Si profila un’altra mazzata per le tasche ormai vuote degli italiani, quelli più poveri, con i sardi in prima linea. E’ l’ulteriore temuto e probabile aumento dell’Iva, l’imposta sul valore aggiunto applicata su tutti i beni e i servizi, lo spauracchio di produttori, commercianti e, naturalmente cittadini acquirenti che sono quelli che, in soldoni sonanti, se la devono di fatto accollare per la conseguente crescita dei prezzi al dettaglio.
È questa la variabile impazzita che rischia di frenare l’auspicata ripresa economica, benché leggerissima, prevista nel 2014. Centromarca, l’associazione che rappresenta i produttori di generi di largo consumo, lo fa capire chiaramente: “La normalizzazione del ciclo economico non sembra sufficiente a stimolare la ripresa degli acquisti. Servono scelte decise: al Governo chiediamo interventi urgenti a sostegno del potere d’acquisto delle famiglie, che sia cancellata qualsiasi ipotesi di aumento della tassazione sui consumi e che sia valutato in tutta la sua importanza l’enorme sforzo compiuto dall’industria e dalla distribuzione moderna per garantire alle famiglie un’offerta conveniente”.
Già nel 2012 e 2013 gli aumenti dell’Iva hanno provocato una perdita di un miliardo di euro in mancati acquisti. Se ci dovesse essere l’ennesimo ritocco verso l’alto, in pratica, le famiglie sarebbero portare a ridurre la spesa, rinunciando a beni non essenziali e canalizzando l’attenzione su prodotti qualitativamente meno competitivi, con evidente danno per il Made in Italy.
Molto dipenderà da cosa si deciderà in sede di Commissione europea. E c’è pessimismo poiché la tendenza è quella di favorire il risanamento delle finanze degli Stati proprio privilegiando l’aumento dell’Iva (anche perché l’Italia, rispetto a buona parte dei membri dell’Unione, applica aliquote basse).