di Paolo Maninchedda
Appena nominato assessore mi trovai di fronte al magistrato su un’ipotesi di fallimento, poi revocata. E va bene.
Sono poi passati due anni con altre varie ipotesi di reato messe in campo e mai la parola fine.
Nel frattempo ho dovuto reggere qualcosa come un centinaio di articoli di stampa con rappresentazioni a volte infernali, a volte fantasiose, a volte ridicole. E sono stato zitto o ho parlato il tanto necessario.
Adesso, mentre si sta svolgendo un delicato dibattimento dinanzi al Gip, ecco il nuovo fuoco di artificio sui debiti di Abbanoa, che sono – purtroppo – quanto di più chiaro e certificato ci sia in circolazione e sui quali ci sono pareri e scritture mica di funzionari regionali, ma di società di certificazione, dell’Avvocatura dello Stato, della Sfirs, ecc. ecc. Si parla di cose senza conoscere le cose, ma intanto se ne parla e la colpa non è dei giornalisti, ma di chi segmenta una porzione di mondo e ne nasconde un’altra per fornire una visione deformata dell’universo. Einstein aveva ragione.
Abbanoa è una Spa, non una piccola società locale. È una società che va bene non solo se è ben gestita, ma anche se è sostenuta moralmente nei suoi sforzi di cambiamento, di rinnovamento, di efficienza. Abbanoa è, nel bene e nel male, l’eredità dell’autonomia regionale, delle sue inefficienze, dei suoi sprechi, delle sue magniloquenti ambizioni smentite dalla pochezza delle sue opere. Abbanoa è una sfida di cambiamento, di rinnovamento, di speranza.
Posso dirlo senza timore di smentita: ho difeso Abbanoa per difendere la Sardegna e i suoi bilanci; ho difeso i suoi 1.500 dipendenti, ho difeso il suo diritto alla prima capitalizzazione, il suo diritto a non subire interferenze politiche nella gestione, il suo dovere a sbloccare la montagna di progetti e lavori che devono essere realizzati, il suo dovere rispetto ai sistemi gestionali di qualità, il suo obbligo ad avere rapporti di prossimità con i sindaci, il suo dovere a produrre acqua di qualità, a depurare in modo efficiente. I bilanci in ordine, la fatturazione fatta sulle letture, i conguagli rinviati di un anno in accordo con Anci, il revisore cercato con bando, la certificazione di qualità, lo sblocco di un po’ di cantieri (non di tutti e su questo bisogna continuare a lavorare), l’istruttoria positiva dell’Aeegsi, la lotta contro la morsa mortale delle banche, la riduzione del sistema di aiuti autorizzato dall’Ue per 42 milioni (unico caso in Europa di un regime di aiuti autorizzato che viene ridotto a vantaggio delle finanze pubbliche. In poche parole, si sono tolti 42 milioni a Abbanoa e li si è restituiti al bilancio regionale), sono alcuni dei risultati.
Tuttavia io non sono san Sebastiano, che benché trafitto da un nugolo di frecce rimase in vita. Non basta più un assessore laborioso e volenteroso.
Tre anni e mezzo di indagini e uno stillicidio di indiscrezioni sempre ben calibrato e a tempo non sono sostenibili neanche da grandissime società e da coraggiosissimi assessori. La Giunta regionale, non il singolo assessore, deve affrontare il problema e deve dirimerlo. Quando sarà possibile porre il caso in modo da non essere sospettabili di interferenza con il lavoro di altre strutture del disordinatissimo e ferocissimo stato italiano, lo farò.
Non viviamo in uno Stato civile e ordinato. Viviamo in mezzo a ordalie quotidiane, a contrasti immobilizzanti, a ipocrisie diffuse e io che ho una forte vocazione monastica (e quindi al ritiro in luoghi solitari) purtroppo interferita dalle esuberanze della vita, ne ho le tasche piene e il cuore gonfio.
Comment on “Abbanoa, san Sebastiano e la civiltà”
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Forza e tira dritto….abbi una progressione del CREDO!!!!