Stasera il Consiglio regionale, alle ore 16, discuterà una leggina per i lavoratori dei Centri per l’impiego. Essa, di fatto, allunga i tempi di durata del loro precariato, ma non li stabilizza.
Non è il momento di valutare se, come e quando la Pubblica Amministrazione deve usare i contratti a termine, né se sia giusto o ingiusto che chi ha lavorato per un determinato periodo per la Pubblica Amministrazione, debba e possa poi vedersi stabilizzato senza concorso. Il discorso si farebbe molto lungo.
È interessante, invece, sotto il profilo della cultura dell’autogoverno e della conoscenza del rapporto tra le possibilità del potere e il suo concreto esercizio, notare un fatto. La Corte Costituzionale italiana, il supremo organo politico e non giudiziario della Repubblica italiana, ha costantemente bocciato le leggi della Regione Sardegna finalizzate a stabilizzare i precari, perché violavano norme italiane sovraordinate (perché connesse con la stabilità finanziaria dello Stato). Le altre regioni d’Italia hanno sempre trovato il modo, attraverso i loro parlamentari, di inserire nelle norme nazionali italiane, deroghe a loro favore (si pensi alla Calabria). Di conseguenza, molte altre regioni hanno stabilizzato in deroga i loro precari anche dopo il 2008 (anno dell’ultima sanatoria).
I parlamentari sardi eletti nel Parlamento italiano sono stati su questo fronte (e su altri) inesistenti.
Nel frattempo, lo stesso Governo italiano che ha impugnato tutte le leggi regionali sarde sul precariato, si sta preparando a stabilizzare 100.000 precari dello Stato. Il tutto mentre nel 2012 si è registrato nelle amministrazioni dello Stato un incremento del 7%, rispetto al 2011, proprio dei contratti a tempo determinato. Lo Stato italiano produce precari, li stabilizza quando gli pare, ma non consente di farlo alla Regione Sardegna che nel Parlamento italiano è evanescente. (pm)