Comunque vada, sarà un segnale. Se l’affluenza finale ai gazebo sarà un mezzo flop, il messaggio è chiaro: ci avete stufato e non vi crediamo più. Se invece la somma finale darà ragione a chi va già dicendo che è un successo il messaggio è altrettanto chiaro: abbiamo ancora la pazienza di darvi fiducia, vediamo quello che siete capaci di fare.
In entrambi i casi il Pd non ha scampo, se vuole fermare l’emorragia dei 4 milioni e passa voti di bersaniana memoria e tornare a essere un riferimento per il popolo di centrosinistra: deve cambiare. Anzi, deve rivoluzionare se stesso, quasi rinnegando se stesso. Basta politichese, basta grandi vecchi, basta magheggi, basta snobismi. E basta bugie. In tutta Italia come in Sardegna, dove anzi la geografia esaspera provincialismi e personalismi velenosi anzi letali per la politica.
Nell’Isola si vota in 348 seggi e c’e’ stata pure qualche fila. La linea ufficiale del Pd è: chiunque vinca, dal 9 dicembre il Pd non sarà più lo stesso. C’è da augurarsi che da quell’orecchio ci sentano i democratici sardi e capiscano che, continuando così, andranno inevitabilmente a schiantarsi contro chi gli chiede, forte e chiaro, di cambiare.
L’intoppo di ieri di Pippo Civati ha un che di sorprendentemente metaforico: finisce la benzina nella sua auto e lui fa l’autostop per raggiungere i suoi sostenitori a Cagliari. Il Pd di benzina ne ha usata a fiumi, l’hanno detto persino ai magistrati: e se gli tocca fare l’autostop, che lo facciano perché potrebbe essere l’unico modo per tornare a riprendersi chi li ha mollati