euro, non si trova in Amministrazione trasparente, nonostante esista l’atto che dispone il pagamento? La mia risposta è questa: il pasticcio di briciole. Non si registrano le briciole e lentamente queste, sotto il tavolo, vanno a comporre un bel pasticcio. Può darsi che mi sbagli, ma il sospetto è forte e ciò significa che Satana ha imparato a fare i coperchi.
Così si diventa ricchi in Sardegna, ma anche zozzi.
Caro Paolo, da che mondo è mondo, dare/avere, ovvero dare per avere, è sempre esistito. Il problema sta nelle regole. Si è sempre detto che ci vuole trasparenza e allora Viva la trasparenza ( la massoneria va denunciata e messa fuorilegge).
Ma è una denuncia questa?
Dobbiamo arrenderci alla corruzione, oppure c’è modo di far intervenire la magistratura?
In un clima avvelenato da inutili discordie alimentate da chi ha l’Illusione di pensare che valga la pena solo comandare con la pancia e la dispensa piena, circondati da sostanze radioattive che ci offrono connessioni sempre attive, inondati da ammassi di rifiuti tre per due gentilmente offerti da uno dei tanti oscuri venerdì, incuranti del fatto che il disagio diffuso andrà comunque condiviso, anche da chi pensa di poterne rimanere fuori, non riconosciamo che se camminiamo sulla merda non potremo avere le scarpe pulite e sarà impossibile respirare a pieni polmoni.
Si custa no est una ‘economia’ de gherra, ite àteru est?
E si custu faghent cun sa “parfaruza“, ite no ant fàghere cun sos milliones e milliardos?
O nos abbizamus chi est gherra solu candho proet (o sèmenant) bombas, corpos de balla, míssiles e donzi àteru lampu de cosa prus “efficace” a distrúere e bochire pro su cuntentu mannu de totu sos afaristas irbariados pro VINCERE e VINCEREMO e sighindhe a frabbicare armamentos de totu sas zenias pro “difendere la pace“?
E si cun totu sos “guvernos” e “guvernantes”, chie de prus e chie de mancu, chie pro “difendhere” e chie pro… “si difèndhere”, ma totugantos pro bínchere/pèrdere, sos guvernos ite sunt, “comitati d’affari” pro unu “irvilupu” illimitadu assurdu criminale macu distrutivu?
Ite irvilupu est si no resessit mancu a dare a manigare a sos chi sunt morindhe de fàmine e de maladias?
Epuru no bi at unu solu ‘livellu’ ne personale prima de totu e mancu colletivu chentza unu “puntu de fortza” pro cambiare ideas e cumportamentos. S’àteru est, meda prus che àteru, disastru mundiale.
Sos milliardàrios e millionàrios si che ant a pigare a sa Luna o a Marte a si los godire e no ischint mancu ite ndhe fàghere si no… ammuntonare àteros milliones e milliardos?
A leggere gli articoli di stampa sul nuovo codice degli appalti voluto dall’attuale governo sembrerebbe che dalle briciole si passerà a su “civraxiu”.
Muratori e panettieri in festa, e al popolo le briciole, quelle vere.
Professore buongiorno!
Belle metafore, anche quelle prese in prestito allo sport. In questo caso più che “ogni tariffa ha il suo campionato”, direi che ogni campionato, meglio se mondiale, ha la sua tariffa. Sulle briciole siamo d’accordo, bastano anche soggiorni a scrocco, pranzi, cene e qualche elettrodomestico, forse.
In quanto ai metodi per aumentare la ricchezza ha tralasciato le caparre farlocche (mai sotto i 200K), i ruderi venduti a peso d’oro, e il filone delle consulenze milionarie di centinaia di k per prestazioni inesistenti. La lista è lunga.
Il pubblico viene depredato con i contributi, che piovono sempre nelle stesse tasche. Si spende poco per le promesse migliorie, il resto si intasca. Il contributo non genera benessere nella comunità, ma per alcune famiglie sì. Come si voglia fermare lo spopolamento resta un mistero quando i più devono emigrare o da soli cercano di difendersi dalla fame compulsiva dei rapaci. L’arroganza oramai non ha limiti.