Il 14 marzo l’Unità di crisi certificava questo dato: in Sardegna erano presenti 47 persone positive al test.
Ieri, 17 marzo, i casi certificati sono saliti a 121.
In sostanza l’epidemia viaggia a una velocità di incremento di circa una volta e mezzo ogni tre giorni. Il 50% in più rispetto alle previsioni.
Nel comunicato di ieri la Regione dice anche che su 40 ospedalizzati, 4 sono in terapia intensiva. Un dato iniziale, un po’ sporco statisticamente, del 10%.
Se l’epidemia prosegue a questo ritmo, a fine mese si dovrebbero avere circa 3000 positivi, se non sbaglio. Se si confermasse che circa il 10% finisce in terapia intensiva, i 127 posti letto dichiarati dalla Regione come attualmente disponibili (ho qualche dubbio, ma taccio) si potrebbero rivelare insufficienti. Il piano di incremento della Regione, prevede di allestirne 300, ma il problema è il tempo: tra programmare un incremento così signficativo e realizzarlo potrebbe servire un mese (il tempo delle forniture) e questo mese potrebbe essere il mese della crisi.
Qui trovate l’infografica della Protezione civile nazionale italiana, utile per gli aspetti macroscopici dell’epidemia.
Questo il riepilogo fornito dall’Istituto Superiore di Sanità.
Leggendo in successione si capisce che c’è un montante notevole di dati che l’ISS attende di certificare.
Qui trovate l’analisi statistica dei dati e una prima proiezione sull’andamento della curva (ringrazio il prof. Porcu per avermela segnalata).
Cosa fare in Sardegna? Cosa fare anche dando assistenza a chi è venuto qui da noi cercando un rifugio?
Invito alla lettura di questo articolo che cerca di dare una ragione al dato stridente del confronto tra l’alta ospedalizzazione da Coronavirus in Lombardia e la bassa ospedalizzazione in Veneto. Il segreto sta in una medicina territoriale che funziona e che decentra anche tecnologia.
Ai tempi della Giunta Pigliaru, quando si guardava al modello degli hub and spoke come alla panacea di tutti i mali, alcuni (oggi tragicamente inibiti) dissero che in Sardegna non occorreva partire dagli ospedali ma dalla medicina territoriale, dai medici di base, dall’assistenza domiciliare. Non furono ascoltati. Ma ora, forse, è proprio la medicina territoriale che può fare la differenza, se bene organizzata. Invece, giungono notizie di medici di base non adeguatamente supportati neanche nei dispositivi di protezione personale dal virus (un velo pietoso sulle magnifiche sorti e progressive dell’Ats, la centralizzazione che tutto doveva risolvere). Forse occorre correre ai ripari.
Infine, un occhio all’economia.
Parlo dei carciofi perché sono una coltura di questo periodo. I produttori li stanno buttando, perché nessuno va più a fare la spesa e chi ci va compra frettolosamente scatolame. Stesso discorso per altri generi alimentari. Fra venti giorni molti generi alimentari scarseggeranno e/o costeranno molto. Difficile pensare e trovare un rimedio? No.
Dopo l’epidemia, viene sempre la carestia. Bisogna pensare a come tenere attivo e non speculativo il settore primario. Ieri, il Ministero delle Politiche Agricole, ha sbloccato i soldi per il Pecorino Romano e per le filiere del latte ovino. Cosa ci vuole a concordare in sede ministeriale e europea una procedura semplificata di liquidazione automatica delle domande presentate sui fondi europei, prevedendo di rinviare i controlli a una fase successiva e a campione? I tanti centri di Assistenza in Agricoltura (i celebri CAA) possono certificare la completezza della domanda, e Agea e Argea procedere, in automatico, a erogare. Difficile? No.
Forza. Occorre visione, disciplina e lavoro.
A Sassari i casi sembrerebbero essere ahimè fra personale ospedaliero. Non ovunque. Molti hanno importao la malattia. Questo da ciò che si sente. La prima preoccupazione è, credo, circoscrivere. In ogni caso aiutare gli ospedali, anche con donazioni. Anche poco aiuta.
Sostenere con nostri acquisti la nostra produzione e altra cosa. Cercare di pensare a servizi a domicilio per chi non può uscire.
Non bisticciate:)
Sig. Vitiz (non sopporto i nomi di copertura usati da chi predica la trasparenza), di cosa mi dovrei informare? Uso i dati ufficiali. Lei mi dice che l’epidemia è negli ospedali? Buon per lei, ma i dati? Cosa dovrei diffondere, la disinformazione? Forse andrebbe diffusa un po’ di intelligenza, non crede?
Mi spiace, ma sta usando occhiali sbagliati. Se riesce, accerti quanti di quei 120 sono sanitari. Ai miei calcoli approssimativi sono ca 100. Casi di contagio interno sardo, fuori dagli ospedali o intrafamilare, NON CE NE SONO. La zona rossa, se non per la inettitudine di chi governa la ns Sanità, ci ha salvato. Invece siamo in emergenza, con danno incalcolabile, fino al 31 Luglio. Con censura, perché non si sappia il colpevole (Vito Biolchini). Si informi, per favore, e DIFFONDA. Grazie