Sabato si è svolta a Oristano, una riunione informale dei vertici del PD.
L’oggetto della discussione, per quel che mi è stato riferito, è stato duplice: situazione politica (elezioni?); riforma sanitaria.
Il bello di queste riunioni è che se ne potrebbe riassumere il risultato già prima che accadano. Lo faccio a esequie terminate, ma avrei potuto farlo a rito incompiuto.
Ecco il resoconto.
La situazione è complessa e il mondo difficile, per cui occorre vigilare, tener presenti tutte le variabili, evitare scossoni.
In primo luogo, è d’obbligo prendere tempo (ma tu guarda!) e giocare sul sistema dei ricorsi il più possibile.
Tempo stimato?
Se il Tribunale conferma, in un modo o nell’altro, la decadenza della Todde, dovrebbe residuare una strategia in due mosse: presa d’atto della decadenza da parte del Consiglio e secondo ricorso, con sospensiva annessa.
Si dovrebbe guadagnare un semestre.
Tuttavia, la vocazione tentacolare del Pd ha indotto la Todde a passare dai toni aggressivi rivolti all’orbigna a organi e magistrati, alle mediazioni che non lasciano traccia di cui il Pd è incomparabile maestro (nelle vicende dei finanziamenti ai Gruppi, di cui sto rileggendo lentamente gli atti, anche quelli della Corte dei Conti, è accaduto che chi ha pagato la pizza dopo un convegno è stato condannato, chi ha aumentato il proprio patrimonio immobiliare con i fondi dei Gruppi, è stato assolto).
Insomma, il Pd è attraversato da un fremito di rabbia e da un tremito di paura, ma non considera imminenti le elezioni (è dai tempi di Violante che la Sinistra riesce a ‘dialogare’ con la magistratura).
Si è dunque passati alla pastasciutta: la riforma sanitaria. Qui tutti si son fatti seri perché il tema vero è il rapporto con i Cinquestelle, con i loro luoghi comuni, con la loro imperizia nel valutare le persone, distinguendo quelle di valore da quelle tanto povere di capacità quanto ricche di pericolosa supponenza e prepotenza, e infine con la stessa bussola politica dei Cinquetasche in materia di sanità, la quale consiste in un solo comandamento: togliere potere al Pd.
Vi è stato chi ha provato a mostrare acume, facendo notare che i Cinquetasche non seguono il gioco, ma puntano l’uomo e lo colpiscono anche da fermo, insomma disputano due partite in una: non capiscono le strategie con la palla, ma perseguono ferocemente l’intacco di tibie e peroni dei Piddini.
La variabile, segnalata in un intervento, è che anche i primari non sono vergini offese, e dunque, vedendo che la squadra di governo gioca contro se stessa, hanno iniziato a fare ferocissimi regolamenti di conti tra loro a colpi di sale operatorie negate, di diffamazione corridoiale estesa per evitare l’arrivo di professionisti concorrenti, di servizi duplicati, di interventi chirurgici audaci e pericolosi spacciati per miracolosi (con decesso al seguito, ma posposto di qualche mese), di arterie iliache rotte sull’altare dell’endoscopia spaziale, di file d’attesa svuotate o riempite per sovrapposizione, di reparti di ortopedia migranti tra Iglesias e Carbonia con intervento politico al seguito, di black out inventati ecc. ecc. Ovviamente, in questo disastro, ci sono sempre gli specialisti dei cazzi propri che si fanno l’aziendina con piccoli ma costanti incrementi di accreditamento da parte della Regione.
Risultato: il Pd vigilerà sugli emendamenti con un solo scopo, per il momento: rendere legittimi i commissariamenti. Prima il potere, il resto si aggiusta.
La domanda finale si pone naturalmente: per cosa esiste realmente il Pd senza una visione della realtà che lo guidi? Non ha un pensiero politico adeguato al rischio che il mondo sta correndo con i miliardari al potere; ha teorizzato il Campo Largo e si ritrova Conte con Putin e Trump; ha un’alleanza con Alleanza Verdi e Sinistra e si ritrova Bonelli e Fratoianni (dovremmo dire meglio, la Fratoianni family, marito e moglie) oscillanti tra i centri Sociali, il No a tutto e gli esposti alla magistratura; ha scelto la cultura gender come ultimo ferrovecchio ideologico, ma non vuole perdere i cattolici prebendati, quelli alla Del Rio e Franceschini che ritengono il cristianesimo rappresentato in politica a seconda del numero dei rinnovi dei loro mandati parlamentari; non hanno più una politica sui migranti e neanche una politica estera, posto che Minniti è dovuto andare in Tv a ricordare loro come gira il mondo; hanno voluto punire Soru e si sono bevuti la Todde che è molto, ma molto più prepotente di Soru, con la differenza che ha una visione molto, ma molto più piccola del mondo e delle cose.
Il Pd oggi ha una sola ragione di esistere in Sardegna: l’egemonia. E in effetti tutti i settori strategici sono presidiati da uomini del Pd o dal loro alleato, l’ing. De Pascale. Ma questa non è politica, è voracità.
la Todde in campagna elettorale sulla sanità diceva altre cose ” non faremo una nuova riforma” e la gente ha creduto, Prof. oggi sull’unione c’è la diatriba della Desirè Manca con la Cgil sul porto canale
D’onzi die una nova …chi paret veza e mala puru !
Prendendo spunto dal sempre puntuale editoriale de professore, è evidente che il caos non riguarda solo la sanità. Anche l’agricoltura, settore che, seppur messo in secondo piano, è in una condizione disastrosa sotto il governo Todde. E qui, lancio un suggerimento che forse vale quanto le questioni più “in” sollevate da Maninchedda: l’agricoltura è un campo che sta precipitando giù dal baratro grazie alla totale incapacità di gestione. Il direttore generale, di chiara nomina comandiniana, è talmente distante dal suo assessore che, a quanto pare, non si parlano nemmeno. E se l’assessore di agricoltura, insieme al suo malfidato DG, ne sanno di meno di Cicciolina delle Orsoline, possiamo solo immaginare a quale disastro stiamo assistendo. La programmazione 2014-2022 sta scivolando inesorabilmente verso la chiusura, accavallandosi malamente con la nuova programmazione 2023-2027, e il risultato è un settore in pieno caos, con gravi ripercussioni sull’intera economia agricola sarda.
Non si tratta solo di un problema di gestione politica, ma di un fallimento epocale che rischia di compromettere il futuro agricolo della Sardegna. Eppure, nel bel mezzo di tutto questo disastro, la Todde e il PD continuano a concentrarsi su questioni marginali e sulle solite “trovate” per tenere caldo il poltronificio di cui sono i principali protagonisti. Un “settore industriale” che, purtroppo, genera solo “poltrone” per fidanzatini, amanti, figliocci e parenti vari, ma non certo soluzioni concrete per i veri problemi della Sardegna.
E mentre il sistema Regione affonda in una palude di inettitudine e poltrone familiari, la Sardegna continua a subire le conseguenze di chi, invece di preoccuparsi di gestire seriamente, preferisce accontentare il proprio entourage di privilegiati.
Il finale può essere applicato a molte istituzioni in Sardegna e altrove. L’ aggravante è data dalle pretestuose giustificazioni del merito, della necessità di un gruppo elitario di governo e poi del popolo, disprezzato, ma non fatto esattamente di cretini. Da persone che osservano e giudicano. Questo è. Prima o poi l’arroganza si troverà a fare i conti con il giudizio delle persone che ha ingannato per proprio utile o per quello degli amici.
“…hanno voluto punire Soru e si sono bevuti la Todde che è molto, ma molto più prepotente di Soru, con la differenza che ha una visione molto, ma molto più piccola del mondo e delle cose…”
Mi la ponzo in capu ‘e letu, custa beridade