Se conosco bene il presidente della Regione Sardegna, non sta passando un bel momento. E deve essere difficile anche per i suoi collaboratori, perché Christian ama chi lo protegge fisicamente da ogni guaio, ma odia con tutto se stesso chi non si sacrifica per lui. Il consiglio pretoriano deve essere attraversato da rabbia e sospetto.
Voglio concorrere alla glasnost nelle truppe dei fedeli.
Non c’è un colpevole, presidente, tra gli ossannanti; c’è un maledetto agente accessorio che ha svolto eccessivamente le sue funzioni.
Si tratta delle mutande, non quelle reali, unico presidio e velo ad organi nobili sede di importanti attività reali e oniriche, ma quelle maledette bustine di finta trasparenza, inventate dal fido Tiberio Cornelio Riccardino, cioè quella velatura delle delibere di Giunta che hanno permesso, per esempio, che la delibera su Sardegna It fosse pubblicata con 10 mesi di ritardo, oppure che gli atti di nomina di importanti dirigenti fossero schermati e inaccessibili se non con gli accessi agli atti.
Questa maledetta tendenza al segreto era sì di Cossiga, ma Cossiga sapeva che il segreto aveva un’anima: per essere autentico non deve avere alcuna sostanza materiale. Se una cosa è segreta, materialmente non esiste, se no non è un segreto. Cossiga ha fatto distruggere tutti i verbali delle riunioni del comitato di crisi del caso Moro. Non si trova nulla. Si fa così.
Il segreto sulla tesi di laurea del presidente, per esempio, è un segreto effimero, perché ha una sostanza materiale che non reggerebbe a una seria azione di consultazione, che noi non vogliamo fare perché non vogliamo perdere tempo, ma la tesi secretata è un altro sintomo di fraintendimento del segreto che stona, perché è da dilettanti: non ci sono segreti su cose che esistono materialmente. Possono esistere segreti su fatti realmente accaduti, ma come tali irripetibili; possono esistere segreti su carte esistite ma ormai distrutte; possono esistere segreti su oggetti esistenti, ma solo se non sono accompagnati da carte , diversamente sono segreti temporanei.
Invece, nella Regione di Solinas, è nata la mutanda amministrativa, quella cortina di segreto ‘a tempo’ su atti di ordinaria amministrazione, spacciata per trasparenza al servizio del cittadino e invece funzionale all’aggiustamento amministrativo, cioè al tempo necessario per adattare le norme alla decisione presa piuttosto che il contrario.
La questione per la quale oggi un pezzo dell’amministrazione regionale è sulla bocca di tutti (con la macelleria sociale annessa che noi, macellati sopravvissuti, conosciamo bene), nasce da questa cortina fumogena che soprattutto l’inizio della legislatura ha patito.
Se al contrario il presidente avesse potuto osservare da subito che certi atti della sua amministrazione suscitavano più di una perplessità di ordine giuridico-formale, avrebbe potuto fare ciò che sa fare meglio: condurre la ritirata dopo aver capito che la sortita della sua avanguardia era stata scoperta e annullata.
Ciò è già accaduto due volte: una prima, quando l’improvvido assessore al Turismo ha fatto votare dal Consiglio regionale un contributo all’associazione Tursport; la seconda, recentemente, quando il presidente ha scritto al suo assessore ai Lavori Pubblici una lettera per notificargli che condivideva le osservazioni del Cal sulla necessità di rinviare l’Assemblea dei soci di Abbanoa. In un caso e nell’altro, ciò che ha indotto il presidente a fare marcia indietro non è stata la mancata conoscenza dei fatti pregressi (ovviamente ben noti), ma le perplessità e contestazioni che il dibattito pubblico avevano sollevato su entrambe le questioni.
Ecco, qui sta uno spartiacque con i cossighiani: loro non apprezzano il dibattito pubblico, altri (tra i quali chi scrive) lo considerano un vero agente igienizzante della sempre incombente possibilità di errore o di furore dell’azione di governo.
Solinas è ormai un topo di città, ha le sue tutele e le sue franchige: supererà anche questa. Ma credo che gli converrà aprire le cortine, abbandonare i fumogeni, costringere la Cohors Lingentium a studiare e fare bene gli atti, ma soprattutto a credere nella trasparenza, che è tutela, che è garanzia, soprattutto per lui.
Infine, certo, dovrà licenziare Iago.
Chi è stato il perfido consigliere giuridico che ha costruito il vialetto delle rose delle nomine trasformatosi in questa via crucis?
Chiunque esso sia, merita un certo esilio, un allontanamento insalutato ospite, non nel Mar Nero, ma comunque lontano da viale Trento e da villa Devoto.
Quindi Christian, don’t worry, meno mutande, più luce e più aria. Vedrai che avrai meno problemi e potrai concentrarti sui disastri politici del tuo agire: la strage da Covid, la devastazione da incompetenza in alcune Asl, i trasporti che hai distrutto con un gesto insensato in una conferenza di servizi, l’industria che hai affidato all’accademia degli incapaci, il gestore idrico in crisi nella sua radice costitutiva, cioè l’affidamento in house, e nella sua gestione (perché si parla tanto di compensi di amministratori ma a oggi il consuntivo Abbanoa 2019 non è approvato, per dire la cosa più banale), l’incombenza di rischi enormi sottovalutati (non solo il rischio idraulico di Olbia, ma che dire del rischio incombente sui palazzoni di Sant’Elia?), il turismo affidato alle determine sotto soglia o ai click day ecc. ecc.
Non concordo sulla sensazione che vi sia una “macelleria sociale annessa”(che non condivido e non auspico proprio perché noi sopravvissuti la conosciamo bene): ieri a Videolina la notizia è stata data come seconda, a Rai 3 non è stata nemmeno citata nell’apertura. I titoli nelle prime pagine dei 2 quotidiani locali sono dedicati ad altri temi; in uno la notizia è relegata a pag. 6, nell’altro a pag.11. Più che una cruenta azione di macelleria, al massimo mi da l’idea di una elegante degustazione di sushi.
La macelleria sociale, sia chiaro, vede i cittadini onesti e privi della copertura politica dileggiati dalla dirigenza politica e amministrativa in Regione. Sono sbefeggiati principii cardine dell’azione amministrativa con l’arroganza della impunità qual è stata l’interpretazione autentica di norme che sono in realtà inequivocabili nel senso letterale dei termini utilizzati dal legislatore sardo.
Diversamente, chiedo, trovandomi quale responsabile unico di un’azienda agricola, ove avoco a me le funzioni di direttore delle vendite e strategy management, direttore di produzione, tesoriere e pure agente della riscossione, in possesso del titolo di studio previsto per l’accesso alla dirigenza pubblica, posso aspirare a ricoprire il posto di Direttore Generale nella Regione Sardegna?
Su dai, la mia non è una constatazione provocatoria, è un invito al rigore e alla serietà che manca nei fatti della gestione politica, ed i cittadini hanno pienondiritto di indignarsi.