Cominciamo col dire che il fallimento del bando della continuità territoriale non è tecnico, ma politico.
E proseguiamo col dire che l’unico esente da responsabilità è l’assessore ai trasporti attuale, catapultato nella poltrona più scomoda della Giunta da pochi giorni (sebbene sia una sua colpa aver accettato di stare in Giunta col massimo responsabile dello sfacelo dei trasporti sardi, cioè il presidente Solinas).
Il rischio in questi giorni è che si taccia della natura politica della crisi dei trasporti sardi e la si nasconda dietro tanti aspetti tecnici. Già oggi sui giornali piovono suggerimenti: e chi dice che bisogna escludere i mesi estivi, e chi dice che i soldi messi a bando per gli oneri di servizio pubblico erano e sono pochi (40 milioni di euro), e chi dice che si doveva fare un bando unico per i tre scali, in modo da non lasciare a terra Alghero. Tutte cose vere, ma di dettaglio, il cuore del problema è un altro.
Se c’è un modo per non aggredire alla radice il problema è questo: partire dalle conseguenze e non dalle cause.
La causa è presto detta: la Sardegna a guida sardista, a guida Solinas, nel marzo 2019 ha rinunciato ad affermare di fronte all’Unione europea che i sardi hanno diritto alla libertà di movimento e che non possono essere le minacce di ricorso di una compagnia aerea a inibire un’istituzione come la Regione nel perseguire le politiche che danno gambe e sostanza a questo diritto. Il bando predisposto dall’assessore delal Giunta Pigliaru, Carlo Careddu, era sfidante in questo senso e negoziato con l’Unione Europea. Solinas lo ha ritirato nel marzo 2019, partecipando a una videoconferenza da solo, senza pareri di tecnici e di amministrativi dell’assessorato. Questa è la responsabilità politica: rompere una virtuosa continuità amministrativa senza aver in testa alcuna strategia alternativa, nulla, solo il desiderio di non dover fronteggiare fino in fondo un possibile ricorso. Questo significa avere una mente non adeguata al potere conquistato, una mente piccola e timorosa.
Ma c’è di più.
C’è il fatto che i trasporti per la Sardegna sono proprio la frontiera politica che mostra come l’autonomismo in salsa classica sia insufficiente ormai a tutelare i diritti dei sardi.
Nei trasporti, più che in altri settori, chi regola il mercato, fa il mercato. Chi decide quali sono gli hub; chi decide, soprattutto, se i trasporti siano per un’isola banali servizi il cui prezzo è determinato dal gioco della domanda e dell’offerta oppure attività strategiche legate indissolubilmente alla vigenza del diritto alla libertà di movimento; chi decide tutto questo decide dei sardi e senza il loro consenso.
I Sardi, nell’impoverimento culturale generale nel quale è precipitata la politica isolana, hanno abbandonato qualsiasi eleborazione politica teorica sulla propria libertà, affidandosi invece al pragmatismo più sfrenato, col risultato di aver gettato alle ortiche la cornice ideologica, culturale e civile che invece avrebbe dovuto pesare enormemente nella trattativa con lo Stato.
Iniziò Soru quando, in solitudine anche lui, barattò il costo della continuità territoriale con un bel po’ di Iva in più, seguendo un ragionamento suicida ma che, come al solito, aveva la razionalità della follia nei presupposti della follia. In sostanza Soru diceva: in cambio di un riversamento in più della ricchezza prodotta dei sardi, cosa impedirebbe di impiegarne una parte, con l’esercizio della nostra responsabilità, per pagare il costo aggiuntivo che i sardi scontano nei trasporti per il fatto di essere un’isola (ancora la panzana dell’insularità non era stata inoculata)?
Allora in pochissimi, aggrediti da tutte le parti, in perfetto stile da chiesa rossa, facemmo notare che il costo della continuità territoriale doveva essere a carico della fiscalità generale dello Stato perché lo Stato doveva abbattere uno svantaggio non voluto dai sardi, ma dalla geografia, esattamente come recita la Costituzione.
Invece Prodi riuscì ad affermare il pessimo principio secondo il quale lo Stato avrebbe restituito ai sardi i loro soldi con i quali i sardi si sarebbero pagati i loro svantaggi. Ma se i Sardi si pagano con i loro soldi i loro svantaggi, dovrebbero come minimo disporre anche dei poteri per regolare i loro mercati.
Invece no.
I costi ai sardi, i poteri saldamente e sempre in mano allo Stato italiano.
Da qui partì un pasticcio infernale che ha un nucleo, messo in evidenza molto bene dall’assessore ai trasporti della Giunta Pigliaru, il prof. Massimo Deiana. O i Sardi accettano di varare un bando sfidante (cioè un bando che difenda il diritto dei sardi) e di andare a giudizio dinanzi ai tribunali UE per difendere i propri diritti, o la sola minaccia dei ricorsi sarebbe stata la pistola lasciata sempre carica per minacciare la Sardegna di una procedura di infrazione o di quant’altro pur di inibirla e ammansirla verso una mini continuità territoriale solo su Roma e Milano e solo per i mesi invernali.
Solinas arriva nel 2019 e sceglie di arrendersi, sceglie il piccolo e incontestato per quanto sommamente ingiusto, e solo per questo meriterebbe che un Consiglio regionale serio gli chiedesse le dimissioni e lo inchiodasse con una mozione di sfiducia alle sue responsabilità. Si tratta di psicologia civile servile, di un popolo che ogni tanto viene accucciato non dall’Europa, ma dai suoi governanti.
Trovo assurdo e inaccettabile che il diritto alla mobilità dei sardi e all’accessibilità della Sardegna, e di tutte le isole, sia fortemente condizionato dalle decisioni di burocrati europei lontanissimi anni luce dai nostri problemi.
Questi operano in forza di regolamenti comunitari che tutelano il mercato libero dei servizi aerei e marittimi; che trattano le imposizioni di obblighi di servizio pubblico come limitate eccezioni al principio di libera prestazione. Questi regolamenti non tutelano gli abitanti delle isole ma tutelano le compagnie aeree e marittime, sempre pronte a minacciare denunce presso la Commissione UE contro gli stati membri che, a loro dire, minacciano la libera prestazione ogni volta che decidono di imporre obblighi di servizio pubblico su linee aere e marittime da e per le isole.
Un’ulteriore assurdità e rappresentata dalla fredda applicazione dei 4 punti della sentenza Altmark in tema di compatibilità delle compensazioni pubbliche in materia di aiuti di Stato. Anche in questo caso la sentenza tutela il mercato, non i cittadini serviti da quel mercato.
Con una Comissione UE più attenta ai lobbisti che ai cittadini e con compagnie aeree e marittime private che operano per perseguire il profitto e non per assicurare servizi di carattere pubblico, prerogativa, questa, delle aziende pubbliche, il tema continuità territoriale delle isole andrebbe affrontato e gestito con visione, notevole competenza ed enorme capacità politica.
In questi anni, anziché seguire la strada comoda e salottiera dell’insularità in
Costituzione, la politica sarda avrebbe dovuto scegliere la scomoda trincea e confrontarsi con tenacia contro il potere burocratico della Commissione e pretendere la modifica dei regolamenti comunitari che oggi vincolano notevolmente le scelte tecniche ed operative da adottare in tema di obblighi di servizio pubblico aereo e marittimo.
Avrebbe dovuto lavorare per invertire gli interessi in gioco. Prima quelli dei cittadini e delle imprese che vivono e operano nei territori insulari e poi quelli delle compagnie aeree e marittime.
Ricordo quando tutti puntavano il dito contro le compagnie pubbliche come la Tirrenia. Ora che ci sono le imprese private a garantire servizi marittimi e aerei non credo che i nostri problemi siano stati risolti. I disservizi sono rimasti, talvolta sono anche aumentati, ed in più li paghiamo anche cari.
Ottimo risultato.
… Semus pesados (allevati, ‘educati’, ‘allenati’) a sentidos de birgonza, timoría e mindhighia, che canes catzados a un’ala e mazados a fuste, bisonzos de ‘aiuti’, de ‘caridade’ e limúsina.
E PSd’Azistas, chie de prus, chie de mancu, no intèrpretes de sa realtade natzionale de sos Sardos a responsabbilidade e libbertade comente tocat, ma a dipendhéntzia de canes mazados.
E no chistionemus de sos prus “avanzati” de totu sos tricolores unu prus bellu de s’àteru.
Si sos Sardos, mai unidos e concordos che tazu de crabas macas, no l’agabbamus cun custa política miseràbbile, divisionista e infame de totu sos tricolores, de canes suta sa mesa ispetendhe sa parfaruza chi lis ruet de manos a sos limusineris, si mancu ndhe avassant, tempus pro prànghere e sighire a fàghere bucos in s’abba za bi ndh’at meda, che a pagare e a mòrrere etotu.
Una vera vergogna. Ma possiamo stare tranquilli: il presidente del Consiglio regionale Pais ha parlato con Salvini ed ha avuto rassicurazioni che tutto si sistemerà. Di grazia, come? Se non ci sono compagnie aeree disposte ad operare su Alghero, quale sarà la trovata di Salvini? Forse la nascita di una Air Fertilia?