Diversi dipendenti dell’Aias mi hanno posto il caso dello scontro in atto tra la società (o meglio, l’Associazione) e la Regione.
Pochi sanno che i dipendenti Aias, di dritto o di rovescio, sommano a 1200 persone. Il problema Aias, per le sue dimensioni, è dunque un problema di tutta la Sardegna.
Secondo fattore utile per perimetrare il problema: l’Aias è stata fondata e gestita dalla famiglia Randazzo, che ha espresso parlamentari italiani e consiglieri regionali, originariamente collocati nella sinistra democristiana ma confluiti dopo il crollo della Dc nell’area centrista del centrodestra.
Può sembrare inopportuno ricordare la militanza politica della leadership dell’azienda, ma penso che essa abbia avuto un peso enorme in tutta questa intricatissima vicenda. L’ha avuto perché ha generato un pregiudizio quando i governi sono stati di centrosinistra; l’ha avuto perché ha generato nella burocrazia regionale una paura di possibili favoritismi quando la Giunta è stata di centrodestra.
Oggi il problema è il seguente: l’Aias paga con ritardi e difficoltà i dipendenti perché la Regione la paga in colpevole ritardo o l’Aias è pagata regolarmente e non paga colpevolmente?
Il Consiglio regionale l’11 aprile 2017 ha approvato un ordine del giorno che ha una forte coerenza politica. Il Consiglio ha chiesto la certificazione dei crediti vantati dall’Aias, la sicurezza che l’Aias paghi gli stipendi fino a prevedere forme di rescissione della convenzione in caso di inadempienza, la soluzione del contenzioso in essere per via transattiva, la rottura del regime monopolistico in atto.
Di questo complesso dispositivo ho potuto verificare essere in attuazione solo due punti: 1) l’Ats ha mandato due note, una il 17 maggio e l’altra il 22, con cui esigeva il pagamento delle mensilità pregresse dovute ai lavoratori, non accorgendosi nella prima (quella del 17) che l’Aias aveva comunicato in quello stesso giorno il pagamento del mese di marzo entro il 25 maggio, e affermando nella seconda che comunque il ritardo accumulato rendeva legittimo l’avvio delle procedure di rescissione; 2) il direttore generale della Presidenza De Martini il 16 maggio ha comunicato all’Assessorato della sanità e all’Area legale che l’Aias ha chiesto l’istituzione di un tavolo per definire transattivamente la situazione debiti/crediti tra l’Associazione e la Regione e ha chiesto di conoscere le valutazioni delle due direzioni generali in merito alla richiesta.
Il problema dei crediti vantati dall’Aias verso la Regione è la questione centrale: se sono dovuti e non pagati è la Regione che sta mandando per aria l’Aias e di conseguenza i 1200 lavoratori. Se invece non sono dovuti, è l’Aias che ha una crisi strutturale che scarica sulla Regione.
La questione può essere sciolta solo da un tavolo di transazione o da un tribunale. Ma ci sono indizi che possono aiutarci a dedurre come stanno le cose?
Da una rapida ricognizione, per niente facile, risulterebbe che al momento i decreti ingiuntivi esecutivi a carico della Regione e a favore dell’Aias ammontino a una cifra intorno ai 12 milioni di euro. Non poco.
Ci sono poi le sentenze del Consiglio di Stato 677 e 5179 del 2013 che riguardano l’adeguamento tariffario del triennio 2001-2003, oggetto di uno scontro durissimo ai tempi dell’assessore Dirindin. Si tratta di un costo per la Regione di circa 10 milioni di euro con un’incidenza milionaria degli interessi maturati.
Se poi si va a vedere il contenzioso incardinato, per quanto sia difficile ricostruirlo esattamente, si arriva a cifre prossime ai 30 milioni di euro.
Il ragionamento è chiaro a questo punto: poniamo il caso che la Regione rescinda il contratto per le inadempienze dell’Aias e l’Aias riesca a dimostrare di essere inadempiente per colpa dei mancati pagamenti della Ras, il risultato sarebbe devastante sotto il profilo sia dell’occupazione che dei valori finanziari da iscrivere nel bilancio della Regione.
Servono dunque due cose: 1) il tavolo transattivo per pagare il dovuto e solo il dovuto e rendere efficace la funzione di controllo sull’erogazione del servizio e sul pagamento del personale; 2) una politica per il futuro di rottura del monopolio.
Guai però a generare l’auspicato pluralismo dell’offerta attraverso l’azzeramento degli attori attuali del mercato ottenuto coi tempi lunghi del contenzioso. Gli effetti sarebbero devastanti per la Regione e per i lavoratori.