Chi sta ricostruendo la Sardegna? I sardi, non l’Italia.
Chi sta unendo la Sardegna? I sardi, non l’Italia delle denunce, dei giudici, delle divise.
Chi sta costruendo uno stato spalando il fango? I sardi.
Chi sta lavorando per la Sardegna? I sardi, non l’Italia che da sette giorni non fa altro che dire che abbiamo sbagliato, per confinarci nella cupezza della vergogna.
I sardi sono un popolo che sta scoprendo di non aver bisogno di tutele per essere uno stato.
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. I sardi furono costretti a condividere, nel bene e nel male, le scelte politiche e gli interessi economici del Regno “delle Spagne”, come si diceva allora, roccaforte del potere asburgico in Europa, seguendone la parabola storica attraverso il periodo di fulgore e di egemonia europea ( XVI secolo ) e il declino finale (seconda metà del XVII secolo ).
Un caso di sarcasmo involontario che può far comprendere il modo di ragionare di tanti giovani sardi in gamba che tuttavia, sempre più spesso, devono lasciare la loro terra. Il giorno dell’alluvione mia figlia si ricorda di un amico, medico, che lavora con la crocerossa internazionale e dovrebbe in quel periodo essere in servizio ad Olbia. Invia un sms per chiedere come sta e in quale situazione si trova. Nessuna risposta nè in giornata nè nei giorni seguenti. Prova anche a chiamare ma il telefono è muto. Finalmente, dopo diversi giorni, arriva una chiamata dalla Repubblica Ceca. E’ l’amico, che ha trovato le telefonate in memoria e quasi si giustifica di non aver potuto rispondere: “Ti ringrazio ma non dovevi preoccuparti per me: in quei giorni non ero neppure ad Olbia, ero in Afghanistan!”
ma quando mai un sindaco non distingue un allerta meteo di elevata criticità da uno di criticità elevatissima? ieri pomeriggio, su rai uno, l’indegna messinscena condotta da giletti tutta volta a suscitare ludibrio nei confronti dei sindaci dei comuni colpiti dal disastro; quei sindaci esaurientemente avvertiti da allerta meteo puntuali precisi e impeccabili, quei sindaci che hanno a disposizione tutti i mezzi per prendere i provvedimenti opportuni nei tempi dovuti (forse non è più che suffiente mezza giornata?), quei sindaci che con la protezione civile e il mario tozzi di turno sotto casa a renderli edotti non si capisce perchè non abbiano evacuato le loro città, paesi, villaggi e impedito la tragedia.
mentre lo stato italiano, da par suo, è da sempre impeccabile e vicino a tutti i suoi cittadini compresi noi sardi sprovveduti e sagraioli.
a vedere i tre sindaci zittiti immediatamente dalla intervistatrice, dall’incalzante giletti e dall’onnisciente mario tozzi quando si azzardavano a ipotizzare una minima responsabilità dell’organo statale, col pubblico che applaudiva il bravo presentatore quando lanciava i suoi strali contro chi non riesce ad interpretare i dettagliati e solerti allerta meteo, dal cuore è sgorgato un sincero “giletti, tozzi, gabrielli! ma vaffanculo!!”
è in onda lo scaricabarile dello stato italiano, tutto teso a dare per certo che la colpa è sempre di qualcun altro
Dal sito ufficiale del Partito sardo d’Azione :
Non ci sono distinzioni nelle tragedie.
Non ci possono e non ci dovrebbero essere alcune differenze.
Eppure, quando le si vive da vicino, quando si ha l’occasione drammatica di poterle toccare con mano, alcune tragedie mutano di dimensione e di potenza, e nell’impatto con cui le percepiamo, lasciandoci attoniti, senza parole, scuotendo nel profondo le nostre coscienze.
È difficile ammetterlo, anche se è fin troppo evidente; certi avvenimenti, prescindono dalla loro portata, dalla loro dimensione oggettiva, e ci coinvolgono e ci commuovono non soltanto nella proporzione della nostra sensibilità, ma soprattutto in relazione al rapporto di distanza, fisico od emotivo che sia, che intercorre fra questi e noi stessi.
Oggi tocca a noi, alla nostra Terra, dover sopportare gli effetti di un cataclisma impensabile fino a ieri, di una devastazione immane, di qualcosa che eravamo abituati ad apprendere soltanto dai mezzi di comunicazione, dalla televisione.
Tocca alla Sardegna, ora, tocca al nostro Popolo contare i morti, i feriti, i dispersi, tocca a tutti noi misurare le proporzioni di una tragedia che non possiamo più esorcizzare cambiando il canale della TV, ed allontanare chiudendo semplicemente gli occhi.
Eravamo e siamo totalmente impreparati psicologicamente, quelle morti ci schiacciamo, assieme al senso di smarrimento ed all’impotenza, alla frustrazione, e ci fanno sentire in parte responsabili, ed altrettanto incapaci di sopportarne il peso morale.
Oggi ci è toccato il turno, e siamo noi, a doverci far carico per primi della responsabilità di far fronte alle emergenze che si rincorrono, ai bisogni, alle urgenze che si sommano.
Tocca a noi, provare a riparare i danni, ci tocca prima degli altri, e ci obbliga a riconsiderare le cose essenziali del nostro vivere quotidiano, a guardarci allo specchio, e pure a guardarci alle spalle, ed a fare soprattutto bilanci della nostra condotta, personale e politica, di quanto abbiamo finora saputo e voluto impegnarci nei confronti del prossimo, nei confronti della nostra gente.
Di quanto abbiamo finora saputo fare per quel pezzetto di mondo per cui andiamo dichiarando solennemente di volerci far carico.
Ora, invece, nessuna parola è abbastanza, nessuna descriverebbe compiutamente la nostra afflizione, e quanto il nostro cuore sia gonfio di dolore.
Oggi per noi non c’è, non può esserci spazio alcuno per qualsiasi dichiarazione ufficiale, oggi soltanto il silenzio, ed il pianto sofferto per questa ennesima tragica prova che si è abbattuta sul nostro Popolo.
Nessun contesto opportuno per quella ritualità stanca e logora della solidarietà declamata, del protagonismo forzato, ambiguo e interamente inutile, fatto quasi soltanto per rispondere alle previsioni di un cerimoniale surreale e vacuo, e totalmente disumano.
Noi siamo altro, per fortuna!
Il Sardismo è altro, e piuttosto noi vogliamo dare un senso, trarre un insegnamento, dobbiamo osservare ed imparare, anche adesso, proprio mentre stiamo in ginocchio e tentiamo di risollevarci con fatica.
E trovare la forza e l’ispirazione per obbligarci a vedere quelle cose essenziali della vita, quelle davvero importanti e che valgon la pena di esser protette, di esser tutelate.
Quelle cose verso cui oggi, nella disperazione di questo diluvio, nel vuoto infinito di queste vite spezzate, di tutta l’immane distruzione che ci resta, ci siamo resi conto di aver rivolto il pensiero, e voluto mettere al riparo ed in salvo per prime.
C’è proprio bisogno di tanta forza, adesso, e noi lo sappiamo che siamo un Popolo forte, e che nuovamente ci rialzeremo in piedi.
Perciò sentiamo il bisogno, da subito, di ricominciare a mettere in discussione e proprio rimischiare quella scala di priorità diffuse, che si fonda sull’apparire e non sull’essere, e che ha intossicato pericolosamente il nostro tessuto sociale, la nostra identità di Popolo, ed il senso e la sostanza delle nostre abitudini, del nostro essere uomini, e che purtroppo, tende ad aggredire quello stesso impegno, enorme e difficilissimo, che ci siamo assegnati guardando alla nostra piccola porzione di mondo che vogliamo proteggere, e che intendiamo riparare.
Guardare alla vita, insomma, traendo ispirazione innanzitutto dal cuore, con la compassione che sente soltanto chi è realmente vicino ai bisogni del prossimo, e partecipa alle sue sofferenze in maniera diretta, ed anche, se ne fa carico, in prima persona, senza mediazioni, senza mezze misure.
E dunque, saper guardare alla centralità dell’essere umano, al rispetto del prossimo, alla salvaguardia della bellezza della natura; ai valori essenziali ed imprescindibili della persona, alla politica intesa come dare con generosità, come occuparsi dell’altro, specialmente degli ultimi, dei più sofferenti, dei più bisognosi.
Ma soprattutto, saper guardare più spesso alla parola “Amore”, e non averne vergogna od imbarazzo alcuno nel pronunciarla, e anche, non dimenticare mai che dovrebbe stare, quella parola, sempre al primo posto di tutti i programmi di governo e le agende politiche di questa nostra amata Terra, oggi ancor più martoriata ed offesa, come anche di tutti i programmi e le agende politiche del mondo.
“Troppe spese e fallimento delle Regioni”… il fondo di tal Michele Ainis sul (sempre più distante da noi) Corriere della Sera di oggi vorrebbe far risaltare l’inadeguatezza delle regioni di fronte a uno Stato Italiano giusto e corretto.
Sicuramente c’è molto da lavorare per fare della nostra RAS un Sistema Utile ed efficiente, ma è ancora più utile sbarazzarsi del nostro vero limite all’integrazione della Sardegna con l’Europa e con il mondo intero.