Ieri è stato reso finalmente cliccabile il Disegno di legge sui famosi 30 milioni di indennizzo aggiuntivo ai pastori, comprensivi degli aiuti per la crisi del latte ovino che di quelli per la siccità. Niente di nuovo sotto il sole: anche questo intervento va a iscriversi all’interno della disciplina del de minimis. Infatti i due regolamenti europei richiamati trattano esattamente questa materia. Sul massimale del de minimis ormai grava un po’ di tutto, con la differenza rispetto al passato che adesso esso è molto monitorato, vi rientrano anche alcune misure di accesso al credito, per cui gli agricoltori e i pastori dovranno prestare grande attenzione alle somme introitate. I contributi sono ancora a pioggia, ma ormai le strutture statali e europee contano le gocce.
Quando scoppiò la crisi del prezzo del latte ovino, che è ciclica e richiede una seria programmazione dell’offerta, dicemmo che l’articolo 5, comma 31, della legge finanziaria 2017 (aprile 2017) era scritto in modo tale rendere le cifre non spendibili (e bisogna ricordare che il testo di quel comma non fu certo farina del sacco della Giunta regionale).
Infatti ad oggi non ne è stato speso manco un euro.
Poi si è provveduto a modificarlo con la legge 19 dell’8 agosto 2017, frutto della protesta dei pastori: i 14 milioni originariamente appostati per ritirare dal mercato forme di formaggio e distribuirle agli indigenti (in modo da svuotare i magazzini dei produttori e far salire il prezzo) vennero divise in due voci:
1) 2 milioni per ritirare formaggio e distribuirlo agli indigenti;
2) 12 milioni da dare alle sole imprese del comparto ovino per il deterioramento (boh!) delle condizioni di produzione e di mercato della campagna 2016-2017. Ovviamente, giacché al momento non si sapeva bene come distribuire questo denaro, si scrisse che si rimandava a una delibera di Giunta per le modalità attuative.
Ieri l’ultimo round: si modifica (ed è la terza volta, perché c’è stata la minaccia della terza manifestazione) la legge precedente e si prevede:
1) di incrementare la dotazione finanziaria di 30 milioni (si arriva così a 44 milioni totali);
2) di erogarli in regime di de minimis;
3) di erogare le somme secondo le procedure del Decreto Legislativo 102/2004, che è quello che regola il Fondo di Solidarietà Nazionale.
Qui viene il bello.
Noi del Partito dei Sardi abbiamo sempre detto che la risposta all’emergenza siccità doveva avvenire attraverso una rimodulazione del Por e un rifinanziamento di almeno 20 milioni della misura 5.2 e che la crisi legata al prezzo del latte andava affrontata con interventi strutturali e non con interventi a pioggia (si vedano a proposito i ripetuti interventi di Pier Mario Manca, di Mario Uras, di Gianfranco Congiu e di Roberto Desini).
Oggi scopriamo che le modalità di erogazione dei quasi 50 milioni appostati dal Disegno di legge approvato in Giunta sono quelle previste dal Decreto Legislativo 102/2004 che sono le stesse, più o meno, della misura 5.2 del Por. Tanto rumore per poi cadere sulle uniche misure razionali che potevano essere messe in campo subito, tempestivamente e efficaciemente, anche senza aspettare i clamori della piazza.
Noi rimaniamo dell’idea che i pastori e gli agricoltori abbiano bisogno più di esperti che di capipopolo e che il governo regionale debba recuperare la capacità di non fare trattative sui camioncini a bocca di Consiglio Regionale mentre si fanno le leggi. La leggi serie non si fanno in piazza e un governo che dovesse temere la piazza anziché interpretarla e prevenirla dimostrerebbe di essere un governo senza cultura e capacità di governo, cioè un governo di cui si può fare a meno attraverso la democrazia diretta, la democrazia della piazza e del patibolo.
Poi c’è il capitolo delle coperture finanziarie. A chi sono stati tolti i soldi necessari a finanziare ciò che poteva tranquillamente essere finanziato col Por? Questo lo racconto domani.