Ieri, Francesco Pinna ha firmato sull’Unione Sarda un articolo, incredibilmente precipitato nelle pagine interne, senza neanche un richiamino in prima, che dava una notizia non da poco: il Ministero di Grazia e Giustizia della Repubblica italiana è stato condannato dal Tribunale civile di Cagliari a risarcire a un detenuto (nel frattempo deceduto) circa 15.000 euro, per avergli inflitto una detenzione inumana e degradante, in violazione di quanto previsto dalla convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo, dalla legge 354/1975 e dal Regolamento 230/2000.
La vicenda si complica ulteriormente perché il detenuto è nel frattempo deceduto, ma non normalmente; è morto di povertà e forse di freddo. Era assistito dalla Caritas e un conoscente lo aveva autorizzato a ripararsi in una casa di sua proprietà. Un giorno di autunno, però, quest’uomo è riuscito a varcare la soglia dell’abitazione, ha fatto due passi nel giardino e, forse colpito da un malore, si è accasciato ed è poi morto di freddo. Aveva presentato l’istanza di risarcimento per inumana detenzione sei mesi dopo la fine della pena, nel 2015. La sentenza è arrivata 8 anni dopo. Forse, se la nostra giustizia avesse avuto tempi più rapidi, avrebbe avuto una somma con cui sopravvivere più a lungo.
La sentenza è uno specchio di che cosa era la vita dentro il carcere di Buoncammino. Ha dichiarato l’ex detenuto:
“che il 6/6/2009 era stato condotto presso l’istituto penitenziario Buon Cammino in Cagliari per scontare la pena della reclusione di 10 anni, 3 mesi e 5 giorni;
– che dopo 5 anni, 9 mesi e 11 giorni aveva lasciato definitivamente la struttura carceraria il 17/3/2015, giorno in cui gli era stata concessa la possibilità di espiare la residua pena in regime di detenzione domiciliare;
– che la permanenza presso la struttura carceraria era avvenuta in condizioni degradanti e disumane;
– che, in particolare, la cella 1 del braccio sinistro del carcere di Buon Cammino, ove aveva espiato la sua pena, misurava circa 10 mq, escluso il bagno, era condivisa con altre due persone, e comprendeva i seguenti mobili:
• 7 armadietti delle dimensioni di circa 50 x 40 cm
• 2 tavoli delle dimensioni di circa 1 m x 50 cm
• 1 letto a castello composto da 3 brande delle dimensioni di circa 2,5x 1,5 m;
– che, pertanto, lo spazio a disposizione per ogni persona era inferiore a 1 mq;
– che la cella era dotata di un’unica finestra di circa 45 cm x 1 m provvista di sbarre e grate metalliche, le quali non consentivano adeguata aerazione e illuminazione;
– che la terza branda del letto a castello distava dal soffitto solamente 50 cm;
– che il riscaldamento era assente in quanto il termosifone non funzionava;
– che nel bagno, separato dal resto della cella, vi erano soltanto un lavabo ed un wc, mancava l’acqua calda e la piccola finestra presente non consentiva adeguata aerazione;
– che anche nella doccia, posta al di fuori del bagno ed in comune per tutti i detenuti del braccio sinistro del carcere, l’acqua calda era del tutto insufficiente;
– che nella cella, nei bagni ed in tutti gli spazi adibiti a passeggio ed altre attività ricreative erano presenti topi, blatte e scarafaggi e non era mai intervenuta alcuna attività di disinfestazione o derattizzazione;
– che per tutto il tempo di detenzione, dal 6/6/2009 al 17/3/2015 aveva trascorso 21 ore al giorno in cella, in quanto aveva potuto usufruire soltanto di due ore d’aria al mattino e di un’ora al pomeriggio.
A Buoncammino i metri quadri a disposizione del detenuto erano meno di tre, quantità ritenuta congrua, al netto degli arredi, per una detenzione ‘umana’, ed erano condivisi con blatte, topi e scarafaggi.
Questo dobbiamo sapere: nel sottosuolo della nostra civiltà si annida la nostra ferocia di Stato, dalla quale è difficilissimo difendersi quando se ne viene catturati. Non ho mai capito i magistrati che usano il carcere come strumento di pressione sugli indagati con la leggerezza e il piacere dei sadici. Il carcere deve esistere, perché bisogna difendere gli onesti da violenti e banditi; in Italia, però, si finisce in carcere per troppi reati e la qualità della vita dentro le carceri è spesso infernale (non che negli altri Stati europei si stia meglio). Uno dei modi per elevare la qualità degli effetti del nostro ordinamento è parlarne, accendere la luce, dare alle cose l’importanza che hanno. Non si può mettere in prima pagina un convegno a sapore salottiero sul dramma delle carceri e in ultima i fatti che lo confermano. È come confermare che i fatti sono stati pretesti per l’esibizione di sé.
Alfio, spero ti renda conto della violenza gratuita della tua affermazione. E allora perché quella cella non riservarla anche a drogati, ladri, assassini ecc.. (cioè a tutti). Con queste affermazioni si ritorna sempre al punto di partenza, la disumanità e la ferocia dello Stato
Una cella così è disumana, la riserverei solo a pedofili e stupratori.