Inizia oggi la collaborazione con noi una nuova autrice, Inde Licata Speciale. Le sue cronache avranno il merito di utilizzare fonti dirette, essendo stata, da un lato, l’amante segreta di diverse donne e di diversi uomini impegnati in politica, che mantengono con lei alti livelli di confidenza (e di frequentazione occulta) e dovendo leggere, dall’altro, per mestiere e per alto rango, gli atti dell’amministrazione Cinquetasche. È una spia dell’opposizione extraparlamentare sarda, ma gaudente e molto charmante.
Pratobello – Todde: 2-0 e pale al centro. Ma i fumogeni non sono quelli dei tifosi in festa. Sono quelli sparati dall’ufficio propaganda di Villa Devoto che cerca di nascondere la debacle sulle rinnovabili, spacciando per storici successi l’apertura miliardaria di un’altra vertenza entrate con lo Stato, insieme con la rigatura in rosso, da parte della Consulta, di pezzi della legge per l’autonomia differenziata.
La partita vera è che su eolico e fotovoltaico la presidente Cinque Stelle le ha buscate sul serio. Ha perso nel metodo e nel merito, nella tattica e nella strategia.
Il Consiglio di Stato, infatti, con un’ordinanza, ha sospeso parte del decreto del ministro Pichetto Fratin e ha demolito così il pilastrino normativo al quale la presidente Todde aveva agganciato il disegno di legge che, da qualche mese, ha contrapposto alla proposta di legge popolare sottoscritta da 210mila sardi (Pratobello 24), finalizzato all’individuazione delle aree idonee e non idonee per l’installazione di impianti per la produzione da energie rinnovabili. Nello specifico la norma sospesa è quella contenuta all’articolo 7, comma 2 lettera c) del decreto ministeriale 21 giugno 2023 che puntava ad attribuire alle Regioni, la facoltà di fare salve le aree idonee stabilite all’articolo 20 comma 8 del Dlgs 199/2021 (decreto Draghi) ma anche di non farlo, qualora lo ritenessero. In sostanza i giudici di appello hanno stabilito che la Sardegna non può definire le aree idonee in senso più restrittivo rispetto a quanto stabilito dal decreto Draghi.
E per capire quanto il celeberrimo Dl 45 della Todde (il disegno di legge Aree Idonee), dopo il pronunciamento del Consiglio di Stato, resti senza ancoraggio normativo e resti appeso per aria, si riporta integralmente il primo paragrafo della relazione della Giunta al provvedimento che mercoledì è entrato in Aula: “Il presente disegno di legge contiene disposizioni urgenti, ai sensi dell’articolo 20, comma 4, del decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199 (Attuazione della direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2018, sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili), e nel rispetto di quanto previsto dal decreto del Ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica, del 21 giugno 2024, recante: “Disciplina per l’individuazione di superfici e aree idonee per l’installazione di impianti a fonti rinnovabili”, pubblicato nella Gazzetta ufficiale del 2 luglio 2024, n 153, al fine di individuare sul territorio della Regione autonoma della Sardegna le aree e le superfici idonee e non idonee all’installazione di impianti di energia a fonti rinnovabili”…
Il tutto basterebbe per sotterrare sotto le macerie del disastro politico, cercato e trovato, i Cinque Stelle, il Dl 45, la presidentissima e l’alterigia con la quale ha risposto a quanti, in questi mesi ponevano dubbi ed esprimevano perplessità sulla scelta del governo regionale di mettere a fondamento di una norma, che avrebbe dovuto tutelare ambiente e paesaggio della Sardegna, proprio il decreto che vuole distruggerla (il decreto Draghi) e un provvedimento di rango inferiore, il decreto Pichetto Fratin, che debolmente provava a dare un qualche spiraglio alla Regione, per non vedere stuprati territorio e identità, in nome della transizione energetica.
A niente sono valsi i “suggerimenti non richiesti” avanzati in tal senso e a suo tempo da Renato Soru, nella sua smania di provare ad aiutare il governo rosso cri-cri, quello che a ogni sua mano tesa ha risposto con uno sputo in faccia. Soru aveva raccomandato di costruire una norma più articolata, fondata statutariamente, cioè costituzionalmente, intrecciata con diverse competenze primarie della Regione, in modo da essere difficilmente scalfibile dagli inevitabili aggiustamenti di tiro dei governi in carica; ma venne irriso, sbertucciato, i suoi sostenitori perseguitati, e la Todde passò dal negazionismo elettorale sul Decreto Draghi, al pappagallismo diligente con il quale ha ripetuto frasi fatte di lontana ascendenza giuridica, vestendole di sicumera istituzionale. Il Diritto è una disciplina dell’animo, non una filastrocca da ripetere di fronte alle telecamere o un vestito da indossare e dismettere quando si vuole.
A niente è valso che i pratobellisti abbiano urlato e ripetuto fino all’ossessione che la legge che avrebbe voluto salvare la Sardegna dall’invasione di pale e pannelli, sarebbe dovuta partire dallo Statuto sardo.
In verità persino il candidato sconfitto dalla Todde alle ultime elezioni, Paolo Truzzu (quello che mi ha rovinato la vita restringendo Viale Trieste), a conclusione della discussione generale sul Dl 45, aveva fatto appello alla maggioranza della Todde perché rivedesse la gerarchia delle fonti normative su cui poggiare il testo regionale per le aree idonee, ponendo in cima all’architettura normativa il “vecchio” statuto sardo.
Ma niente. Il capogruppo Deriu ha preferito filosofeggiare (Robertino, quando il potere che non lo riguarda da vicino si suicida, prende popcorn e coca cola e si siede ad assistere. È il suo spettacolo preferito); la pasionaria Orrù ha mondializzato la questione, attirando l’attenzione congiunta di Trump, von der Leyen, Putin, Xi, Modi e Khamenei; il tenero Ciusa l’ha buttata sui murales (sbagliare partito è peggio che sbagliare compagno/a); il compagnero Pizzuto – venceremos – si è applicato alla democratizzazione dell’energia (traduzione= urgenza di stipendi per nulla facenti nel Sulcis), mentre il pinnicoso Mandas ha fatto ricorso alla sua già proverbiale simpatia e ha ampliato i già diffusi varicoceli dell’Aula.
Poi, il risveglio, che però è stato più brusco di quello provocato dal compattatore che ritira il bidone del vetro all’alba: il Disegno di Legge non ha più senso, è franato il suo presupposto giuridico. Un fallimento di contenuto, di metodo e di strategia. Il tutto è avvenuto in assoluto silenzio, giacché la carta straccia non fa rumore quando finisce nel cestino dei fallimenti che valgono una legislatura. Il metodo dell’autosufficienza politica e culturale fondata sulla forza e non sulla competenza ha portato il governo della Sardegna e il Consiglio a schiantarsi sul muro costruito e voluto dalla Todde per la sola pretesa di differenziarsi da Soru e rimanere fedele a Draghi.
Una legislatura già buttata al cesso?
Per tutte le persone di buon senso sì, ma non per Todde, la quale, in fuga, è subito volata a Roma per incontrare il ministro dell’Autonomia differenziata.
Per fare cosa?
Per dirgli che alla Sardegna serve un nuovo Statuto con più competenze per la Regione.
Tu, proprio tu, Todde, che hai irriso gli indipendentisti e che hai dimostrato di non sapere e non volere usare i poteri disponibili per difendere la Sardegna dalla speculazione eolica, vai a chiedere (chiedere, capito?, chiedere) a Calderoli che si diano più poteri alla Sardegna? Dopo aver dimostrato di non conoscere e non sapere usare i poteri disponibili, speri di coprire la disfatta con la rivendicazione di nuovi poteri? No, mia cara, il giochino della pezza e del buco non funziona quando non di buchi si tratta ma di voragini, di vergogna, superbia e supponenza. Ti si potrebbe suggerire di darti all’ippica, ma si sa che i cavalli e le manifestazioni equestri sono un terreno insidioso per te…