Proviamo a mettere in fila le notizie vere, non quelle emozionali.
In Sardegna esiste una banda, di almeno una ventina di persone, che sa usare bene le armi da guerra, che dispone di ottime informazioni, che parla poco o nulla al telefono, che non fa l’errore di rendere immediatamente visibili i proventi delle sue rapine. Questo significa che si ha a che fare con una vera organizzazione, che ha i suoi protocolli, ma che ha anche le sue complicità. L’idea del Ros e della Dia che la Sardegna sia un brodo di coltura avanzato di una nascente e raffinata criminalità organizzata è fondata.
La voce registrata durante l’ultima rapina sulla SS 131 sembra rinviare al centro Sardegna, come territorio di provenienza di uno della banda. Ma la difficoltà estrema con cui le forze dell’ordine stanno cercando di fronteggiare questa emergenza, rivela che gli informatori tradizionali di Polizia e Carabinieri non ne sanno niente, cioè che le persone coinvolte non sono dentro i microtraffici della criminalità comune sarda.
Il punto debole della banda non è tra chi spara, ma tra chi fornisce le informazioni, le quali hanno sempre un Dna. Certe indicazioni girano solo in alcuni ambienti e non è possibile che questa banda non abbia mai sbagliato un colpo, cioè abbia sempre avuto buone informazioni sul come e sul dove si custodiscano i soldi; non è possibile essere aziende della sicurezza ed essere così vulnerabili. Certe informazioni circolano solo in certi ambienti e bisogna anche considerare l’eventualità che le forze dell’ordine e le società di sicurezza siano state infiltrate.
L’invisibilità della banda può avere diverse motivazioni. In primo luogo, può non essere composta da pregiudicati, che sono sempre i primi ad essere controllati dalle forze dell’ordine. In secondo luogo, può non essere composta interamente da sardi (io controllerei aerei, navi e barche in arrivo a ridosso delle date delle rapine). In terzo luogo, la dimestichezza con le armi da guerra come tratto ‘professionale’ di tutta la banda è indicativo di due aspetti: o gli interessati ci hanno avuto a che fare per un lungo periodo (e allora sono militari) o possono esercitarvisi con facilità (e allora bisogna cercare nel mondo oscuro dei paramilitari).
Il fatto che i soldi delle rapine non siano mai stati rintracciati significa che la banda ha strategie di copertura efficaci, cioè attività economiche che consentono di distribuire come utile di azienda credibile ciò che è provento illecito. Inoltre, se non tutti i componenti sono sardi o, se sardi, non residenti in Sardegna, ciò ha consentito di spalmare il denaro su un territorio più vasto di quello sardo e meno facilmente rilevabile.
Ultimo dato: è improbabile che una banda che mette a segno a ripetizione colpi milionari usi il denaro per acquistare bar, case o terreni come ha sempre fatto la criminalità sarda. In Sardegna si delinque per smettere di delinquere, per sistemarsi, come si diceva un tempo (anche perché tutti i sardi sanno che tutti i banditi sono stati arrestati o uccisi perché qualcuno li ha traditi per denaro o denunciati per odio e/o vendetta). Questi banditi, invece, mi pare che delinquano per far soldi tout court ed è, dunque, probabile che reinvestano in droga, in cocaina, eroina e quant’altro. Gli studi della prof.ssa Antonietta Mazzette dicono chiaramente che il mercato della droga in Sardegna è un asset importantissimo del Pil. Questo non accade per circostanze fortuite.
Si, condivido. Però, però, però… è possibile che mentre una ruspa smantella un bunker in calcestruzzo, che non è esattamente un castello di carte, non c’è un elicottero che si alza in volo e dieci auto delle forze dell’ordine a scelta tra carabinieri, polizia, polizia municipale ecc. (non 50, 10) a presidiare il territorio in tempo utile? E nessuno si dimette o almeno ammette che per l’ennesima volta ha fatto la figura del pirla? Mah…
Vorremmo soluzioni da film americano, con poliziotti supereroi che schivando pallottole e colpendo con mira impeccabile arrestano i cattivi di turno in un batter d’occhio. Non è così, purtroppo, ma sono certo che prima o poi li beccheranno. Tra le forze dell’ordine ci sono ancora persone che si sacrificano silenziosamente per assicurare questa gentaglia alle patrie galere. Spero solo che si sbrighino, perché ieri siamo stati vicinissimi a dover installare l’ennesima lapide in ricordo di carabinieri caduti per mano di rapinatori senza scrupoli. Quel parabrezza crivellato di colpi dovrebbe far gelare il sangue a pm, funzionari di polizia e ufficiali delle altre forze armate.
Ruspe e benne in Sardegna sono come bazooka. Vanno controllate più possibile evitando i relativi furti In un vecchio film si diceva ” Quando un uomo con la pistola incontra un uomo col fucile , e’ un uomo morto “. Glock contro Ak 47 si perde 0 a 10.
Se poi spari e hai paura della magistratura…sei nel gatto.
Renato
Ottima analisi, perfetta sotto tutto i punti di vista. I nostri quotidiani si limitano alla è superficiale cronaca con l’ausilio dei cellulari dei malcapitati in zona e basta. Mai un minimo di approfondimento sul come, chi e soprattutto perché una tale svolta nella delinquenza nostrana.
E la gente, il popolino, coloro che comprano i giornali non ci capiscono nulla.
Grazie professore.
Condivido in toto le sue osservazioni, mi sembra di essere ritornato ai tempi in cui il sommo Montanelli scriveva i suoi editoriali e, giovanissimo, mi convincevo che prima di scrivere mi avesse letto nel pensiero. Mi sia consentito integrare con alcune considerazioni il suo scritto. Dopo la rapina di Siligo, avvenuta a fine Gennaio scorso , con metodiche assai analoghe a quest’ultima, dove furono assaliti tre camion portavalori e 4/5 persone ferite più o meno gravemente da un commando di almeno 10 uomini armati in modo analogo all’assalto di ieri e che procurò loro un bottino di quattro milioni di euro, si era parlato della istituzione di una task force per prevenire le rapine ai portavalori sotto il controllo del questore di Nuoro per incrementare le misure di sicurezza. Non so se sia stato predisposto e attivato qualcosa , ma alla luce dei fatti delle ultime ore, il risultato conseguito non è stato certo quello che si sarebbe auspicato.
Mi chiedo ,inoltre, se gli organi di polizia addetta ai controlli dei servizi di sicurezza
privata ricevano adeguata preparazione, cosa che ,come affermano i sindacati di polizia, smantellata la Scuola di Polizia Amministrativa da oltre trent’anni non avviene più.
Altrettanto preparate e addestrate, oltre che giustamente retribuite, devono essere le Guardie Giurate addette al controllo e al trasporto dei valori loro assegnati, ma questo richiede costi e investimenti aggiuntivi che sia le società di vigilanza ,sia i committenti non intendono sostenere. Così ci ritroviamo a recriminare sul latte versato, contenti di sapere che tra poco verranno ritrovati i mezzi utilizzati per la fuga e tra qualche giorno l’esatto ammontare della somma rapinata. Ma il resto?
Analisi assolutamente verosimile e condivisibile in toto