Vorrei sommessamente suggerire al Presidente della Regione di ridurre la sua attività da immobiliarista, almeno fino alla fine della legislatura. Ci risparmierebbe, così, di dover periodicamente essere aggiornati sui fatti suoi di cui a noi, e a me nella fattispecie, non frega un fico secco.
Oggi Il Fatto quotidiano pubblica, in italiano precario, molto ellittico, un’inchiesta a metà, un banchetto interrotto agli antipasti, nella quale, accostandoli, mette insieme due fatti distinti, affidando al lettore la formulazione di un rapporto di causa e effetto tra gli eventi.
Lo dico bonariamente al giornalista (che magari mi legge) e al giornale (che certamente se ne frega): non si fa così. O si dimostra che l’imprenditore che ha acquistato il rudere da Solinas ha avuto in cambio dei subappalti, o accostare le due cose è pura malizia, non è cronaca. L’unico elemento significativo dell’articolo in questione, è la notizia di un subappalto a una impresa che non aveva i requisiti per riceverlo, ma da qui a dire che quel subappalto è una contropartita per una compravendita ce ne passa. Infatti, il giornale non lo dice, ma affianca le due cose, affidando al lettore la scelta se tirare le somme di un sillogismo occulto preimpostato oppure no. Ripeto: non si fa così.
L’articolo del Fatto è comunque rivelatore di un clima presente nel cerchio magico del Presidente, perché certamente queste notizie vengono dall’interno del suo circuito.
Quando ciò accade, significa che la capacità di soddisfazione della domanda di avanzamento sociale che purtroppo circonda molti uomini politici e, in particolare i presidenti, si è esaurita. Il Presidente ha poche carte da distribuire alla sua masnada per soddisfarne le ambizioni e gli scontenti cominciano a passare informazioni al “nemico”.
In realtà, non ci sarebbe alcun bisogno di ricorrere agli agenti all’Avana per raccontare il degrado politico e civile della Giunta Solinas. Basterebbe la sana e antica fatica che i vecchi giornalisti facevano nell’osservare la realtà, nell’acquisire informazioni, nell’intervistare gli esiliati, per poi formulare ipotesi di lavoro per inchieste significative.
Faccio un esempio che io non riesco a sviluppare perché lavoro molto per la mia università.
Prendiamo l’edificando Campus universitario di viale La Playa a Cagliari.
È una scelta molto discussa che affonda le sue radici ai tempi della Giunta Soru e della presidenza dell’Ersu dell’allora giovane Christian Solinas. Il soggetto privato era il sig. Fanti, imprenditore nel settore immobiliare, turistico e dei rifiuti. Una questione complessa e articolata, per usare un eufemismo, di cui io venni informato molto di striscio, quando ero consigliere regionale, perché un altro consigliere regionale che voleva fare un’interrogazione e stava ricevendo le carte opportune, venne dissuaso dal farlo da pietosi e lacrimevoli interventi di amici e colleghi. Fatto sta che la cosa lentamente si sblocca e arriva a bassissimo regime alla Giunta Pigliaru sotto la quale finalmente iniziano i lavori. Il Commissario Ersu lavora alacremente e dà anche il via libera alle fasi istruttorie di un project financing per il secondo lotto che vede coinvolti l’impresa dell’ing. De Pascale e niente di meno che la Cassa Depositi e Prestiti, cioè lo Stato, con una sua società controllata.
Ma, a un certo punto, si ha un colpo di scena. Parrebbe da Villa devoto, ma andrebbe ulteriormente accertato, parte uno stop all’intera operazione, fino a ipotizzare di riorientare le politiche per la residenzialità universitaria (abbandonate a se stesse da tutti) per eleggere, udite udite, come nuova direttrice di insediamento l’area inedificata di via Trentino, quella che sta di fronte al confine nord del polo umanistico. Ovviamente, occorre coinvolgere il Comune (e non a caso i rapporti Solinas-Truzzu non sono eccellenti), ma si vocifera anche della disponibilità di un privato per un project financing anche per questa area, questa volta l’imprenditore non è sardo, ma romano, ma romano di peso, con interessi in Gallura e negoziati svolti in estate nel ristorante di famiglia.
Ecco, questo dovrebbe fare Il Fatto, che ha strumenti e risorse e non il solo cervello come me. Dovrebbe parlare con i vecchi funzionari Ersu, farsi raccontare bene l’affaire Fanti, andare in Gallura a fare domande e a cercare risposte, chiedere conto di come sia possibile investire una montagna di denaro in una direzione e poi rimangiarsi tutto e ricominciare da capo nella direzione opposta. Se io fossi il direttore di un giornale, anziché rovinarmi e perdere copie inseguendo le paturmie dell’insularità o dei complotti demoplutogiudaici, mi occuperei di fare queste cronache che raccontano quella parte della società cagliaritana che ha sempre rovinato Cagliari e la Sardegna con la sua avidità. Sarebbe tutto più interessante di un miserrimo rudere e dei salti mortali che su di esso taluni fanno senza avere l’agilità per farli.
La moglie di Cesare deve non solo essere onesta, ma anche sembrare onesta. (Plutarco, decimo capitolo della Vita di Giulio Cesare)