di Paolo Maninchedda
Oremus fratres.
Letta ieri mi è piaciuto. Il fatto che tutto il personale di Palazzo Chigi lo abbia applaudito all’uscita, mi pare significhi qualcosa sulla sua persona.
Mi dicono che ha anche sangue sardo (sangue freddo però, non caldo come il nostro). E allora ho pensato: «Vuoi vedere che ieri gli è venuta in mente S’iscomuniga de Predi Antiogu arrettori de Masuddas»?
Il senatore Francesco Sanna (o deputato? no m’arregordu) la conosce benissimo (me ne recitava pezzi interi in Consiglio regionale). Per i pochi che non la conoscono, la ‘Sgomuniga’ è un testo anonimo in ottonari, la cui prima stampa risale al 1879 (ma il testo è sicuramente più antico); ve ne sono diverse edizioni in commercio (lo studio migliore è quello del Wagner del 1942), la più famosa delle quali è curata da Antonello Satta per le Edizioni della Torre.
Qualcuno (fuanta prus de cincu o sesi) rubò al parroco (Letta) di Masullas le sue capre (e is crabas ind’anti lliau / de mimmi su vicariu). Ovviamente il parroco minacciò la scomunica (Basciu pena ‘e scomunioni / e scomunioni magiori / a is chi anti furau a s’arrettori) ma offrì una via d’uscita a chi volesse autodenunciarsi (fai relazioni) nei due luoghi della coscienza pubblica: in Curia o in cunfessioni.
Nel testo, il parroco, prima descrive con affetto tutte le sue capre e i suoi caproni (uno brabudu e l’altro incorradori), poi descrive la meschinità morale dei compaesani (italici?) e si toglie qualche soddisfazione (Gramsci in carcere deve avere dedicato questi versi a Togliatti e compagni e ieri Letta deve aver fatto lo stesso con altri):
“Popolo di volpi (totus mragianis) piccoli ladri felini (furuncus che isu ‘attu), imbroglioni organizzati (framassonis, non traducibile semplicemente con ‘massoni’), invidiosi degli altri fino a perdere gli occhi (imbidiosus de s’allenu / chi s’indi sattant is ogus), poltroni come cani , volete vivere di furti senza lavorare, (praizzosus che isu cani / ca ‘olleis bivi de fura / e senza de traballai), banditelli tonti (malandrinus sene contu), io (Letta) vi aspetto (al mio ritorno dall’estero), guardate!, (Deu s’abettu, labai!), non scherzate né con santi né con diavoli (ni cun santus, ni cun tiaus / no inci brulleis meda) altrimenti già da oggi dovete render conto (asinuncas oi e totu / ind’eis a torrai sa sceda), e vi vorrò vedere col bastone, divenuti ormai come ganci (e s’apo a biri a bacceddus /fattus a cancarroni) morirmi innanzi per la via senza confessione (morendu me in sa ‘ia / sena de cunfessioni)”.
Amen.
Ancora una volta, bravissimo. Riesce sempre a coinvolgerti con la lettura: interessante, istruttiva, rilassante, dotta e appagante. Complimenti davvero, è un piacere leggere i suoi articoli, saggi, libri, ecc.
Saluti