Train de vie… Un treno per vivere in Sardegna
di Ornella Demuru
Quando si sparla di treni, peggio ancora di “trenini”, io scatto!
In una prima fase si tratta di uno scatto puramente emotivo ma poi con calma spiego che l’emozione nasce, direi purtroppo, da una sua profonda razionalità.
Premetto innanzitutto che sono figlia di ferroviere. Per la precisione figlia di Capostazione. Quelli col leggendario berretto rosso. E come tutti i figli di ferroviere sanno, siamo una categoria di individui. Molto particolari.
La ferrovia, la stazione, le dimore in cui vivi, i binari, le traversine, i treni che vanno e vengono ti segnano il carattere e in particolare il modo di concepire la vita, l’orizzonte preferisco dire.
Lo racconta benissimo lo sceneggiatore e scrittore Ugo Pirro nel suo romanzo autobiografico “Figli di ferroviere” edito dalla Sellerio diversi anni fa.
Non conta se la tua ferrovia, quella che hai vissuto, è di quelle elettriche o di quelle a gasolio. È il treno, le sue stazioni con quell’odore perenne di industria meccanica a fare la differenza.