Ieri l’assessorato dell’agricoltura ha diffuso questo comunicato, commentato da diversi organi di stampa.
Il primo pensiero che come un’agnizione si è imposto a tutti noi, incauti lettori, è che finalmente, una volta tanto, l’Assessora è stata veramente tempestiva. Forse un tantino troppo: infatti commenta una delibera (la 67/24 del 31 dicembre 2020) che, come spesso accade, è accaduto e accadrà, ancora non è leggibile per i comuni cittadini.
Sono dichiarazioni da credersi per fede, e che diamine! Oremus.
Quindi nessuno, tranne pochi eletti, capisce cosa commenti l’Assessora. L’unica cosa che si comprende è che, come spesso le capita, ella si loda da sola. No, non è la stessa che sentendosi lodare si vestiva di umiltà e benevolenza fino a sembrare un miracolo di grazia per noi mortali. No, qui l’umiltà è fuggita e il ridicolo impera.
Lontani i tempi nei quali gli assessori non avevano bisogno di lodarsi perché pagavano gli adulatori per farlo. Si respirava lo schifoso olezzo delle lusinghe, si vedevano uomini e donne di valore piegare il ginocchio pur di avere un cantuccio di potere o di fortuna, ma alla fine si sapeva che era avanspettacolo degenere cui si poteva non partecipare.
Adesso non isamo più nel mondo dei vizi borghesi. siamo nel mito, nelel favole. Adesso siamo allo specchio di Biancaneve, alla lode di motivazione, alla studiata distanza da ogni vicolo plebeo da cui possa elevarsi un democratico e meritatissimo pernacchietto. Siamo all’onanismo lusingante istituzionalmente incipriato.
Il secondo pensiero è che l’Assessora Murgia, probabilmente, per scandire il suo tempo, utilizza il calendario Giuliano, come il Pope di Mosca, invece di quello Gregoriano che utilizziamo tutti noi.
Per i meno avvezzi ai conteggi dei cicli solari e degli anni bisestili, è importante sapere che il calendario Giuliano è in ritardo di 13 giorni rispetto a quello Gregoriano. Quindi, grazie al suo calendario personale, l’Assessora dichiara a “cara manna” (poker face in inglese) che grazie alla sua delibera, non leggibile, del 31 dicembre 2020 (calendario gregoriano) la situazione dell’ARAS e di tutto il comparto lattiero caseario è sotto controllo e tutto andrà bene. Voi direte: ma lo sa l’Assessora di rito giuliano che i dipendenti di ARAS, dal primo gennaio 2021 sono in cassa integrazione perché licenziati? Lo sa che dal 21 dicembre 2020 il laboratorio di ARAS non raccoglie più campioni e dal 23 dicembre ha cessato di fare analisi?
Certo che lo sa, ma per lei siamo ancora al 13 dicembre 2020, e che diamine, e quindi tutto si può sistemare!
Peccato che abbia avuto quasi due anni per dare attuazione ad una norma che, ad oggi, nessuno ha dichiarato incostituzionale (e taccio su quanti hanno boicottato la legge che promossi io nel 2009).
Perché forse l’Assessora non lo sa, ma non è il TAR che stabilisce ciò che è legittimo costituzionalmente o meno. Ha sollevato il dubbio, certo, ma si è ben guardato dal sospendere, come richiesto dai ricorrenti, le procedure di concorso.
Come a dire: il TAR ha il dubbio, ma sarà la Corte Costituzionale a stabilire se quella legge non rispetta le norme fondamentali, quindi tu Regione, se realmente lo vuoi, procedi pure ad assumere i dipendenti ARAS e far funzionare il laboratorio e tutto il sistema di assistenza alle aziende.
Invece, di ritardo in ritardo, si è arrivati al punto di abrogare una legge, ad oggi, legittima per approvarne una che dispone, in modo confuso e non meditato, comunque di assumere, senza concorso, i dipendenti ARAS. Però dispone che questo avvenga a tempo determinato per due anni. Quindi? Dov’è la differenza con la legge precedente? Quella è illegittima e invece questa è legittima, perché l’assunzione è solo per due anni? Ridicolo. Tragico per gli effetti sulle persone, ma ridicolo.
Sembra la storia di quello al quale chiedono se è vero che la figlia, minorenne e nubile, è incinta. Il poveretto, colto di sorpresa e imbarazzato, risponde: si, è incinta, ma… poco, poco; è illegittima, sì, più della precedente, ma poco poco, il tanto per tirare avanti.
Il terzo pensiero, il più importante, è rivolto a tutti i dipendenti di ARAS, vittime delle scelte fatte dai loro ex amministratori, e a tutto il comparto del lattiero caseario, fatto di pastori, allevatori, imprenditori e tanti altri, che si trovano alla mercè della inerzia voluta, della insipienza e incompetenza di chi avrebbe dovuto, per tempo e con giudizio, applicare le norme già vigenti e dare prospettiva a tutti, invece di baloccarsi con i calendari Giuliani utilizzati nella Santa Madre Russia.
Stefano, visto ciò che scrive, mi corre l’obbligo di informarla di alcune cose che evidentemente non sono di sus conoscenza. La mia esperienza comincia prima che si formasse l’ARAS con un concorso pubblico (prova scritta) presso la Facoltà di Veterinaria di Sassari nel 1981 che vinsi e a cui seguì un corso di 4 mesi presso le Facoltà di Agraria e Veterinaria di Pisa, da 2 ottobre 1981 al 2 febbraio 1982 con esami finali su tutte le materie del corso fra cui Zootecnia, Genetica, Statistica, ecc. Selezione severa tanto che mi ricordo un certo numero di partecipanti (6 o 7 su 35) non passò l’esame finale. Successivamente prese vita l’ARAS e fummo assunti. Nei primi anni il personale, già qualificato, seguiva dei corsi di aggiornamento sulle materie più prettamente inerenti l’attività, in particolar modo quello che ruota intorno all’alimentazione e alla salute degli animali. A questo riguardo posso garantire che a livello Italiano non temevamo nessun confronto con i colleghi anche di zone, sulla carta più vocate per il bovino da latte, quali quelli della pianura Padana. Quindi, per quanto mi riguarda, quello che lei scrive non corrisponde al vero, la informi inoltre che la RAS ha sempre finanziato al 100% le convenzioni con ARAS, di fatto abbiamo svolto innumerevoli incarichi di pubblica utilità, non presenti nel mansionario, senza percepire un soldo in più. Quindi rigetto le sue considerazioni, quasi 39 anni di onesto lavoro fatto con passione e dedizione, non possono essere prese per oro colato. Si informi meglio.
Carissimo , le sue parole contro l assessora sono giuste e serie , purtroppo stiamo parlando di una persona inadeguata e incompetente per un ruolo cosi delicato e fondamentale( parere personale su attività politica) , una testa di legno , le sacrosante colpe , della situazione aras bisognerebbe attribuirle ai mandanti , che hanno ,sottobanco ,gestito la vertenza. Ora e’ necessario fare quadrato , per il bene della zootecnia sarda e non mettere i bastoni fra le ruote anzi favorirne la risoluzione nel piu’ breve tempo possibile .
Sono un ex dipendente Aras, Veterinario, ho lasciato l’incarico due anni fa, quando chiari segnali lasciavano intravedere la catastrofe all’orizzonte, per fortuna avevo altre opportunità e ho preferito rischiare.
Sono stato assunto in ARAS con regolare concorso nel 1993,
Per anni poi il reclutamento è avvenuto in base ad una graduatoria in cui ciò che contava era il voto di laurea.
In anni di zero impieghi pubblici ARAS ha raccolto tutti i 110 e 110 e lode presenti sul mercato.
L’assistenza tecnica che abbiamo erogato è stata continuativa anche quando non venivamo pagati . Lo dico con orgoglio, tanto più che non ho nessuna posizione personale da difendere.
Giusto per rimarcare che chi butta fango sull’ARAS appartiene spesso a carrozzoni pubblici che veramente poco hanno fatto in questi anni in aiuto a comparti cui dovevano la loro esistenza
L’ARA(S) nasce per fare assistenza alle aziende agricole e si mantiene in piedi grazie ad una convenzione con la RAS. Negli anni le procedure di assunzione hanno avuto un iter non proprio “trasparente”, a seconda del “vento” che dominava. Gli stessi assunti, in molti casi, hanno usato ARA(S) per crearsi un bacino di committenti di natura professionale che, spesso e non sempre, ha minato i rapporti con i liberi professionisti “puri” (quelli che nella vita campano unicamente dalla libera professione). Le leggi varate in loro favore (o soccorso), nel tempo, sono state spinte dalla voglia di consenso politico più che dalla volontà si stabilizzare tutti i dipendenti. E’ normale che oggi, dopo tanti passaggi politici e innumerevoli promesse, i dipendenti ARA(S) si sentano presi in giro, avviliti e frustrati. Ma non è normale che un AssessorA all’Agricoltura (paragonabile a un Romeo Benetti che vuol vincere la classifica cannonieri ai Mondiali di calcio) vada in giro a parlare a vanvera, usando questi lavoratori come proprio vessillo e “dandosi” le pacche sulle spalle come si fa con lo scolaretto che ha preso un bel voto! E’ altresì plausibile che qualcuno, in LAORE ma non solo, non veda bene questa “imposizione” in un’epoca dove, per il raggiungimento dell’agognato posto fisso, è d’obbligo una sacro-santa prova concorsuale .
Egregio Stefano, la mia posizione sta nella legge da me proposta e approvata che infatti prevedeva un concorso per il reclutamento.
Vorrei porre un semplice domanda. Secondo lei è giusto che 300 persone, assunte negli anni a chiamata diretta, in base alle varie appartenenze politiche del momento, assunte in un ente che faceva assistenza tecnica a singhiozzo, pagati da fondi pubblici. Oggi vengano assunti in Regione o da un ente regionale? Lascio le altre considerazioni. Vorrei sapere solamente, se lei ritiene sia giusto?
No, non è Beatrice.
Ha tutto un senso, che è attribuire la paternità delle scelte. L’assunzione degli operatori ARAS non può non avere un referente politico.
È un investimento elettorale.
Del resto, è dimostrato, le questioni di legittimità sono argomenti per noiosi salottieri, per inutili simulacri imbiancati del diritto.
È se persistono dubbi, esiste la Golden share o dell’interpretazione autentica.