Chiunque abbia avuto a che fare con le patologie tumorali si mantiene in contatto con le associazioni e con le riviste che danno informazioni.
La prima domanda che si fa una persona quando gli viene diagnosticato un tumore è se può sopravvivere; la seconda è dove curarsi.
Se andiamo a vedere due indicatori dei dati disponibili, ci rendiamo conto che i sardi sanno bene una cosa: non bisogna farsi operare né curare in Sardegna.
Questi due indicatori sono l’indice di attrazione e l’indice di fuga per gli interventi chirurgici e per la chemioterapia.
La Sardegna ha per gli interventi chirurgici un indice di fuga pari al 9,71% e un indice di attrazione dello 0,77; per la terapia, invece, abbiamo un indice di fuga del 3,42 e un indice di attrazione dello 0,55. I dati sono riferiti al 2015.
Che cosa significano queste cifre?
Significano che anche i sardi hanno ben imparato che bisogna andare a farsi operare dove lo sanno fare. Non sempre la mobilità passiva, così è chiamato il fenomeno, è negativa. È giusto che ci siano strutture iperspecializzate che divengano punto di riferimento ben oltre i confini regionali. Certo è disarmante che questo valga anche per le cure. Semmai c’è da chiedersi che cosa succede (essendo coloro che vanno fuori a curarsi più o meno il 10% dei pazienti) a quanti restano qui e questa risposta è data dal Piano Nazionale Esiti, un repertorio di dati tra ricoveri, dimissioni e decessi, che sta agli ospedali sardi come l’Invalsi alle scuole, almeno rispetto all’antipatia con cui sono guardati dai medici. Eppure, il Piano Nazionale Esiti è un ottimo indicatore di qualità e la qualità di molti dei nostri reparti è bassa. Si pensi che a una persona è stato consigliato di andare fuori, e giutstamente, perché il reparto di patologia medica dell’ospedale di riferimento, sbagliava troppo spesso la refertazione delle biopsie, sbilanciando così l’individuazione dei chemioterapici più adeguati.
Ovviamente, anche in Sardegna, individuato il criterio (Piano Nazionale Esiti) è stato scoperto l’inganno, per cui alcuni non operano più casi difficili perché hanno paura che il paziente muoia e dunque lo lasciano morire comunque, ma non in ospedale.
Io ricevo continuamente, l’ultima ieri sera, segnalazioni di diagnosi farlocche e di interventi sbagliati e ho la sensazione, quando sento taluni parlare di sanità di eccellenza rispetto ad alcuni ospedali, che sarebbe giusto imporre loro, qualora avessero bisogno, di ricoverarsi presso le strutture che difendono oltre l’evidenza. Sulla Sanità in Sardegna occorre una vasta e profonda operazione trasparenza e occorre stabilire nettamente l’incompatibilità tra le funzioni di governo, pianificazione e programmazione e l’esercizio della professione medica nelle Asl della Sardegna.
Noi abbiamo bisogno di rivoluzionare il sistema sanitario sardo nelle tre articolazioni principali: la medicina territoriale, l’ospedaliera e la rete dell’urgenza. Dobbiamo avere dei poli di eccellenza che non possono essere fraintesi con i poli di potere. E dobbiamo essere noi ad avere il coraggio delle analisi e delle proposte, non fare l’errore di calibrare la sanità sarda su parametri organizzativi italiani, spesso inadeguati alla struttura demografica dell’isola. Non so bene che cosa ci si attenda dalla venuta della Lorenzin in Sardegna, ma si intuiscono i presupposti culturali e politici, che sono falsamente rassicuranti e sostanzialmente inutili. Siamo alla riedizione dei volteggiamenti in elicottero del ministro della Difesa, delle dichiarazioni villeggianti del ministro dell’Ambiente, delle promesse sul dovuto presentato come concesso del ministro dell’Agricoltura, siamo nello scenario peggiore per la cultura della responsabilità dei sardi.
Comments on “Cancro, cure e sanità: meglio la verità”
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….meglio la verità..consiglio: il Sig.Uda si lavi la bocca con molto sapone prima..e studi bene poi.. prima di parlare del DOTT.HAMER – il nemico vero è solo la paura che attanaglia e rende immobili e incapaci di essere responsabilmente autonomi quando ci si imbatte in una qualsiasi “malattia”..
intanto aspettiamo i vaccini che renderanno tanti bambini danneggiati –
i prossimi saranno
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/22408046?fref=gc&dti=265985563867634
Caro Paolo, non ti ingannino le basse percentuali di sardi che vanno in continente per farsi curare perché queste sono dovute unicamente a un fattore economico.
Per triste esperienza diretta posso dirti che andare fuori a farsi curare ha costi estremamente elevati e quindi solo in pochi possono permettersi di rivolgersi ad altre strutture così come è difficile spesso avere la disponibilità dei professionisti adeguati. In Sardegna tuttavia abbiamo valido personale medico e valide strutture il problema è che spesso non sono nelle condizioni di operare adeguatamente. All’Oncologico di Cagliari spesso per fare una visita occorre passare tutta la mattinata in attesa a causa dell’elevato numero di utenti. Non è neppure vero che i protocolli sono uguali in tutto il sistema sanitario nazionale spesso chi va in strutture di eccellenza come l’Istituto Europeo di Oncologia di Milano ha un indice di sopravvivenza molto più elevato di quello riscontrato in Sardegna. Svolge comunque un ruolo importante la prevenzione e soprattutto evitare le cure farlocche proposte dai soliti ciarlatani tipo la Mereu o quel pazzo furioso di Hamer e i tanti Santoni che proliferano sul web che sono bravi solo a scroccare ingenti quantità di denaro ai disperati e a farli morire attraverso atroci sofferenze.