Regolamento della Federazione Italiana Gioco Calcio Nel lessico calcistico, l’arbitro è chiamato, anche, giudice di gara, dato che il suo ruolo è quello, nel corso della partita, di far rispettare le regole, giudicando gli episodi di gioco, infliggendo punizioni, ammonizioni, espulsioni e, infine, sancendo, con triplice fischio, il risultato finale.
Si può dire che il ruolo dell’arbitro è tutt’altro che facile e che, troppo spesso, almeno una parte degli spettatori non esita a indicarlo quale colpevole della sconfitta della propria squadra, con conseguente rosario di epiteti volgari, indirizzati al malcapitato, o più spesso, alla moralità della sua genitrice.
Consci di questo ruolo e nel tentativo di limitare gli argomenti a favore di coloro che pongono sempre dubbi sulla integrità della classe arbitrale, la loro associazione (Associazione Italiana Arbitri) che governa in autonomia le carriere degli arbitri, ha regole severissime relativamente alla possibilità degli associati di intrattenere rapporti con le società calcistiche, anche dopo la fine della propria carriera. Certo tutti questi sforzi non eliminano la generale tendenza ad abbandonarsi al turpiloquio dei tifosi delusi da una sconfitta, ma almeno limitano di molto le chiacchere e i retropensieri. Immaginate se un arbitro in attività, poco prima di concludere la propria carriera, diventasse Direttore sportivo della squadra più importante di quel campionato: come minimo, i tifosi delle altre squadre, oltre che utilizzare a piene mani il repertorio di epiteti offensivi, andrebbero ad assaltare la sede dell’AIA. I dirigenti delle altre squadre, non potendo assaltare la sede dell’AIA per ovvi motivi di opportunità, chiederebbero di invalidare il campionato in corso, ma anche quelli precedenti.
Insomma, un disastro.
Regolamento della Federazione Italiana Amici di Solinas Ipotizziamo che, data la similitudine del ruolo, anche il Consiglio di Presidenza della Giustizia Amministrativa (sarebbe l’AIA dei magistrati del TAR e del Consiglio di Stato) abbia valutato che concedere “il collocamento in fuori ruolo” (si tratta del permesso di ricoprire un incarico presso una pubblica amministrazione, pur rimanendo stipendiati dal Ministero di Grazia e Giustizia) al Dottor Francesco Scano, magistrato del TAR Sardegna, per ricoprire il ruolo di Segretario generale della Regione Sardegna, non sia esattamente una idea brillante, dato che darebbe un ulteriore colpo alla vacillante credibilità della categoria.
Problema tanto serio e reale che lo stesso Presidente della Repubblica, nei giorni scorsi, ha ritenuto di intervenire sull’argomento, affermando: «I poteri si confrontino senza erodersi a vicenda, va superata la degenerazione correntizia, la riforma del CSM elimini le prassi inaccettabili degli scambi di favori».
Essere più chiari e autorevoli di così è difficile.
Il Dottor Scano ha preso possesso dell’ufficio di Viale Trento destinato al Segretario generale, ma nessuno sa con quale formula sarà prestato, dalla giustizia amministrativa, all’amministrazione attiva.
L’argomento relativo all’opportunità che un “arbitro” vesta la maglia di una squadra per scendere in campo è di indubbio valore e certamente, comunque vada, farà discutere a lungo, ma c’è un aspetto che, fino a ora, nessuno ha affrontato e riguarda la competenza.
Come è stato scelto l’arbitro? Torniamo, per un momento, al paragone con gli arbitri di calcio. Un arbitro può fare una carriera anche di 25 anni, iniziando dal settore giovanile per finire, se bravo e fortunato, ad arbitrare la finale del Mondiale. Gli arbitri conoscono, meglio di tutti, le regole del calcio e ogni settimana dirigono una partita e magari incontrano i migliori calciatori del momento e i migliori allenatori. Insomma mettono insieme una lunga e articolata esperienza che, per alcuni, arriva ai massimi livelli. Però, fateci caso, nessun arbitro, vuoi per rispetto verso il ruolo svolto, ma anche per scelta, diventa mai allenatore di calcio. I calciatori, anche gli onesti mestieranti, possono diventare eccellenti allenatori.
Gli arbitri, no.
Perché magari sanno tutto delle regole e hanno diretto mille partite, ma non hanno mai giocato: non conoscono la fatica della corsa, del fiato che manca, della gomitata proditoria che neanche l’arbitro vede, delle articolazioni che dolgono e dei tendini che cedono. Conoscono tutto delle regole del calcio e hanno, magari, arbitrato benissimo, ma non hanno mai giocato sul campo vero.
Sì, magari, c’è qualche esperienza giovanile in qualche squadretta parrocchiale o amatoriale, ma non hanno mai giocato nelle serie professionistiche, dove i risultati contano davvero.
Perciò con onestà intellettuale e rispetto di se’, gli ex arbitri, non si propongono per fare gli allenatori e, con altrettanta chiarezza di idee, nessuna squadra assumerebbe uno di loro come allenatore.
Il parallelismo può andare avanti ancora, ma è opportuno essere espliciti. Perché il Presidente Solinas e la Giunta hanno deciso di affidare il ruolo di vertice massimo dell’organizzazione dell’Amministrazione regionale a un magistrato amministrativo a un passo dalla pensione? Quali indicazioni hanno tratto dal curriculum del designato, per pensare che sia la persona giusta per guidare, organizzare, indirizzare una macchina amministrativa molto grande e complessa?
Come costume della Giunta Solinas, la delibera di nomina non contiene nessuna motivazione che giustifichi la scelta fatta e, ovviamente, non è allegato nessun curriculum del nominato. L’unico curriculum rinvenibile nel web risale al 2014. Non è necessario fare nessun commento. Rimane la certezza che, per Solinas, le esperienze pregresse vanno valutate da lui nel suo foro interno, senza dover dare spiegazioni a nessuno. In tutto questo disordine, di arbitri che scendono in campo e indossano maglie di parte, nessuno più sembra preoccuparsi dei falli, che nel frattempo, vengono commessi in campo.
I falli solo su denuncia E sì, è proprio così. L’altro giorno il Procuratore della Corte dei Conti si lamentava che, sul suo tavolo, arrivano poche segnalazioni di cattiva amministrazione su cui indagare e intervenire. Ma una procura, dotata dei poteri di indagine, non dovrebbe agire per suo conto? Ci vuole una segnalazione formale per rendersi conto che, aspettando la fine della pantomima della nomina del Segretario generale, l’Amministrazione regionale è stata rallentata, quando non paralizzata, dall’attesa messianica? È necessario che intervenga un sindacato (lo SDIRS che tutela i dirigenti regionali) per richiamare il Presidente della Regione al rispetto dei suoi doveri? Tutti gli arbitri, sempre occhiuti verso i piccoli amministratori, che fanno? Tutti distratti?
Il mercato al dettaglio degli interinali Mentre i magistrati si struggono sull’etica dei magistrati e si dilettano nella pratica di esserlo come vogliono loro, mentre attendono denunce per vedere ciò che è illuminato a giorno, in Consiglio regionale c’è chi vorrebbe mettere a correre 4,5 milioni di euro perché la Regione non faccia concorsi (tirando fuori la menata del Covid) ma assuma interinali (qui l’emendamento).
E qui io volevo arrivare, a trovarne almeno un paio con le dita nella marmellata. Perché questa storia degli interinali è stata utilizzata da un pezzo di magistratura per montare un’accusa contro il Partito dei Sardi, mai indagato nella persona del suo legale rappresentante e mai portato in giudizio, i cui fondamenti sono adesso in discussione di fronte a un tribunale, ma è anche un argomento su cui né la magistratura né l’amministrazione regionale hanno mai voluto indagare su che cosa è successo negli anni a Cagliari e a Sassari; anzi, c’è stato un assessore pavonato della sanità che un giorno si è caratterizzato per essere un sollecitatore della trasparenza e un altro un giusitificatore della mancata fornitura di dati perché le Asl, alcune Asl, avevano troppo da fare.
Non parliamo poi di ciò che i partiti, alcuni e precisi partiti, hanno fatto con la fornitura di personale alle Asl attraverso le cooperative. Adesso, nella legislatura impudica della presidenza Solinas, senza pudore si fa la legge per usare interinali anziché fare concorsi.
Ma così è, non si sa che anche autorevoli esponenti della Giunta vengono dal mondo delle agenzie interinali? No, ovviamente no, non si sa, e che diamine! Del Partito dei Sardi si conosce anche il livello di glicemia, alle riunioni del Partito dei Sardi costantemente Digos e Servizi, a quelle degli altri ostriche e cozze e indagini solo su alcuni fenotipi, prevalentemente femminili, per evitare lesioni ai turbinati per quelli forti e silvestri dell’universo erricolo (cfr. sardo erre, maschio del maiale).
Non chiedo niente, ovviamente, solo che vi vergognate un po’, il tanto da ritornare umani e non vedervi arricciare il coccige a mo di coda sempre erricola.
Tutto il mondo è paese. Nel mio paese il sindaco, esercitando una sua prerogativa, nomina l’attuale presidente del consiglio comunale quale rappresentante del Comune in una società partecipata del Comune stesso. Nonostante che la legge (vedi D.Lgs n.39 dell’8 Aprile 2013) non lo consenta, ritenendo inconferibile quell’incarico. La “rinuncia” della consigliera (non si capisce a che cosa, visto che non si può rinunciare ad una carica per la quale esiste una inconferibilità) nei decreti successivi di nomina sostitutiva passa come un normale avvicendamento, a nulla essendo valsi i richiami al rispetto delle disposizioni. Si è perso il pudore, quello del senso comune. E sembra una sfida impossibile il richiamo anche al buon senso.
Ite bisonzu b’at de èssere Facce di bronzo pro no sentire birgonza (o pro no si pàrrere si, pro fadhina, lis faghiat sa cara ruja)?
Bastat de èssere gigantes che a sos de Mont’e Pramma (isperendhe chi sos antepassados nostros de s’antigóriu no si ofendhant pro su paragone, ca tantu custos de su museo no sunt de materia ispirituale e issos, antepassados, ant zai cumpresu totu).