In Lombardia l’accorpamento delle Asl e degli ospedali sta generando una marea di problemi. Tornare indietro in Sardegna?
di Paolo Maninchedda
Su Quotidiano Sanità è apparso un articolo interessante, firmato dai responsabili dell’ANAAO, sulla riforma sanitaria lombarda, ispirata, come quella sarda, agli accorpamenti e alle fusioni.
Il dato su cui riflettere è il seguente: davvero è sempre ragionevole accorpare gli ospedali? La domanda è ancora più esigente se si considera che in Commissione sanità è iniziata l’analisi della rete ospedaliera sarda, sulla base del primo documento elaborato dalla Giunta che oggi è assolutamente datato.
Anche in Lombardia si è cercato di chiudere alcuni punti nascita e alcuni piccoli ospedali con numeri non adeguati. Poi è accaduto che là dove la popolazione si è fatta sentire si sono salvati ospedali e punti nascita, dove ha taciuto si è chiuso tutto. Si vuole procedere così anche in Sardegna?
In Lombardia, non solo su base regionale, ma anche su base cittadina i problemi piuttosto che diminuire sono aumentati, soprattutto quando le fusioni hanno riguardato presidi ospedalieri distanti tra loro o con consolidate differenti specializzazioni.
A Cagliari, l’accorpamento dell’Oncologico, del Microcitemico e del Brotzu tutto ha prodotto fuorché un miglioramento dei servizi. In questi giorni, gli accorpamenti previsti di diversi Pronti Soccorso sta facendo tremare i polsi a non pochi medici.
A Sassari la situazione sembra aver raggiunto il livello di guardia, diversamente un servizio quale quello andato in onda sulla 7 non sarebbe stato realizzato (le cause per danni spaventano molto le emittenti).
La politica delle fusioni è chiara: se prima i direttori generali dovevano ridurre i doppioni presenti all’interno dello stesso ospedale (CONTINUA)