di Paolo Maninchedda
Guardate i filmati qui sotto. Quartiere del Sole, Cagliari, oggi.
Se succedono queste cose, bisogna chiedersi, senza voler cercare colpevoli, ma per non rifare errori, perché le politiche urbanistiche hanno costruito in modo così immemore rispetto ai percorsi dell’acqua.
E poi torno a dire che i miei amatissimi alberi farebbero molto: molta protezione e molto lavoro.
Caro collega Salcan, il problema di Marganai è di natura più profonda: cosa vogliamo fare delle foreste? ricordo (con orrore) la casa delle mie zie zitelle al paese. C’era una stanza piena di ninnoli bellissimi, con il divano incellofanato e la televisione mai usata. Lì non si poteva entrare, forse neppure respirare forte, perché magari si spostava qualcosa… vogliamo che le nostre foreste siano tutte così oppure magari il 3% di esse può diventare la nostra “cucina”, il nostro “soggiorno” cioè dove viviamo e dove troviamo sostentamento, dove alcuni di noi si possono guadagnare il pane lavorando con criteri che consentano la sostenibilità? possibile che si ritenga preferibile il petrolio o la legna toscana o corsa? bisogna davvero farsi delle domande e rispondere, al di là di convinzioni di facciata (o di comodo). non mi riferisco certamente a te ma a chi ha pretestuosamente sollevato questa polemica sterile, che puzza davvero come una sordida lotta potere…
Massimo rispetto per quanto scritto dall’Ing. Salcan sull’idraulica ma, per quanto concerne le sue considerazioni sulla lecceta, lo invito a prendere contatti con i tecnici di settore che – sulla base di dati scientifici e selvicolturali, hanno identificato l’oggetto dell’intervento sperimentale nello 0.7% areale (SIC) e quindi 2.7% della foresta effettiva (piante con età media 50/60 anni). Un conto sono le impressioni personali ed un conto quelle di natura tecnica.
Non è la prima volta che segnalo le gravi manchevolezze che caratterizzano i lavori pubblici da molti anni: i progetti sono quasi tutti sbagliati idraulicamente o quanto meno carenti, non si tiene più conto dello smaltimento delle acque meteoriche, e le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti, asse mediano, viale poetto, eccetera eccetera.
Basta osservare le barriere che dividono le due corsie di marcia della 131: le fessure per far transitare l’acqua sono assolutamente insufficienti, e per lo più intasate da terriccio e da vegetazione, idem per l’asse mediano.
La strada per Pula ben contornata da marciapiedi che impediscono il deflusso dell’acqua e la concentrano nei tratti più bassi, con conseguenti allagamenti.
Ponti che ostruiscono metà dell’alveo e che costringono l’acqua a giri vorticosi che scalzano i terrapieni e le rampe di accesso, vedi ultimi crolli nel novembre 2013 in Gallura.
Ultima considerazione: i lecci del marganai evidentemente non rientrano nel novero degli alberi “amatissimi”
Noi Ogliastrini tremiamo ogni volta che piove ormai da dieci anni.
Per non dimenticare le morti e lo scempio di Villagrande.
Grazie, Paolo per l’interessamento sincero.
Noi Ogliastrini tremiamo ogni volta che piove d ormai dieci anni. Per non dimenticare le morti e lo scempio di Villagrande.
Grazie, Paolo per l’interessamento sincero.