Oggi l’Assessore del Turismo, quello di questo video a sintassi franta e concetto liquido, viene intervistato dall’Unione Sarda sul tormentone estivo del riparto dei fondi tra gli eventi turisticamente attrattivi.
Lui ripropone l’inesistente contrapposizione tra launeddas e jazz, il giornalista non gliela contesta e lui è felice e contento. Inutile stare lì a discettare, non capirebbe.
Ciò che mi pare importante contestare è la visione materiale della cultura.
Per quelli come Chessa la cultura attrattiva turisticamente è una cosa, o meglio, è uno scaffale di cose, alcune sardofone e altre anglofone, ma pur sempre cose.
Angelo Guglielmi, l’ex direttore di Rai 3 recentemente scomparso, diceva che la cultura non è una cosa, ma un modo di fare le cose.
Questo è il punto.
Il modo di agire della Regione Sardegna è senza modo, rozzo, quantitativo, accumulativo, crapulante in doppio petto, con labbra unte e tovagliolo annodato.
La Sardegna che si sta vedendo nei porti e negli aeroporti, nelle concessioni balneari e nei bar, è una Sardegna carnaio, senza ordine, senza modo, una Sardegna affamata di soldi ad ogni costo perché senza lavoro, senza futuro, mal governata e mal rappresentata.
Questo è il problema: la rozzezza, il vuoto di idee e di visioni, l’imbarazzante povertà materiale e culturale, il continuo gozzovigliamento.
Detto questo, perché dirlo? Che speranza di remissione si può avere con un ceto politico di Destra e purtroppo anche, sebbene in minor misura, di Sinistra più interessato e solo interessato a intessere relazioni piuttosto che a risolvere problemi e costruire speranze?
Onestamente, abbiamo poche speranze.
Servirebbe un evento storico di sacrificio e raffinamento, un lavacro biblico, un’alluvione etica, ma queste sono solo immagini della mia mente malata di speranza messianica, non hanno realismo e non hanno soprattutto la veemenza necessaria per contrastare la tribù dei Chessa. Servirebbero pugili laureati, ma abbiamo corsi di formazione prevalentemente per camerieri, abbiamo case affittate in nero agli extracomunitari laureati ma sottopagati, abbiamo uno stuolo di mettinculi con dottorato per i quali tutto è una cosa.
Chessa è la nemesi della Sardegna, non il suo errore.
La responsabilità dell’esistenza politica di Chessa (e sorvoliamo sul resto della giunta più filomassonica di sempre) è di chi l’ha messo e di chi lo lascia a capo di quell’assessorato.
E non stupiscono gli articoli proni sull’Unione, considerato l’editore.
A ciascuno il suo. Solinas si tenga i vari divulgatori culturali alla Chessa, forse i sardi saranno resilienti. O forse Chessa è l’espressione culturale di tanti sardi?
Ho provato un senso di vergogna nel leggere quanto detto dall’assessore Chessa sulla …’contrapposizione tra launeddas e jazz’, Confido tuttavia nella speranza che Paolo Fresu continui, nel suo fare musica d’eccellenza, a dare rilevanza e visibilità a tutta quella parte di Sardegna che si impegna e lotta per realizzare prodotti di qualità, in diversi ambiti culturali. Nel solco e nel rispetto della tradizione culturale sarda, di cui, in vari modi, siamo figli….
Le parole di Chessa sono incommentabili e provo vergogna per tanta pochezza di intenti e nessuna lungimiranza. Alla stessa stregua dell assessore Pellegrini che disse che il Betile dell archistar Zahara Hadid avrebbe rovinato lo skyline della città. Penso a Bilbao e al suo museo Guggenheim che ha risollevato da solo le sorti economiche di tutta la zona, non solo della città. Ma noi siamo quelli a cui basta il panino in spiaggia e siamo contenti così. Che tristezza….
Premesso che un personaggio cosi incompetente ed improvvisato penso sia davvero difficile da scovare sugli scranni di amministrazioni pubbliche responsabili, mi chiedo se, in fondo la sua ispirazione non sia il naturale pappagallo di una sessantennale deriva culturale (e ovviamente politica). Quella cioè che ha reso la Sardegna succube e dipendente da un’idea obsoleta di ispirazione coloniale di turismo stagionale non sostenibile, stiracchiato su spalle fragili e autoreferenziali, spacciate per “destagionalizzazione”.
Talmente deriva che, a quel livello che noi genericamente chiamiamo Amministrativo, si evita oramai occhiutamente di mettere in discussione tutto quanto fa
di questo multiforme modello economico, spacciato come unico possibile, una generale e pervasiva rappresentazione di insostenibilità territoriali sistemiche.
Mi viene naturale non estimare o fare una riflessione sul vacuo chessapensiero. Si sta argomentando del nulla.
Per motivi di ricerca sto studiando alcuni resoconti consiliari degli anni settanta/ottanta. A proposito di cose e modi le vicende successive hanno dimostrato i limiti di molti contenuti, ma la qualità del confronto e lo sforzo generalizzato di studiare soluzioni documentano una fase della politica regionale di tutt’altro spessore.
Una sola consolazione: il degrado delle classi dirigenti non è solo una nostra peculiarità.
Una grande disperazione: il degrado delle classi dirigenti non è solo una nostra peculiarità.
mi sembra invece che Chessa abbia le idee molto chiare.
intanto, dire che “la Sardegna è battuta dal mare e baciata dalle bellissime spiagge” è una immagine di rara liricità che, evidentemente, scaturisce da un animo poetico.
che si vuole di più di un assessore poetico e sorridente?
segue la forte presa di coscienza di un fatto straordinariamente oggettivo: “siamo un’isola!”
enunciazione non da poco!
in una sola persona sono racchiuse una eccezionale capacità di sintesi geografica ed un mirabile sogno, quello che destrsxcdfnalizziamo e creamo servizi.