Avantieri a Rio de Janeiro hanno ucciso a colpi di pistola Marielle Franco. Aveva 39 anni. Era madre dall’età di 19. Laureata in Scienze sociali presso l’Università Cattolica di Rio, era diventata parlamentare dello Stato nel 2016 con il Partito Socialismo e Libertà (un gran bel nome). L’hanno uccisa per strada, mentre rientrava dalla partecipazione a una trasmissione televisiva. L’hanno uccisa per ciò che diceva, per ciò che faceva, per la vita che conduceva. L’hanno uccisa perché era giusta. Era meticcia; difendeva i diritti della donne; difendeva i diritti; difendeva i cittadini dalle violenze della polizia; difendeva i diritti dei poveri a non essere picchiati, a potersi emancipare dalla necessità, a non essere ritenuti colpevoli della loro povertà.
Ogni volta che nel mondo un martire viene ucciso, muore uno di noi, muore un sardo consapevole di sé. Ogni volta che turchi e siriani ammazzano un armeno, muore un sardo. Ogni volta che nel mondo insultano un ebreo, insultano un sardo, perché se è vero che il nostro genocidio materiale risale all’epoca romana, il nostro genocidio morale, quello che ci costringe ad abbandonare la terra per essere pienamente persone, dura da secoli. Ogni sardo sta con le minoranze del mondo, sta con chi pretende di stare al mondo con la propria identità e con le proprie dimensioni, senza dover servire, senza doversi omologare, senza dover rinunciare a quella favilla di divinità che rende un mammifero una persona.