Diverse persone mi sollecitano a svolgere un qualche ruolo per creare almeno un ambito di discussione politica in Sardegna, che sia sottratto al clima ‘vagamente’ decadente che caratterizza questa legislatura (ma con solide radici nelle tre precedenti).
Il primo problema è, come sempre, culturale.
Se c’è una cosa di cui si può essere certi è che bisogna mettere insieme i diversi, non solo i simili.
Tutti mi dicono che occorre riunire tutte le anime dell’indipendentismo e del sardismo-non-sardista, che in realtà non sono anime simili, sono anime diversissime, come dirò, che usano parole simili.
Sicuri che basti?
A me non pare.
Serve qualcosa di molto più grande, dove possano ritrovarsi anche i socialisti senza patria, i liberali e i libertari, i radicali storici, i democratici, i non violenti, gli ambientalisti seri che hanno insegnato a tutti che la sostenibilità è non solo un contenuto della politica ma dovrebbe esserne un presupposto, i liberi d’animo e di vita (è quel tipo di anarcoide non violento, pacifico, altruista, di cui non mancano grandi esempi intorno a noi, ma che bisogna saper riconoscere perché tendenzialmente non fa baccano).
E dunque il problema è: come costruire una cornice ampia, ma coerente, dove ci si possa organizzare in modo non opprimente?
Come rendere esplicita da subito la necessità di produrre una lista alle prossime elezioni regionali che porti in Consiglio persone libere e capaci, senza che questo appaia come una proiezione opportunistica che svuoti di significato il percorso anziché arricchirlo?
Massimo D’Alema, “militante di base” della formazione politica Articolo 1, vero ispiratore e incubatore dell’accordo Pd-Cinquestelle-Bersani, ha dichiarato che il fallimento del Pd era nelle sue origini, ossia nell’essere un partito programmatico e non ideologico.
D’Alema è così abituato a vestire di polisemia le sue parole (per renderle compatibili col maggior numero di contesti possibili) che richiede di essere spiegato.
Egli in sostanza afferma che il Pd è nato con un’identità di posizione (la contrapposizione a Berlusconi) e un’identità di governo (il pragmatismo di Stato).
Troppo poco, dice lui, ora (non lo diceva qualche anno fa quando i suoi hanno governato il Pd).
Oggi, sostiene il Massimo nazionale, serve un partito ideologico, cioè un partito con una stabile visione del mondo, non solo con un programma. Non so se questa analisi scuoterà il Pd, ma vale considerarla per il suo contenuto generale: servirebbe una visione del mondo.
Ma D’Alema va oltre.
Sostiene che la Sinistra e il Pd non hanno un adeguato pensiero per fronteggiare gli effetti disgregatori del successo della politica neo-liberista di Reagan e della Tatcher che ha accompagnato la globalizzazione.
Oggi si scopre che i mercati globalizzati sono un potere fuori controllo, che il neoliberismo si è tradotto in un individualismo esasperato insegnato come naturale sin dalle elementari, che essere competitivi non è sempre una virtù, che teorizzare e praticare la geometria dei sistemi sociali e produttivi, il ridurre tutto a strategie aziendali significa ridurre l’individuo a obbediente meccanismo.
In Sardegna, il leader più forte della Sinistra degli ultimi decenni è stato un neocapitalista autoritario cui tutti, quando era un uomo di successo, hanno lucidato le scarpe.
La sua eredità più grande è proprio nel campo della sostenibilità, non della giustizia sociale, dei servizi e dell’uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge e alle opportunità.
Però, lui, un pensiero lo aveva.
Dopo di lui, il Pd sardo, e qui concordo molto con D’Alema, non ha avuto più un pensiero ma una sommatoria di pratiche di governo più o meno coerenti.
Occorre prendere atto che bisogna ricostruire in Sardegna un pensiero democratico, libertario, solidarista, modernamente socialista, fuori della Sinistra di governo.
Non è facile, ma è necessario.
Non può esistere un luogo di discussione a perimetro largo e libero, che non parta da una ripresa delle categorie di base della migliore tradizione democratica e liberale europea.
Non può nascere una posizione politica ampia e articolata che non abbia un pensiero divergente, solido ed efficace, rispetto al grande tema politico universale: l’egemonia dei poteri dei mercati e delle armi rispetto a qualsiasi altro potere e a qualsiasi altro diritto.
Non può nascere un’ampia area politica piacevole da vivere, senza un’esperienza culturale e educativa che la accompagni. Mica semplice, ma urgente.
Come ha reagito la Destra all’egemonia dei mercati, degli apparati, dei sistemi e degli eserciti? Con il nazionalismo: “prima gli americani”, “prima gli inglesi”, “prima i brasiliani”, “prima gli italiani”, e mai, mai, una parola sul dopo.
Piaccia o non piaccia a chi è un’indipendentista democratico come me, ma tra molte persone colte e per bene della Sardegna, sentir parlare di Nazione Sarda fa scattare il riflesso condizionato della reazione antica, socialista e comunista, al nazionalismo di Destra (per non parlare poi dei tanti democratici affezionati alla Costituzione italiana che la vedono minacciata dall’indipendentismo sardo. Con questi bisogna parlare, perché sono ottime persone).
Non a caso, nelle ultime elezioni regionali, la scelta del Pd di un candidato post-comunista ha coinciso con l’annichilimento di un lungo percorso di avvicinamento tra l’area socialista e l’area dell’indipendentismo democratico (che si trovava negli ultimi interventi pubblici di Antonello Cabras, non a caso da allora silente, nonostante sia stato ad oggi l’unico leader della sinistra che da banchiere ha fatto una cosa di Sinistra), che hanno nel federalismo, nella difesa del principio dell’autodeterminazione dei popoli, nella difesa dei diritti umani e nella lotta per i diritti civili e politici, nella solidarietà tra le persone e tra i popoli, nella comune radice nella cultura dello Stato di diritto, i loro tanti punti in comune.
Se si vuole strappare il sardismo ai sardisti, se si vuole riproporre la questione sarda non come una questione di ritardo economico ma come una questione di sottrazione di libertà, di potere e di responsabilità, bisogna riprendere questo confronto e capire fin dove lo si può spingere.
Infine, la questione giustizia.
O si affronta seriamente l’emergenza giustizia in Sardegna, che è emergenza della qualità dell’esercizio della giurisdizione, o ogni processo politico è a rischio di persecuzione indebita.
Vedere l’atteggiamento impaurito di larga parte del ceto politico sardo rispetto alla mole e al numero degli errori giudiziari in Sardegna è esattamente ciò che mi porta a voler svolgere da ora in poi solo ruoli politici, culturali, ma non istituzionali.
Per essere liberi, in Sardegna, non bisogna esercitare il potere.
La consapevolezza di questa drammatica verità è ciò che mi ha restituito tanta serenità: io lavoro per gli altri e solo per gli altri, perché questo è l’unico modo per essere soddisfatto, sentirmi libero, poter combattere ed essere fedele a ciò in cui credo.
A questo punto bisogna aprire una discussione.
Che facciamo? La facciamo in rete? La facciamo in rete? La facciamo libera, aperta a tutti sin dal principio?
Decidiamo.
Poi ci vorrà poco a fare un invito su Zoom (o su un’altra diavoleria) prima per salutarci e poi per parlarci. Piano piano.
La parola “Lista” mi ha guastato il piacere, vero, dell’articolo
ciao Paolo e salude a tottus, io sono d’accordo sulla necessita di costruire un luogo dove trovarsi e “ritrovarsi”. Con chi? Sicuramente con tutti quelli che combattono questa giunta regionale indecente. Sicuramente con tutti quelli che credono alla NAZIONE SARDA e alla possibilità di renderla felice. Sicuramente con tutti quelli che credono al SARDISMO, quello nato sei secoli prima di Cristo; a tutti quelli che non credono al sardismo interpretato dal partito sardo d’azione. Sicuramente al mondo indipendentista e dell’autodeterminazione; aperto a tutti quelli che vogliono l’unità di questo mondo. Sicuramente a tutto il socialismo-libertario, ai progressisti di Sardegna e al mondo degli uomini solidali con i deboli ed i bisognosi. Con questi sono pronto e disponibile a costruire un ALLEANZA PER LA SARDEGNA, conservando ognuno la propria identità e diversità, mantenendo con convinzione i valori ed i principi del popolo della Nazione Sarda. L’associazione ROSSOMORI è pronta a portare i propri mattoni per la costruzione del luogo dove, ripeto, trovarsi e ritrovatosi, per elaborare progetti e soluzioni per i tanti problemi che ci opprimono. Credo che ci siano uomini e donne di Sardegna disponibili a costruire un’altra frontiera-paradiso. non quella sognata, anche quella, ma quella realizzabile per davvero. Si avvii il processo di costruzione anche attraverso il web con la speranza di vederci il più presto possibile di visus. covid-19 permettendo a presto
Andiamo a costruire questo luogo. Andiamoci con uno posizione chiara. Incominciando da tutti quelli che credono nella NAZIONE SARDA e che credono ad un sardismo sorto sei secoli prima di Cristo. Il sardismo non è nel partito sardo d’azione, anzi credo esista più sardismo fuori da quel “luogo”. Altro elemento unificante è costruire una grande ALLEANZA PER LA SARDEGNA per battere questo governo regionale alle prossime elezioni regionali del 2024. Andiamo a costruire questo LUOGO con tutti i democratici: indipendentisti democratici, socialisti libertari e sopratutto uomini liberi. per uomini liberi intendo quelli non ricattabili da nessuno. Caro Paolo è urgente fare un manifesto per costruire questo luogo. Io come presidente dell’Associazione ROSSOMORI mi impegno a portare il mattone per iniziare a costruire questo luogo di diversi, dove ognuno mantiene la propria identità. A presto . saluti
Certamente di questo ha bisogno la Sardegna: di persone che sappiano immaginare un futuro ed essere flessibili per adattare le strategie ai tempi e alle sfide. Ci vuole passione per la politica nel senso più ampio. È una nobile arte se non la si usa malamente
La liberté est un état d’esprit.
At a èssere!… Ma est su fundhamentu de sa responsabbilidade, personale e colletiva. Totu s’àteru est zogu de mascaredhas. O pistamentu de abba.
Su primu contu lu depimus fàghere cun nois Sardos etotu, sinono agabbamus chirchendhe a sos istranzos su chi dipendhet de nois e nos cundennamus a totu sas dipendhéntzias, pedidorias de campa cavallo che l’erba cresce.
Sa chistione de sos Sardos est una chistione natzionale, de dipendhéntzia/indipendhéntzia natzionale e dae su “perimetro” deo no che tio bogare a neune, si ischimus ite cherimus, cantu tretu e comente lu depimus fàghere, si apenas pessamus – pro no nàrrere àteru – a s’ignoràntzia de sos Sardos coltivada in totu sos grados de (d)istrutzione de s’iscola italiana e s’allenamentu a totu sas dipendhéntzias e a fuire emigrados ca… “qui non c’è niente” a conclusione de sos istúdios coment’e chi in conca a sos zòvanos che lis apant cravadu unu desertu, unu “vuoto a pèrdere” e a fàghere le valigie.
A donzi modu su chi serbit est unu “logu” pro informare, chistionare, istudiare, organizare e fàghere alla luce del sole su chi est diritu e dovere chi no depimus a neune si no a sa cunditzione nostra de zente, umanidade che àteros pópulos in su mundhu de oe.
Unu “logu” depet èssere sa “retza” internèt, ma no cun sa mentalidade e fàghere de sos giornalistas de sa “informazione” chi depent provortza iscríere cudhu tantu de centímetros cuadros, e ne de facebook!
Ma depet èssere puru unu “logu” chi si podet bídere e tocare, ca si internèt est s’océanu inue bi est ‘totu’ si bi agatat solu su chi si chircat, si e chie lu chircat, e invetze depet èssere fintzas unu mensile in paperi pro coltivare ideales de umanidade, libbertades e responsabbilidades, bisonzos e doveres de s’umanidade chi est in terra nostra, coltivare s’ispera de un’esisténtzia in Sardigna puru digna de s’umanidade.
Totu su de pedire est a sa cusséntzia, volontade e capatzidade nostra chi lu depimus pedire. Su fàghere nostru est a èssere zente.
Credo che partire dalla condivisione di una serie di valori comuni fondamentali sia la strada maestra da seguire per creare uno spazio politico nuovo, estraneo alla classica contrapposizione Destra-Sinistra che ha perso nel tempo ogni tipo di ideale.
Io ci sono. Pronto ad iniziare. Non aggiungo altro
Buongiorno Paolo, direi che sia una scelta obbligata quella di avviare una discussione, poi vedremo se e dove approderà, ma certo questa Sardegna deve riprendere il destino nelle sue mani. Avviamo questa discussione in rete con chi ci sta, magari aderendo ad un manifesto a maglie larghe, ma con principi ed obbiettivi chiari. Io ci sto!