L’incivile assenza tutta sarda di una politica sanitaria contro il dolore.
Gli esiti nefasti della sanità loggiante in salsa rosa
di Paolo Maninchedda
Sono molto adirato, per cui prendetemi con un pizzico di beneficio di inventario.
Il Presidente della Regione sa che io penso che tendenzialmente chi è benestante non si fa curare in Sardegna e che ha molte buone ragioni per farlo. Lo sanno anche i colleghi di Giunta.
Quando avemmo in famiglia un problema sanitario, un grande primario di un reparto sardo (che sta ottenendo grandi risultati nonostante gli rendano la vita impossibile ogni giorno che Dio manda in terra) mi consigliò di andare in Italia, non perché lui non fosse in grado di intervenire, ma perché per una biopsia ben fatta e affidabile, da cui dipende la scelta dei chemioterapici, il suo ospedale sardo era costretto a mandare nella penisola i campioni di tessuto prelevato, giacché il laboratorio internofaceva troppi errori nella lettura dei vetrini. Tempi dell’operazione: 15 giorni. Io non avevo tempo.