Esiste la bellezza in politica?
di Paolo Maninchedda
Bonum est pulchrum diceva san Tommaso, e viceversa Pulchrum est bonum: Il Bene è bello e Il Bello è Bene.
Alla fine di queste poche righe si capirà perché mi è venuta in mente un po’ di filosofia medievale (quel tanto che serve ai miei studi, quel poco che accompagna la mia visione del mondo).
Ieri un amico ruvido (gli amici ruvidi sono quelli che ti vogliono bene ma che ti danno sempre la colpa di un’omissione, perché secondo loro tu dovresti fare qualcosa che non fai, ma quando la fai, ti dicono che l’hai fatta male) mi ha lasciato questo commento sul sito: «oh maninchedda!! arribare a lampadas est in picada. su trettu est longu pro andare a punt’in susu, mescamente in cumpantzia de imbrogliones. hasta la vista “comandante paule”».
Anche i miei amici di sempre mi hanno chiamato ‘comandante’ il giorno del mio matrimonio, ma loro, che hanno uno spiccato senso dell’ironia, lo fecero per prendermi in giro, perché sanno molto bene che piuttosto che comandare il mio istinto è comprarmi un orto inaccessibile, scosceso e con qualche quercia, con un capanno di 50 metri quadri e non ricevere nessuno. Mi misero dietro una foto di Che Guevara e mi fecero, come si dice, a beffe.
L’amico ruvido di ieri, invece, mi sta contestando (e non è la prima volta) la solita omissione. Io dovrei fare un gesto, assumere una posizione ‘da comandante’, da uomo che guida le truppe e nella fattispecie dovrei abbandonare Pigliaru, andare all’opposizione e da lì candidarmi a guidare gli stessi che ho prima abbandonato, più qualcun’altro, nella nuova alleanza per la Nazione Sarda. A parte la logica, si sottovalutano due cose: il cuore e il sacrificio.