Tutti uguali: promesse e soldi in cambio di voti. Intanto, i banchieri vengono assolti e i risparmiatori non rimborsati
di Paolo Maninchedda
Più guardo con spirito critico le movenze della politica italiana, più imparo ciò che la Repubblica di Sardegna non dovrà mai fare.
Per esempio, bisognerebbe varare una norma che impedisca di assumere provvedimenti di spesa nei 60 giorni precedenti le consultazioni elettorali.
Ma non trovate per lo meno volgare che l’ultima settimana appena trascorsa sia stata contrappuntata di annunci del tipo:
«In arrivo 30/50 euro in più per le pensioni più basse»;
«Contratto degli statali, accordo per un aumento medio di 85 euro»;
«Referendum e Patto per Cagliari da 168 milioni».
«(…) La revisione della Costituzione in Italia e ancor prima l’attacco ai diritti del lavoro con le leggi ordinarie (Jobs Act, pensioni, scuola etc.) si pongono, in questo quadro, come un adattamento del quadro legislativo e costituzionale alle esigenze del grande capitale e dei poteri finanziari mondiali. In particolare, risponde a questo lo svuotamento delle assemblee elettive fino al Parlamento e la cancellazione delle autonomie regionali e locali. Per il grande capitale la democrazia, i sindacati, le elezioni sono un disturbo, che bisogna eliminare concentrando il potere nelle mani di un capo o di pochi».