di Paolo Maninchedda
Ai primi di settembre il Governo deciderà sul regime di essenzialità delle centrali elettriche sarde.
Questo regime, in virtù del quale ai proprietari delle centrali vengono riconosciuti da Terna i costi di produzione, è l’unico motivo per cui le centrali sarde sono ancora aperte. Non dico una centrale (come spesso mi accusano di dire perché difendo, senza alcuna vergogna, Ottana), ma tutte: Portovesme, Porto Torres e Ottana.
La Giunta, in occasione della delibera che ha ridisegnato la strategia sul gas, ha chiesto al Governo di confermare l’essenzialità fino a quando non giungerà il gas in Sardegna. Perché lo ha fatto? Perché non si può gestire una transizione da un modello (che è ancora quello della Rinascita) ad un altro (che ancora non c’è) senza centrali e senza energia elettrica.
Il problema è capire che cosa ha in testa Enel. Suoi alti vertici non fanno altro che ripetere che la loro centrale nel Sulcis è in perdita. Vogliono chiuderla? Se la chiuderanno, la situazione el Sulcis precipiterà nel baratro.
A Porto Torres la centrale di E.On è in vendita. L’unica cosa che la rende appetibile è l’essenzialità. Se dovessero negarla, nessuno, dico nessuno, vorrà comprarla, con le conseguenze occupative che tutti possono immaginare.
Ottana senza essenzialità chiude e chiude anche la chimica, per sempre questa volta.
Mi pare che la società sarda non abbia adeguata coscienza di quanto sia necessario premere sul governo (non basta la Giunta) perché l’essenzialità venga riconsociuta per almeno un triennio a tutte le centrali sarde, come si è fatto per legge con le centrali siciliane.
Poi, certamente, occorre avere in testa un modello industriale differente. Quello a cui penso io è orientato sulla meccanica di precisione (il manifatturiero che premia di più il sapere), sulla chimica dai vegetali, sull’agroalimentare e, soprattutto, su un modello di vita differente.
Più alberi, più sentieri percorribili a piedi e in bicicletta, più riuso delle case, più piste ciclabili (ho visto alcune cose amatoriali, basta un nulla per rendere la Sardegna percorribile interamente in bicicletta senza dovver incontrare neanche una macchina), più lingue straniere, più riuso e riciclo dei rifiuti. Ma questa è un’altra storia.
(la bici nella foto è una ‘familiare’ danese, costa meno di mille euro e in Danimarca sostituisce di fatto l’automobile)
Chiarendo il fatto che l’essenzialità per le centrali Sarde è cosa fondamentale, ricordo a tutti noi che in una in particolare Ottana Energia, la concessione dell’essenzialità è strettamente legata al mantenimento in marcia di tutti gli impianti chimici.(come da accordo del 2012).
Tali impianti sono di proprietà della multinazionale Indorama e gestiti dal Gruppo Clivati, proprietario della Centrale stessa.
Da più di un anno gli impianti chimici in particolare la produzione di Acido Tereftalico, ha iniziato un periodo di cassa integrazione a singhiozzo, ma da Marzo tale impianto è completamente fermo.Solo in questo mese di Settembre un reparto, la Polimerizzazione a ripreso da pochi giorni la produzione che però si fermerà verso fine Settembre, crica 20 giorni.
La coincidenza tra il piccolo riavvio e il periodo di concessione dell’essenzialità la lascio valutare a voi, chiedo solamente a Paolo Maninchedda, che ho avuto il piacere di conoscere e di confrontarmi con lui, di intervenire in maniera tale che se verrà nuovamente concessa l’essenzialità a Ottana Energia, questa venga vincolata contrattualmente ed economicamente, con il riavvio e mantenimento in marcia degli impianti chimici.
Altrimenti lo scenario di Ottana sarà il seguente:
La Centrale lavorerà senza nessun cliente se non Terna.
circa 50 operai della chimica che con la presenza dei loro impianti fanno si che venga concessa l’essenzialità, si ritroveranno con gli impianti fermi e la cassa integrazione straordinaria in casa.
Grazie
In 5 anni la Sardegna ha perso 90.000 posti di lavoro ma gruppi come Forte Village sostengono che l’isola è “una miniera d’oro abbandonata”, dove i sistemi low cost (voli – case – GDO) vomitano milioni di presenze (soprattutto italiane) con indotto nullo mentre loro sono obbligati a noleggiare dei Boeing per i propri facoltosi clienti (Il Fatto Quotidiano).
Per attirare gli investimenti è indispensabile non fare i puristi.
Mentre il Governo sanerà tecnicamente, auspichiamo, l’assurda discriminazione sull’essenzialità delle centrali sarde, forse è obiettivo chiedersi se ci sia una qualche relazione tra il riconoscimento dell’essenzialità siciliana, praticamente contestuale all’eliminazione della macrozona di produzione Sardegna-Sicilia, e la stretta in affari tra Sicilia e Russia. E’ di marzo la notizia che la Sicilia, ricorrendo a una procedura semplificata di valutazione sulle ‘concentrazioni’ (di imprese), ha ottenuto dalla Commissione europea l’autorizzazione al controllo ‘esclusivo’, da parte di Lukoil, (secondo produttore russo di greggio, attivo nell’esplorazione e produzione di petrolio e gas, nonchè nella produzione, vendita e commercializzazione di prodotti petroliferi), delle due società siciliane ISAB Energy e ISAB Energy Services. La prima possiede e gestisce l’impianto Igcc (ciclo combinato di gassificazione integrata) in Sicilia, la seconda opera nella commercializzazione delle utilities, spaziando dalla manutenzione alla erogazione e fornitura di servizi collettivi, relativamente alle centrali a vapore e alle raffinerie. Come se non bastasse Lukoil – fino al mese scorso sembrava solo un’indiscrezione giornalistica – ha già avviato il suo programma d’affari di 20 mld di dollari con l’Iraq. Nei giorni scorsi infatti, un milione di barili di greggio sono partiti dal giacimento iracheno di West Qurna-2 alla volta della raffineria siciliana, in cui il petrolio sarà lavorato per essere ritraghettato in Iraq. Tutto questo accade mentre il Governo italiano suffraga Piani regionali di Settore per le Bioenergie e l’europarlamento tesse le lodi delle rinnovabili (l’obiettivo è quello di coprire con le cd. rinnovabili il 20% del fabbisogno energetico totale dell’Ue entro il 2020), diramando chiaro indirizzo all’ indipendenza e alla diversificazione energetica dell’Europa. Politiche, pur con qualche eccezione, altamente condivise da tutti. La verità è che gli investitori stranieri, tanto approvati o disapprovati, sono già in Italia e abbiamo diverse evidenze che nessun Governo nega un brindisi in affari alle multinazionali. Diciamo anche che forse è già troppo tardi per decidere chi metterci in casa e chi no, e che sono le multinazionali a decidere, e i governi a scrivere sotto dettatura, le politiche economiche di buona parte delle attività economiche degli Stati. Lato nostro se vogliamo attrarre partner stranieri nell’isola, come oggi è bene che sia, dobbiamo sbrigarci a proporre la Sardegna in un’ottica di strategia europea praticabile.