Domenica prossima a ordinare vescovo l’arcivescovo di Cagliari, don Giuseppe Baturi, da Catania, non sarà il cardinale Angelo Becciu, ma il Presidente della Conferenza Episcopale Italiana monsignor Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia.
Per me, come cristiano, la questione è assolutamente indifferente. I vescovi, si sa, esistono per necessità: lo scorrere della storia richiede il governo degli uomini e qualcuno che governi deve pur esserci. Meglio se sono anche testimoni veri, uomini di spiritualità, capaci di riflettere la vite di cui sono tralci, ma si sa anche che nella vita bisogna accontentarsi di sé e degli altri.
Come cittadino, invece, è una buona notizia. Becciu aveva un po’ feudalizzato la chiesa sarda e aveva svolto un ruolo politico non banale, dispensando riservati rapporti e relazioni di potere tanto quanto pubbliche e superficiali indicazioni di buon governo. La chiesa sarda, non diversamente dalla Chiesa, attraversa un periodo durissimo, un momento drammatico di credibilità, che è superabile solo legandosi alla radice. E la radice è sacrificio, è il contrario di tutto ciò che il mondo celebra; la radice non è mondana.
A me pare, o così spero, che questa ordinazione fatta fuori dal feudo sardo, abbia un certo significato.
Spero sia nel segno di una radicale fedeltà allo spirito di sacrificio di sé che è il paradosso cristiano: perdersi per trovarsi. Nessuna indulgenza alla mondanità, al chiacchiericcio, alla cordialità ammiccante con i poteri esistenti. Diversità dal mondo e accoglienza, separazione dal mondo e comprensione, silenzio e sacrificio.
Il rammarico è la conferma del solito centralismo cattolico: il vescovo di Cagliari tendenzialmente viene scelto non tra le fila del clero sardo. Non sia mai che un cristiano sardo benedetto da Dio governi la chiesa della sua terra. Eppure di questi cristiani sardi ve ne sono tanti; vi sono tanti preti fedeli (e anche qualche vescovo), radicalmente e profondamente fedeli a Dio, che invece si trovano ad essere governati da chi sa stare al mondo ma non sa stare sotto la croce. Si può obiettare che saper governare è altra cosa che saper seguire Dio, ma se si dice questo si è un po’ fuori dal seminato, perché la Chiesa è seguire Dio e non pretendere di mondanizzarlo. Ma queste sono fissazioni di un cristiano radicale che crede ancora che la consapevolezza del peccato serva a non inorgoglirsi per la perfezione della virtù.
Comunque, il feudatario ha perso il feudo. Non siamo sicuri di essere completamente fuori dal feudalesimo, ma possiamo sperarlo. È già qualcosa. Ma si è sempre sotto un feudo romano, e questo è drammatico quanto profondamente cattolico.
Isperamus bene (cosa noa!…), ma cuntentesa manna nudha, ne pro su cardinale e mancu pro s’archibíscamus nou (ma custu solu pro sa cunfusione Crésia cattolica / Istadu italianu: pro totu s’àteru isperamus bene. Cosa noa!…)