Perché è necessario che i sardi si uniscano e competano col governo italiano (necessità che gli ultimi presidenti della Regione, di destra e di sinistra, hanno sempre scoperto solo alla fine del loro mandato)? Perché o si è uniti o si soccombe ad una politica ormai secolare che parte dal presupposto della subordinabilità della Sardegna.
Le Primarias – Primarie Nazionali della Sardegna (che si svolgeranno esattamente come sono state programmate e nei tempi previsti, e cioè on line, aperte a tutti, trasparenti e democratiche, senza rinvii e negoziati di alcun tipo) servono proprio a unire i sardi, per questo rifiutano di essere etichettate come primarie di questa o quella coalizione, ma si chiamano ‘nazionali‘. L’unità dei sardi, un’unità rivoluzionaria, serve, direi che è indispensabile, per ribaltare la subordinazione insostenibile nella quale l’Italia si è abituata nei secoli a tenere la Sardegna.
Basti, a conferma di questo, ricordare che l’Italia, unica titolata a poterlo fare nell’Europa che dà diritto di parola e di azione agli Stati e non ai popoli o alle regioni, non ha mai notificato all’Unione europea la condizione di insularità della Sardegna (e l’Unione non ha mancato di rimarcarlo, per esempio nella sentenza che condannò la Sardegna a recuperare i contributi erogati agli alberghi).
Il Governo Lega – Cinquestelle ha presentato il suo primo Def e ha manifestato chiaramente la sua intenzione di non restituire alla Sardegna gli accantonamenti impunemente applicati dall’Italia alle nostre compartecipazioni.
Cose note. Ma oggi faccio un ultimo esempio di estrema attualità.
Ieri la Giunta regionale della Sardegna ha annunciato il varo del piano straordinario dell’archeologia. Sebbene personalmente mi sia abituato ormai da tempo alla disinformazione (ieri i Cinquestelle hanno ringraziato l’Anas, che non ha fatto assolutamente niente, per la messa in sicurezza della SS 129, voluta e finanziata invece dalla Regione; a Fonni hanno perso la memoria su chi ha voluto, difeso, rifinanziato e sostenuto il celebre impianto di risalita del Bruncuspina), il fatto che nessuno abbia ricordato neanche di striscio che fui io a proporlo (Dessena non era assessore e a lui va comunque il merito di aver programmato le risorse), a difenderlo di fronte allo scetticismo generale e poi a convincere che si sarebbe trattato di un evento epocale, mi ha fatto sorridere. Ma pazienza, non è la prima volta e non sarà l’ultima. Oggi, rispetto a questo obiettivo, voglio mostrare a tutti coloro che, prima gioiosi e adesso un po’ dubbiosi (i sondaggi cominciano a mostrare segni negativi sui partiti al governo dell’Italia), sono corsi a mettersi in fila per obbedire a Zoffili cosa succede a fare scelte sulla scommessa della presunta vittoria anziché sulla coscienza dei propri interessi. Ebbene, nella bozza di accordo sui poteri della nuova autonomia al Veneto (su cui invito molti a informarsi nel dettaglio per capire da un lato come la destra italiana stia riuscendo ad imporre le vecchie strutture dello Stato al Sud e liberarne il Nord) si legge: «regionalizzazione delle Soprintendenze archeologiche, belle arti e paesaggio e all’attribuzione delle relative funzioni, anche con riferimento ai piani paesaggistici, nonché alla regionalizzazione della Soprintendenza archivistica e bibliografica e alla attribuzione delle relative funzioni». Quindi, in Sardegna i Giganti di Monte ‘e Prama saranno ancora prerogativa delle Soprintendenze dello Stato italiano, in Veneto no. In Sardegna dovremo sempre negoziare col Ministero i nostri piani paesaggistici, in Veneto no. Bisogna o non bisogna pacificamente ma razionalmente reagire, unirsi e combattere?