Avantieri si è svolta a Cagliari la riunione dell’area maggioritaria del Pd, quella dei riformisti, che all’ultimo congresso perse la segreteria per il soccorso dato dai grillini sardi (analogo a quello dato alla Schlein su base nazionale e in cambio del quale, la Todde ottenne la presidenza della Regione) al segretario vincitore Comandini.
Oggi i riformisti e i loro alleati sono maggioranza e Comandini è solo (alla riunione dei riformisti hanno partecipato anche Franco Sabatini e Gavino Manca, originariamente alleati di Comandini e oggi indifferenti al suo destino come lui, un attimo dopo le elezioni, è stato indifferente al loro).
Finita la riunione, una delegazione è andata a parlare con Comandini per riferirgli quanto segue: ti devi dimettere o ti dimettiamo.
Da qui in poi il mio racconto è inevitabilmente lacunoso, perché i resoconti sono discordanti, tuttavia mi pare che il succo della questione sia stato questo: Comandini avrebbe risposto ‘coprendosi’ con la Schlein e con il momento delicato (decadenza Todde incombente); la delegazione avrebbe risposto che proprio il momento richiede una segreteria del Pd attiva, dinamica e dialettica col presidente della Giunta e che pertanto le dimissioni o arriveranno spontaneamente o spintaneamente.
Il candidato alla segreteria, che avrebbe numeri schiaccianti nell’assemblea congressuale del Pd, è Silvio Lai, ciò porta a comprendere che il Pd si sta preparando a uno scenario elettorale sia nazionale che regionale, con una sola subordinata: il rimpasto in Giunta, con l’ingresso di Lai nel ruolo di assessore alla Sanità.
In questo quadro, le tre caselle dei candidati al Parlamento nazionale saranno coperte dalla nuova maggioranza congressuale. In pole position ci sarebbe Giuseppe Meloni, attuale vicepresidente della Giunta, che però potrebbe anche essere tentato di candidarsi a sindaco di Olbia. La subordinata a Giuseppe Meloni sarà scelta dai Pd di Sassari e Olbia, che oggi vantano numeri e consensi considerevoli, notevolmente superiori a quelli dell’area Nuoro-Oristano.
Un candidato/a nel Sud Sardegna andrà all’area degli ex DS; infine occorrerà definire il/la candidato/a per il senato. In questo risico, Roberto Deriu e Walter Piscedda ‘difendono’ Comandini, ma non per devozione all’alto pensiero politico del presidente del Consiglio, piuttosto per avere una posizione da cui partire per difendere se stessi. Deriu vuole andare in Parlamento e Piscedda non vuole essere sopraffatto, senza corrispettivo, dall’ingresso nel Pd di Maria Luisa Orrù, legata da vincoli politici stretti con la segretaria nazionale Schlein. In sostanza, qualora il Pd sacrifichi Comandini, Deriu e Piscedda non farebbero barricate se e solo se non venissero sacrificati anche loro.
Cosa succede, secondo le previsioni del Pd, se si dovesse andare a elezioni regionali?
Lo scenario più probabile è che il Pd proponga alla presidenza Silvio Lai, che non ha il profilo politico per allargare l’alleanza, non è in grado di recuperare con i soriani, potrebbe anzi accendere le pulsioni di quanti desiderano mandare un intero gruppo dirigente, egemone da troppo tempo, definitivamente in panchina, però è indubbiamente dotato di ingegno e capacità per reggere il ruolo e guidare una campagna elettorale difficilissima e, sulla carta, destinata alla sconfitta.
Cosa ricavo io da tutto questo che, francamente, mi interessa quanto mi può interessare una prostatite acuta?
Ne ricavo la conferma di una sensazione e di una riflessione che ormai faccio da anni: esistono gli specializzati in vittorie da fermo, cioè quelli che non agiscono per modificare la realtà, ma sanno avvantaggiarsi dai movimenti altrui. È un’arte, si badi bene, per la quale ci vuole vocazione, non è per tutti.
Nel caso specifico, il vantaggio strategico agli opportunisti immobili, nel nostro caso il Pd intero, è dato dalla legge elettorale e dal suo bipolarismo.
In Sardegna la vera maggioranza è data dalla sommatoria dei riformisti socialisti e dei riformisti liberali. Queste due ampie fette di elettorato, che in un sistema elettorale proporzionale farebbero i governi insieme, nel sistema vigente, invece, si dividono e vanno a fare gli inquilini nel condominio presidiato dagli opportunisti immobili, quelli che sanno che tanto, poi, la forchetta della scelta degli elettori finisce sempre a due denti senza sfumature, uno dei quali è presidiato da loro.
Questo fa il Pd.
Fa parlare, fa elaborare, lascia che tutti si scannino, ma lui, senza far nulla, presidia la golden share del centrosinistra sapendo che la ricreazione di tutti finisce al suono della campanella delle elezioni. La stessa cosa vorrebbe fare Fratelli d’Italia dall’altra parte, ma con minore quoziente intellettivo.
Il risultato di questo parassitismo tattico è il paludismo delle classi dirigenti affezionate più alla rendita economica della politica che alla responsabilità della trasformazione della realtà. L’immobilismo tattico lentamente genera l’aterosclerosi dei ceti dirigenti, che divengono avidi, pigri e vendicativi, lentamente fraintendono il cinismo col realismo, considerano i poveri non una vergogna ma un’occasione, muoiono convinti di aver aiutato il mondo, anziché accorgersi di averlo brutalmente usato.
Come far fare un po’ di movimento al sistema sardo?
Bisogna che le anime riformiste di destra e di sinistra la smettano di farsi ingroppare da questa genia di parassiti finto-intelligenti. Bisogna che gli indipendentisti la finiscano di fare gli estremisti post-colonialisti.
Bisogna che Solinas si tolga di mezzo e restituisca libertà e rinnovamento al Psd’az (senza per questo essere condannato alla gogna, nessuno gli contesta di poter ambire ad altri ruoli, ma attualmente lui è una zavorra per il partito).
Bisogna che Pittalis si accorga che a Nuoro gli stanno preparando un trappolone, cioè vogliono fargli perdere le amministrative per impedirgli la corsa alla presidenza della Regione (a Nuoro l’avversario non è politico; a Nuoro l’avversario è il sistema di potere della Todde, ed è forte, ricco di soldi pubblici, di ambizioni e di invidie sociali di profondità abissale). Bisogna che i Riformatori tornino a essere governati da gente di cervello e non solo di mano.
Bisogna che l’Udc si stacchi dalla flebo del solo clientelismo.
Bisogna che i tanti partiti di leader territoriali si sagumiddhiani e confluiscano in una sorta di partito federalista sardo. Bisogna che chi dentro il Pd ha ancora un po’ di pensiero socialista rientri in campo.
Ovviamente, sogno: viviamo nel tempo degli obesi. Si vince da fermi.
@ Stan Ma non provi un po’ di pudore a voler sembrare caustico per non rivelarti vuoto?
Condivido tutte le sue valutazioni professore…
Mah Professore, se la cosa la si osserva in modo distaccato (senza estenuanti passioni) il partito democratico è un solido palcoscenico ove ognuno ha la necessaria pazienza di entrare in scena a suo proprio tempo.
Eh , c è una scaletta ben collaudata tra, persone (lo so è impopolare è brutto dirlo ma così è) dotate di necessaria intelligenza tattica che conoscono il proprio “istante”.
Di entrata in scena.
Dopotutto non solo il panorama politico è così caotico e senza nessun freno ma occorre avere occhio clinico verso un orizzonte , di casa e anche fuori;in Europa scorrono nubi nche inducono a qualcosa che è più della prudenza.
L’affare UOMO è una brutta bestia e quindi attenta cura di sé e , soprattutto, degli altri.
Sei meglio come sondaggista che come analista politico.
La buona notizia è che finalmente RombodiTodde si leva dalle ⚽⚽,, ha fatto abbastanza danni in un anno di NONgoverno.