Caro professor Maninchedda,
chi Le scrive questo commento [all’articolo intitolato Generale Vezzoli, due parole sulla Guardia di Finanza] è un appartenente alla Guardia di Finanza che, oramai da 25 anni, svolge con orgoglio, dedizione e passione il suo lavoro. Uno dei tanti, anzi tantissimi.
Nel Suo articolo Lei parla dei numeri dati dal Generale Vezzoli e li ridimensiona secondo quello che dicono le statistiche o che è, o almeno sarebbe, il “pensiero comune”. Divide i numeri tra accertato ed effettivamente riscosso. Anzi, addirittura, è certo del comportamento fiscalmente corretto della stragrande maggioranza di questi “tartassati” da una amministrazione burbera e cialtrona.
Ma Lei non è il classico uomo comune. Quello che si informa alla TV o sui giornali di gossip. Lei non è uno che segue pedissequamente le statistiche. Lei è un noto docente universitario, una persona troppo colta e intelligente per farlo e dovrebbe sapere che, se tanti verbali elevati dalla Guardia di Finanza vanno a finire in facili archiviazioni, non è certo colpa della professionalità dei finanzieri, bensì del borbonico e cavilloso sistema tributario italiano.
Stia certo che, tra quei numerosi “graziati” da “commissioni varie e tribunali sparsi”, vi è un sottobosco di “furbetti della dichiarazione” che possono permettersi il lusso evadere e, se colti con le mani nel sacco, di pagare fior di commercialisti, avvocati e tributaristi che sanno bene su quale cavillo appoggiare le proprie tesi discolpatorie, mentre il sistema non tutela chi ha dovuto evadere tasse e contributi per una effettiva sussistenza. La legge non permette ai finanzieri di scegliere se perseguire un poveraccio o un grande evasore.
Come padre di famiglia Le confesso che ogni anno vi è uno o più docenti dei miei figli che starebbero meglio in una biblioteca, piuttosto che dietro una cattedra. La statistica dice che gli studenti italiani sono tra i meno preparati d’Europa. Eppure dal mio punto di vista privilegiato di padre di due studenti mi rifiuto di generalizzare. So bene che per ogni docente “incapace” c’è una moltitudine di grandi professionisti del sapere. Si ricordi che fa più rumore un albero che cade di una foresta che cresce.
Per quanto riguarda la Sua personale esperienza, Le posso assicurare che, come operatore di polizia, il mio compito è esclusivamente quello di riportare alla Autorità Giudiziaria quelle situazioni degne di maggiore attenzione e se, come è successo, Lei è risultato del tutto estraneo alle indagini, sta semplicemente a significare che il “sistema giudiziario”, fatto di garanzie e procedure standardizzate, ha funzionato. L’avviso di garanzia che Lei ha ricevuto fa appunto parte di questo sistema garantista che L’ha semplicemente avvisata delle indagini a Suo carico affinchè Lei si potesse difendere adeguatamente.
È facile sparare sulle istituzioni dello Stato, specialmente quando si è stati “toccati” dal loro lavoro. Certo, anche la Guardia di Finanza ha i suoi limiti, che altro non sono che “limiti umani”. È molto semplice commettere errori, specialmente in questo settore connotato da innumerevoli leggi, decreti e circolari che non basterebbe una vita ad elencare.
Vorrei aggiungere che è vero che “nessuno paga” per quei, mi consenta, pochi errori che la Guardia di Finanza può commettere. Sicuramente Lei sa che lo stipendio deve essere commisurato anche alle responsabilità che uno deve assumersi e mi sembra alquanto sproporzionato che il suo “finanziere”, che anni fà Le addebitò una firma e una carica non Sue, dovesse rispondere di una così grande responsabilità per uno stipendio di soli 1.600 euro mensili. Come sarebbe sproporzionato addebitare il fallimento scolastico degli studenti ai loro docenti.
Sperando che le mie parole abbiano fatto un po’ di luce in questo buio articolo, auguro a Lei e alla Sua famiglia un buon Natale ed un sereno inizio anno.
PS: è la seconda volta che le invio questo commento poichè quello lasciato il 23 u.s. non è stato ancora pubblicato [il commento era finito nella Spam]
Rispondiamo
Gentilissimo,
per iniziare, la ringrazio.
Lei mi sembra un uomo non corrotto dalla superbia della divisa, cioè da quel micropotere che la legge attribuisce a voi finanzieri, e alle forze dell’ordine in generale, e che non pochi suoi colleghi traducono nel piacere di ostentate microtirannidi ai danni delle persone comuni.
La linearità e la pulizia delle sue parole depongono a favore della qualità della sua persona. Per questo, perché la rispetto, le rispondo.
La prima contestazione che lei mi muove è di avere generalizzato, cioè di aver accusato di protervia, sciatteria, incapacità e impudenza tutti i membri della Guardia di Finanza.
L’analogia che lei fa col mio mondo accademico è pertinente: se lei giudicasse genericamente me e altri dall’asineria sperimentata dei professori che lei ha avuto modo di conoscere, io farei parte d’ufficio del coro ragliante pur non meritandolo.
Lei ha dunque ragione.
Ho sbagliato come sbaglia chiunque generalizzi. Ma ho sbagliato soprattutto a parlare di persone e non di attività e in questo modo ho offeso persone oneste come lei. Mi dispiace. Non è ciò che corrisponde al mio ingegno e al mio cuore. So di non essere nessuno per giudicare un mio simile. So che un uomo che giudica un altro uomo è sempre ridicolo e violento, anche se quel giudizio può essere necessario. Io lo so, il sistema giudiziario italiano non lo sa.
La seconda contestazione che lei mi muove è di aver difeso con la mia argomentazione la pletora degli imbroglioni che a suo dire infesterebbe la Sardegna, tutti impegnati a evadere il fisco.
Qui dissento.
Lei ha sicuramente prova di enormi mascalzonate commessi da furboni molto ricchi rimasti impuniti. Ne sono certo.
Il mio amico giuslavorista Gianni Benevole mi dice sempre che se io vedessi il comportamento in giudizio di titolati imprenditori sardi nelle cause di lavoro non li saluterei più. Penso che abbia ragione.
Ma non sono per niente d’accordo sul fatto che i sardi siano evasori seriali. Penso che la gran parte di loro sia vittima di uno Stato tremendamente ingiusto sotto il profilo fiscale e penso che la tecnica stessa dell’accertamento fiscale da parte delle Guardia di Finanza (da un mio amico andate mediamente due volte all’anno, ormai vi ha lasciato una stanza dedicata) sia un retaggio della più cieca violenza di Stato.
Non solo: la ripetitività dei controlli, la necessità statistica di elevare sanzioni è un fatto deformante del vostro agire. Sarebbe interessante verificare quante ispezioni si concludono realmente con un nulla di fatto, senza sanzioni, per verificare quante volte invece ricorra l’automatismo accertamento=sanzione.
Voi siete l’incubo di chi dichiara il proprio reddito, mentre tutti quelli che non dichiarano nulla vi girano intorno e spesso manco ve ne avvedete.
Voi siete un incubo per gli onesti, un ostacolo previsto per i malfattori, un nemico inesistente per gli evasori totali. Questo vuol dire che siete in malafede? No, vuol dire che siete, al di là delle intenzioni e delle motivazioni dei singoli, uno strumento di oppressione degli onesti contro il quale è difficilissimo difendersi.
Veniamo poi all’argomento secondo cui proprio la mia vicenda del 2015 dimostrerebbe che il sistema-Giustizia della Repubblica italiana funziona. Il suo ragionamento è il seguente: se l’avviso di garanzia che io ho ricevuto è stato poi revocato, significa che l’ordinamento giudiziario funziona.
No, mi permetta, la mia vicenda dimostra soltanto che ho saputo difendermi (con la bellezza di 7000 euro di spese legali che non tutti possono permettersi), non che le accuse erano state correttamente mosse.
Il suo collega di Polizia Giudiziaria che mi volle accusare sapeva perfettamente che io non ero mai stato capogruppo in consiglio regionale. Ma se anche non lo avesse saputo, avrebbe avuto il dovere, prima di inoltrare il suo rapporto al magistrato, di andare in Consiglio regionale, acquisire la struttura dei gruppi consiliari negli anni, e verificare il reale esercizio della carica. Non lo ha fatto e mi ha anche addebitato uno scarabocchio come firma e un interesse politico nel Sulcis che non era, e lo sapevano anche le pietre, il mio collegio elettorale. Ma la cosa peggiore è che per dieci giorni prima del recapito dell’avviso di garanzia, L’Unione Sarda mi massacrò di articoli con indiscrezioni e annunci: tanto tuonò che piovve. Ecco, mi dica lei, chi preparò con L’Unione il temporale? E ancora: un errore così grave meriterebbe o no una sanzione?
Lei ha ragione, tutti possono sbagliare e sono anche più legittimati a farlo quelli meno pagati. Tuttavia, vede, io sono certo che lei non conosce tutta la tipologia degli errori che commettono ripetutamente i suoi colleghi di polizia giudiziaria.
Sono certo che Lei non proteggerebbe delinquenti sorpresi mentre si spartiscono tra loro soldi illecitamente percepiti, pur di garantirne il profilo (falso) di testimoni credibili in determinati processi.
Lei non lo farebbe. lei non adetterebbe date e circostanze, colloqui e informazioni, lei non farebbe finta di non sapere che quelli che vengono presentati come conoscenti occasionali sono associati in una associazione a delinquere conclamata.
Lei li segnalerebbe all’autorità giudiziaria.
Altri, invece, li hanno protetti.
Sono certo che lei se un testimone accusasse una persona di aver detto e fatto alcune cose, prima di considerarle vere andrebbe a verificarle.
E se per caso scoprisse che la persona accusata non ha mai detto certe cose né frequentato certi luoghi in certe date, lei denuncerebbe il testimone per diffamazione e falsa testimonianza e non disturberebbe l’accusato. Invece alcuni suoi collegi hanno incriminato, perseguitato e arrestato affidando la verifica delle accuse dell’accusante al processo.
Sono sicuro che lei non avrebbe mai detto a un magistrato che una determinata persona aveva agito di sua iniziativa, quando invece disponeva agli atti della richiesta del superiore che richiedeva all’accusato esattamente l’azione di cui è stato accusato.
Sono certo che Lei se durante un processo sentisse il Pm dire di una determinata persona che è irreperibile (e se il Pm lo dice evidentemente glielo ha detto la Polizia Giudiziaria) e immediatamente sentisse uno dal pubblico affermare che se fosse necessario potrebbe chiamare lo ‘scomparso’ al telefono, lei ne chiederebbe conto al suo collega della Polizia Giudiziaria. In Sardegna no, non si chiede e ci si guarda bene dal ricercare lo scomparso perché non lo si vuol fare deporre.
Potrei continuare e raccontarle fatti ancor più gravi, ma a cosa servirebbe? A amareggiare lei e a turbare me più di quanto già non lo sia di mio.
Lei sa perfettamente che c’è chi sbaglia in buona fede e chi sbaglia perché è impunito, perché gli si è dato un potere privo di controlli e di ritegno, nel quale l’ignoranza spesso va a passeggio con l’arroganza.
A questi suoi ignobili colleghi io ho giurato guerra legale eterna perché hanno fatto del male sapendo di farlo e finchè avrò fiato cercherò di portare il loro oscuro e menzognero operato di fronte a un giudice, cercherò di raccontarlo all’opinione pubblica.
Ma a tutti quelli come lei, stringo la mano con grande rispetto e anche, per come è possibile farlo in Sardegna e da Sardi, con affetto.
Caro professor Maninchedda,
innanzitutto La ringrazio per la cortese risposta. Questa è la risposta degna della sua persona. Accetto le Sue scuse e mi scuso a mia volta se, nel risponderLe, mi sono lasciato trasportare dal cuore anzichè dalla ragione.
Volevo sottolineare che, il mio riferimento al “sottobosco di furbetti della dichiarazione”, non era riferito alla situazione sarda, dove, peraltro, ho sempre trovato una non comune correttezza fiscale, ma alla mia esperienza in generale. La Sardegna è sempre stata una regione “fiscalmente fedele”.
Relativamente alla ripetitività dei controlli, confermo che il povero tessuto economico dell’isola, cioè lo scarso numero di attività, porta le varie agenzie fiscali e il Corpo a sottoporre a verifica le varie realtà produttive, forse, con troppa frequenza. Questo poiché il fisco italiano sembrerebbe più concentrato sulla quantità dei controlli fiscali, piuttosto che sulla loro qualità. Ciò non porta, comunque, alla ricerca del citato automatismo “accertamento=sanzione”, tuttavia è pur vero che può favorire chi è completamente sconosciuto al fisco, a discapito di chi dichiara i suoi redditi all’Erario.
Veniamo poi alla Sua vicenda del 2015, di cui sono felice che l’esito Le sia stato favorevole. Senza entrare nei fatti, poiché non di mia diretta conoscenza, confermo che l’ordinamento giudiziario italiano funziona, anche se in maniera pesante, e, una volta attivato, diventa un rullo compressore che, a volte, schiaccia chi non ha i mezzi per difendersi adeguatamente. Sarebbe quasi corretto affermare che il sistema funziona con chi se lo può permettere. Sarebbe giusto, invece, che il sistema giudiziario potesse garantire chiunque, non solo chi si può permettere un bravo avvocato, e che gli uomini e le donne al suo interno potessero essere il meglio della società in termini di onestà e competenza, ma, al di là delle intenzioni, purtroppo il sistema è sempre fatto di persone.
Per quanto riguarda gli articoli di stampa del periodo, purtroppo, l’informazione in Italia è sempre faziosa e partigiana. In ogni occasione, specialmente quando è la politica a finire in prima pagina, per una stessa vicenda si hanno sempre giornali “colpevolisti” e giornali “garantisti”. Le confermo che a tutt’oggi non saprei indicarLe quale testata giornalistica sia veramente imparziale e corretta. La stampa, da “cane di guardia” della democrazia, come stabilirebbe il principio sulla libertà di stampa, è divenuta “cane da compagnia o da difesa” dei vari gruppi di potere.
In merito alla Sua battaglia personale, poiché è lecito difendersi, mi sento in cuore di citare una frase attribuita ad Edmund Burke che recita: “Perché il male trionfi è sufficiente che i buoni rinuncino all’azione”, per cui in bocca al lupo.
Ricambio il suo gesto e Le stringo la mano anch’io con grande rispetto e stima.
Caro Professor Maninchedda, La ringrazio della splendida e misurata risposta. Mi permetta, questa Sua risposta rispecchia la Sua vera persona e le fa onore. Sarò lieto di risponderLe
Grazie
Per un finanziere sicuramente onesto che ho conosciuto bene, sono d’accordo in tutto con chi ha scritto. Mi permetto di dire che i finanzieri trasmettono informazioni e i magistrati hanno il dovere di verificare le informazioni.
Gli avvocati hanno onorari stratosferici: una consultazione di 15 minuti diviene facilmente di un’ora… Ma anche qui non voglio generalizzare. La verità è che tutti dovremo fare al meglio il nostro lavoro, specie quando ci vanno di mezzo le famiglie e le vite degli altri.
E’ risaputo e documentato (vedasi altri articoli di Paolo con le relative tabelle o da tanti studi della Camera dei Deputati e del Senato , vedasi anche il sito http://www.fiscoequo.it formato da ex dirigenti dell’Agenzia delle Entrate) che l’organizzazione fiscale italiana è orientata verso chi presenta dichiarazioni e meno verso gli evasori incalliti . Ed è di gran pregio la risposta dell’esponente della Guardia di Finanza che non bisogna generalizzare in quanto vi sono , all’interno di quel corpo, persone eccellenti e preparate e le scuse di Paolo sono encomiabili.
Allo stesso tempo è da tenere presente che l’organizzazione fiscale Sardegna non è adeguta : i controlli dell’Agenzia delle Entrate ( non quelli della Guardia di Finanza) sono basati, per le società con personalità giuridica ( Srl, Spa etcc) sulla sede legale e non sul luogo in cui svolgono l’attività. Questo ultimo aspetto è contro il disposto dall’accordo Stato – Regione previsto dall’art. 5 del Decreto legislativo n.114 del 2016 in attuazione dell’art.8 dello Statuto sardo che regola la materia delle Entrate in Sardegna. In definitiva avviene quello che Paolo ha segnalato : vengono accertate continuamente le Società ( di una elevata realtà economica) con sede legale in Sardegna e non anche quelle che svolgono attività in Sardegna : il citato art.5 prevede che le imposte sul reddito delle Società che svolgono attività in Sardegna devono essere versate alla Sardegna in proporzione al volume di affari prodotto in Sardegna rilevabile tramite la dichiarazione IRAP (imposta reginale attività produttive) . Questa tipologia di controlli non viene svolta dall’Agenzia delle Entrate che basa i suoi programmi di accertamento solo sulla sede legale così costringendo i gruppi imprenditoriali sardi a spostare la sede legale in altre parti dell’Italia.
E’ solo un aspetto del complesso sistema fiscale che meriterebbe di essere discusso nei giornali locali di maggiore diffusione ma se ne discute solo su Sardegna e Libertà : la lettera dell’esponente dela Guardia di Finanza e la risposta di Paolo meriterebbero una platea più ampia se vi fosse la volontà di discutere seriamente e con pacatezza una problematica che riguarda tutti e che attiene il nostro futuro sia civile che economico.
Pàulu, ses grandhe dignu de istima!
E a Bruno naro: Ma comente faghet una risposta «bellissima, pacata, veritiera» a essere «velenosa»?!
Sa veridade como est de moda, normalidade, a la cussiderare velenu? E una risposta paghiosa est guerra, violenza?!
Za est abberu chi “la verità mi fa male” (a chie lu narat), ma a sos abbididarmente disonestos, e no ca totugantos podimus irballare e irballamus puru!
Caro Paolo, sono pienamente d’accordo con quanto affermi nella tua risposta. Certamente non si deve mai generalizzare ma che buona parte della polizia giudiziaria e della magistratura siano responsabili impuniti di azioni esercitate avvalendosi di un potere non soggetto a controlli e sanzioni va detto e combattuto
Magnifico dialogo fra persone oneste e intelligenti.
Bruno, velenosa no. Sono stanco di veleni e bugie. Dico la verità e penso che anche il finanziere che ci scrive la dica. Fosse sempre così chiaro il rapporto con le forze dell’ordine, vivremmo tutti più sicuri e più sereni.
Bellissima risposta, pacata ma velenosa e veritiera allo stesso tempo. Penso che il Signore (finanziere) possa ritenersi accontentato e gratificato