di Pina Garippa
Nei servizi di Neuropsichiatria per l’Infanzia e l’Adolescenza si incontra il dolore vero: quello della diagnosi da comunicare a un genitore su una patologia psichica del proprio figlio. E la patologia della psiche è quella più difficile da accettare e da comprendere, perché ti chiedi come sia possibile, perché ti chiedi: “Perché a mio figlio” . Dopo la diagnosi arriva il quotidiano: la scuola, i compagni, gli altri genitori, e ancora, l’ostacolo più grande, che in molte situazioni continua a chiamarsi: emarginazione e diversità.
Un figlio ci fa male, da appena decide di venire al mondo.
Ma il dolore e la malattia di un figlio ci sconvolge. Ci distrugge. Ci annienta e non ci lascia parole.
Chi lavora in questi servizi deve dare un suono a quel silenzio assurdo, a quelle lacrime.
A questi genitori tocca iniziare la giornata, ancora più presto degli altri genitori, insieme ai loro figli. Instancabili si muovono tra terapie riabilitative, psicoterapie, interventi educativi e socio-sanitari e spesso li vedi con il sorriso e impari come si vive la vita.
Sabato scorso alla sala convegni del CIS di cagliari si è svolto un seminario di studi e abbiamo parlato di Infanzia e Adolescenza. Abbiamo dato i numeri della sofferenza e della difficoltà dei servizi sanitari a rispondere a tutti.
Io ero lì come testimone privilegiata di un dolore da raccontare, per dare parole ai bambini , alla loro sofferenza, a quella dei loro genitori e anche degli operatori che se ne occupano.
Ma non c’è stata solo sofferenza… C’era tanta bellezza sabato tra di noi, perché c’era anche un gruppo di adolescenti, di quelli di cui parlavo prima, di quelli che hanno sofferto da subito e che, aiutati da una psicologa, collega eccelsa, stanno facendo un percorso per raggiungere “una maggiore consapevolezza di sé”.
Hanno scritto questa poesia per raccontare come stanno cercando di trovare una strada, nonostante le loro ferite, nonostante tutto. E’ un esempio meraviglioso di cosa sia la resilienza (= capacità dell’uomo di affrontare e superare le difficoltà venirne fuori rinforzato e addirittura trasformato positivamente).
“Ho paura di guardare dentro me stesso…MA dai, ce la do una sbirciata!
Ho paura del giudizio degli altri, ….MA non gli do molta importanza.
Ho paura di non saper stare da solo, …. MA nella solitudine posso scoprire di essere forte.
Ho paura di perdere ciò a cui tengo, ….MA nella perdita si può trovare un senso.
Ho paura di essere dipendente, ….MA posso riuscire ad essere libero e autonomo.
Ho paura di dire ai miei genitori che mi hanno fatto soffrire tanto, ……MA spero un giorno di riuscire a comprendere.
Ho paura del futuro, MA…come afferma Nelson Mandela: “sono io il padrone del mio destino, il capitano della mia anima”
Ho pensato che dobbiamo meritarcela questa generazione di figli. Dobbiamo impegnarci per lasciargli un futuro: dobbiamo impegnarci instancabilmente per esserne degni.
“… non c’è solo sofferenza… c’è anche tanta bellezza…”
Tutti abbiamo un po’ di paura.
Solo una parola: “Commovente” !