Premessa Due parole sulla recente “riforma sanitaria” (LR del 11/03/2025 n.8).
Lo faccio mettendo insieme una decina di messaggi ricevuti dopo la pubblicazione della legge.
La difformità di stili dei diversi paragrafi è da attribuire a questo collage cui non ho voluto sottrarmi.
Faccio tutto io Da una rapida lettura è difficile sostenere che la legge risponda a reali esigenze sanitarie e di cura, piuttosto sembra soddisfare esigenze di potere, queste sì, e abbondantemente.
Oltre all’Ares e all’Areus sono 13 le aziende che gestiranno la sanità, con importanti complicazioni nelle relazioni reciproche, evidentemente ritenendo che questa pletora di enti non abbia pesantemente inciso sull’efficacia dell’azione sanitaria che ha portato ad oggi il 13,7% dei sardi a rinunciare alle cure. Il peggiore dato d’Italia.
Si era promesso, in campagna elettorale, di aggiustare il tiro senza stravolgere l’assetto attuale, e infatti si è scelto di perdurare nell’errore peggiore fatto da quando, nella scorsa legislatura, si è revocata la Asl unica di Pigliaru, la celebre ATS Sardegna: anche questa volta, dichiarando apparentemente guerra al centralismo e alla burocrazia inconcludente, si è invece praticamente continuato a concentrare la governance del sistema nell’Assessorato, con l’aggravio di mantenere in vita tutte le aziende sanitarie esistenti ante 2016, ma con molti meno poteri, autonomia e margini di manovra.
La legge appena varata è un volgarissimo poltronificio per potentucci, una perfetta legge grillina con sostegno piddino.
Ma andiamo per ordine.
ARES amore mio Come sappiamo, la riforma sanitaria Solinas (LR 24/2020) ha istituito l’ARES e contestualmente soppresso l’ATS Sardegna.
Questa modifica nella governance era stata approvata dalla vecchia maggioranza non per evidenze tecniche e statistiche che la giustificassero, ma solo per attuare un predicato ideologico diffuso nel corso della campagna elettorale: “Morte all’Ats”.
L’Ares, che è l’Ats sopravvissuta, ma mascherata, si è poi rivelata essere il cuore dello scempio in cui la sanità sarda si è impantanata, con una mobilità passiva che crea debiti per quasi 74 milioni a favore del Lazio, della Lombardia e di altre regioni del nord.
Il problema è stato uno e uno solo: non si può creare una Asl trasversale, una Asl delle Asl, e non curarne attentamente il meccanismo di funzionamento.
Chi sono i committenti di Ares?
Sono le altre Asl.
Cosa fa la legge appena varata?
L’articolo 3 comma 2 interpreta l’articolo 3 comma 3 lettera c) della vecchia legge (LR 24/2020) nel senso che l’ARES, oltre a farsi carico dell’erogazione delle competenze economiche e dei pagamenti previdenziali per tutte le Asl, si occuperà di forniture, del personale (deve declinarne i “criteri generali al fine di garantire l’omogeneità delle retribuzioni accessorie, parametrate in base a criteri omogenei di graduazione delle strutture e delle funzioni dirigenziali) e di tutte le altre competenze trasversali..”
L’Ares non è più al servizio delle aziende del sistema sanitario, le dirige.
In altre regioni, dove esiste qualcosa di simile all’Ares (le cosiddette Asl “Zero”) esse hanno un comitato di indirizzo composto da tutti i direttori generali delle altre aziende (in ragione delle funzioni trasversali svolte), che ne stabilisce il piano strategico da cui discende il bilancio triennale.
Già la legge del 2020 aveva istituito questo coordinamento (art. 4, comma 8) senza dargli però funzioni; quella recentemente approvata fa di peggio, lo abolisce e lo istituisce presso l’Assessorato, senza nulla chiarire sui ruoli dei diversi soggetti.
Questa scelta è la formalizzazione giuridica dell’ingerenza diretta della politica, attraverso la persona dell’assessore che presiede il coordinamento, nella gestione sanitaria. Altro che distinzione dei ruoli di indirizzo e di gestione! Siamo al centro della cloaca del centralismo politico inconcludente.
Si è persa l’occasione di ricondurre i ruoli dei singoli enti nel solco della legittimità che garantisce la netta separazione del potere d’indirizzo da quello gestionale.
Grillini e piddini non vogliono perdere le redini della gestione e vogliono presidiare anche fisicamente tutti i luoghi in cui si sviluppano le decisioni gestionali. Questo spiega perché i chirurghi possono impunemente rompere ureteri a ogni pie’ sospinto e nessuno li ferma, e i Direttori generali possono catafottersene se i sardi rinunciano alle cure o vanno a curarsi fuori: quando tutto è confuso, quando decisione e responsabilità sono ben dissimulate, il disordine e l’impunità sono garantiti.
Incarichi e Canossa La nuova legge prevede la conferma o la sostituzione dei direttori Sanitari e amministrativi da parte del nuovo Direttore generale. Di tale disposizione non risulta alcun cenno sia nella relazione della Giunta, che in quelle della Commissione Consiliare, cioè è una norma senza motivazione o, se si vuole, che svela la sua motivazione nell’incapacità di rendere ragionevole il suo obiettivo. L’impugnazione per incostituzionalità della norma è certa, visto quanto accaduto ad altre norme regionali.
Bilanci Plasmon La legge dispone “l’omogeneizzazione dei bilanci e delle contabilità delle aziende socio-sanitarie locali”, utilizzando un termine che è atecnico, dato che le regole contabili sono tutte contenute nelle norme e nei principi contabili validi per tutti. Attualmente restano fuori solo le valutazioni soggettive di fine anno (rimanenze, accantonamenti etc.) di alcune poste che però, in sede di controllo dei revisori e della RAS, devono essere giustificate nel loro valore.
In ogni caso, omogeneizzare l’omogeneo, in uno stato di diritto, è attività ambigua e creerà i soliti problemi applicativi.
Sedie, poltroncine, poltrone e troni L’articolo 13 della nuova legge istituisce una serie di sovrastrutture che, nonostante le declaratorie delle funzioni esposte, parrebbero il toccasana dei problemi che vorrebbero risolvere. L’assenza di qualsiasi relazione che ne illustri le motivazioni e i risultati attesi, fa sorgere una serie di dubbi e molte incertezze sul modello di funzionamento. Per esempio:
- Sono istituiti Centri regionali per la riabilitazione e promozione della salute, per le patologie di salute mentale, riabilitazione con il fine principale di “supporto tecnico scientifico”. Che vor dì?
L’istituzione è prevista rispettivamente presso le ASL del Sulcis, della Gallura e di Oristano. L’Ares che rappresenterebbe l’azienda che coordina anche queste funzioni viene totalmente ignorata. - I direttori dei centri sono di nomina regionale (ma tu guarda un po’! Cioè i Dg se li trovano scelti dall’Assessore) e selezionati tra “le figure professionali in possesso di documentate competenze organizzative, gestionali e tecnico-scientifiche nelle specifiche tematiche di riferimento”; è evidente la genericità dei criteri che esulano da quelli molto più rigidi e garantisti delle norme del D.Lgs. 502/1992. Siamo al poltronificio della salute mentale!
- Contestualmente sono istituiti i relativi Dipartimenti regionali che sono previsti anche in altri sistemi sanitari regionali. I dipartimenti servono esclusivamente per “assicurare il coordinamento funzionale degli interventi nei territori regionali e garantisce l’applicazione dei programmi definiti dal CRPPS, delle procedure e dei protocolli organizzativi e gestionali adottati nell’ambito dello stesso DRP o con specifici provvedimenti regionali”. Ma questo coordinamento non sarebbe dovuto essere in capo a Ares?
La tecnica è evidente: si parcellizza il processo e poi si crea una struttura di coordinamento: sedie in periferia, poltrone di coordinamento in sede territoriale, troni di dominio in sede regionale. Questa architettura, priva di alcuna motivazione, occulta le reali ragioni che sono invece strettamente legate al processo di scelta e nomina dei direttori, svolto fuori da qualsiasi regola che ne garantisca la verificabilità.
I Cinquetasche, dopo l’abolizione per legge della povertà, adesso aboliscono anche la trasparenza. - Avremo, pertanto, capi dipartimento con requisiti definiti genericamente, meno stringenti di quelli previsti dal D Lgs. 502/1992 (articolo 17bis), i quali sovraintenderanno le strutture territoriali delle singole ASL, gestite magari da colleghi ben più titolati.
Ormai siamo assuefatti a incarichi di vertice assegnati ai personaggi più disparati senza che sia possibile contestare alcunché: l’era Solinas continua alla grande. - Un tempo il coordinamento era garantito da ATS e poi da Ares, ma questa fattispecie fa eccezione: chi coordinerà questi soggetti con piena autonomia e capacità d’agire? Ne vedremo delle belle.
Commissariamenti con eccezione È la principale motivazione della legge di riforma regionale.
Accade periodicamente ad ogni cambio di giunta ormai da decenni.
In questo caso però, non tutto è filato liscio.
Purtroppo, il direttore generale dell’Ares è stato nominato per sostituire la precedente direttrice dimissionaria, per cui, essendo il nominato di notevole gradimento dell’attuale Presidente, il suo ruolo non è rientrato nel processo del commissariamento.
Sarà per questo che i centri/dipartimenti regionali di nuova istituzione non fanno capo all’Ares? Per non creare troppe modifiche che imporrebbero il commissariamento?
In ogni caso, la legge tratta in maniera differente fattispecie uguali.
Non è il massimo in termini di correttezza e potrebbe rappresentare una criticità sui futuri ricorsi che saranno presentati, perché tutti i cittadini hanno diritto ad un medesimo trattamento senza che si privilegi alcuno perché vicino e gradito al presidente di turno. Per poltronare bene, bisogna essere competenti.
Problemi della sanità sarda In Sardegna esercitano la loro professione tanti medici, infermieri e altri che garantiscono la regolare erogazione dei servizi, nonostante i tanti ostacoli frapposti dal “potere” per assecondare micro-interessi professionali (a bassissima resa politica) piuttosto che per risolvere problemi di salute.
I numeri, però, sono inesorabili e fotografano la reale situazione in cui versano i cittadini sardi, che sempre di più scelgono di non curarsi raggiungendo il vertice nazionale di questa graduatoria negativa. I dati del Piano Nazionale Esiti (PNE) relativi alla Sardegna non sono certo entusiasmanti coerentemente con il diffuso malcontento dei pazienti. La riforma non affronta minimamente il problema.
Non deve essere ignorato che secondo i dati nazionali la Sardegna ha il maggior numero di medici per 1000 abitanti che è pari a 4,25 a fronte di una media nazionale di 3,54 il 20% in più (dati 2023 centro studi SUMAI).
Quello che questi dati evidenziano è che Sassari, ma soprattutto Cagliari, sono le sedi di tantissimi medici che invece mancano a Nuoro e soprattutto ad Oristano.
Quindi la politica regionale dovrebbe invertire questa tendenza.
La legge appena approvata nulla dice se non un generico accenno all’articolo 3 comma 2 sull’omogenizzazione dei criteri di graduazione delle strutture e funzioni dirigenziali, con buona pace dei territori dell’interno che restano poco attrattivi.
Nonostante questi numeri è oggettivo che mancano i medici di medicina generale, la cui carenza è ormai diffusa in tutta Italia, anche se la Sardegna presenta il maggiore calo nel quinquennio 2019-23 pari a -39%.
I direttori si fanno in quattro per garantire un servizio minimo con gli ASCOT, i medici gettonisti (strapagati, a fronte degli specializzandi, sottopagati ma sfruttati nei reparti come strutturati).
Anche in questo caso la riforma non dice nulla e lascia degradare questo fondamentale e primario servizio della sanità, la cui carenza rende tutto il resto molto più difficile da gestire.
Insomma, i Grillini hanno il potere e non sanno come si usa.
“In possesso di documentate competenze organizzative, gestionali e tecnico-scientifiche nelle specifiche tematiche di riferimento” speriamo non sia come l’addetto stampa con appena sei giorni di anzianità di iscrizione all’albo dei pubblicisti (neanche dei giornalisti) prima della nomina.
Mi chiedo quando terminerà questo infinito poltronificio e se mai dovessero risponderne in un eventuale decadenza..
Ascoltando la discussione in consiglio regionale la cosa che più mi ha impressionato è stato che gli interventi della maggioranza in difesa di questa legge risultavano pressoché inesistenti. Superfluo sottolineare la totale assenza del partito democratico che ha la Presidenza della Commissione. Ma a parte questo e scontando il “tiro al piccione” ad opera dei consiglieri della minoranza, le parole a mio avviso necessarie che mancavano nel testo della riforma(pardon riorganizzazione, voce della Sovrana) erano tutte legate al concetto di PROGRAMMAZIONE . Sì, concetto che implica fare entrare nel discorso delle parti non scontate: i bisogni del paziente, l’organizzazione atta a soddisfarla e il progetto , il programma idoneo per renderlo possibile.
Ora non vorrei tornare al “C’era una volta” perché il rischio di farne una questione di Parte è altissimo e non si pensa più all’oggetto ma, e ricordo non un politico ma un “tecnico” (brutta parola) e la sua esperienza di Primo direttore della ATS Unica , Fulvio Moirano, in cui si iniziava , con molto astio intorno, a mettere in pratica la esigenza:
Fino a qui opera il Politico con i suoi Atti di indirizzo
Da qui e fino a giù, vi sono io che mi occupo di mettere in atto quell’indirizzo.
In apparenza, uno schema tra altri schemi. Neutrale si potrebbe intendere( il Politico ci presenta una ricetta apparentemente nuova) invece se riflettiamo meglio, al netto di ogni influenza da Politicante di mestiere, si stavano creando le premesse per sottrarre l’orto del condominio alle invadenza dei condomini più sfacciati e spesso deleteri nei comportamenti.
E la Storia, Solinas docet, invece viro’ .
E i Contiani compiono il “capolavoro”