Uras attacca Dopo aver letto ieri, sull’Unione Sarda, l’intervista a Luciano Uras, nella quale si chiedeva un vertice di maggioranza per discutere di sanità, ho pensato di rivedere un film già visto, che è quello che va in onda quando in una coalizione vi è chi tenta di far valere la verità delle cose rispetto alla verità di gruppo. In questo caso, vi è un problema in più, rispetto a quelli tradizionali: il soggetto politico (non quello personale, perché Luciano è migliore culturalmente e eticamente dei suoi figli) che ha posto la questione, cioè il partito dei Progressisti, ha un’identità intaccata fortemente (e troppo recentemente) dall’opportunismo esplicito eretto a grande capacità strategica. Insomma, Luciano può ancora affrontare temi etici e politici, i Progressisti meno, molto meno, dopo aver usato il tradimento di Soru per ottenere la candidatura a sindaco a Cagliari, dopo aver candidato nelle proprie liste giustizialisti forcaioli di cui il mondo non sente alcun bisogno, dopo aver usato e gettato alle ortiche persone molto per bene per eleggere il loro salottino urbano, fatto di dedizione al popolo ma solo da posizioni comode, molto comode e rigorosamente retribuite.
Deriu contrattacca Detto questo, però, mi sono premurato, non richiesto, di comunicare a Uras che cosa sarebbe accaduto, come già puntualmente comincia ad accadere da stamattina, con le dichiarazioni dei leader del centro-sinistra al giornale cagliaritano, tutte di censura dell’iniziativa di Uras
Quando dentro un gruppo a conduzione clientelar-settaria si scatena l’effetto specchio, simile a quello che si genera su una frontiera dove due sentinelle contrapposte si guardano, è facile prevedere gli eventi.
Il Pd, non appena i Progressisti hanno accelerato, ha frenato, non solo con i piedi, ma anche con le unghie, difendendo la Giunta anche oltre il dovuto, pur di contenere l’alleato. Ed ecco che Roberto Deriu dice oggi: “Bartolazzi è un dato della politica sarda. Una delle poche cose sicure del quadro organizzativo della sanità che oggi è molto incerto. Tra le cose da fare, non concentriamoci sull’unica fatta”.
Un momento, ma Deriu è davvero convinto che nominare un assessore sia “una cosa fatta” per la sanità? In 76 giorni dall’insediamento della Giunta, i Sardi dovrebbero apprezzare che per la sanità è stato fatto un assessore che non ha fatto nulla? Settantasei giorni sono una montagna di giorni. Che diavolo ha fatto Bartolazzi in 76 giorni? Nulla e Deriu lo sa. E nulla ha in testa la Todde (che ha annullato la delibera cabriolet di Solinas sui nuovi ospedali e deve riprogrammare qualcosa come 800 milioni in sanità e se la prende comoda) se non nominare i nuovi Direttori generali e mandare via i vecchi.
Questo è il grande “fare”? Ovviamente no; persone preparate alla funzione di governo, avrebbero fatto col piede destro la norma per la sostituzione dei Dg e col cervello avrebbero cominciato a rispondere ai seri problemi della tutela della salute dei sardi. Invece no, chi si è preparato a occupare il potere senza sapere come usarlo, pensa solo a sedervici sopra.
Deriu è il capogruppo del Pd, sorveglia Uras, e se Uras imbraccia il fucile, simmetricamente lo impugna lui. È il gioco degli specchi.
Ma Deriu non lo fa per amore della Todde, lo fa per far pesare alla Todde la difesa, per schiacciarla ulteriormente sotto il peso delle richieste PD.
Parallelamente si schierano a difesa le altre tre sentinelle: Cinquestelle, Sinistra Futura, Verdi e Sinistra. Il gioco è fatto: Progressisti isolati e sentinelle pronte a incassare un supplemento di paga per la difesa messa in campo.
Ipotesi 1: la palude Un altro schema in preparazione è il seguente: la Presidente colpisce i Progressisti, li comprime, isola il loro rappresentante in Giunta. I Progressisti chiedono al Pd di richiamare il Presidente a leale collaborazione e il Pd allarga le braccia e dice “Te la sei cercata”. In questo caso, tutta la pancia del Consiglio, da Chessa a Tunis, da Maieli a Marras, si offrirebbe con dedizione e contrizione al Presidente per sostituire con i propri, i voti eventualmente mancanti dei Progressisti. Insomma, un aggregato di potere incapace e feroce come quello che ci governa, che in 76 giorni ha prodotto una norma debolissima sull’eolico, ha sbagliato la dotazione per la campagna antincendio e sta correndo ai ripari con un certo ritardo, ha sbagliato la continuità aerea e già ieri si è sentito, ha dimostrato di non capire nulla di acqua e di Servizio Idrico Integrato, è in difficoltà estrema con un tema semplicissimo come la nuova istituzione delle Province, non riesce a dire una parola di sistema sull’energia, propaganda come proprie le cose fatta dagli altri (vedi il progetto Aria del Sulcis, seguito e coordinato da Pigliaru e dal suo capo di Gabinetto Serra), non capisce nulla della solenne presa in giro della chimica verde, non riesce a far ripartire le agenzie agricole, propone, come rimedio alla siccità, i soliti contributi agli agricoltori varati dalla giunta Solinas, ha un assessore al Turismo che a chiacchiere e retabli non lo batte nessuno, insomma una giunta di dilettanti potentissimi non accetterà mai un confronto politico leale e aperto.
Il fuoco sotto la cenere In queste circostanze, l’unica possibilità di riapertura di una stagione politica autentica risiede negli scontri di potere interni al Pd e tra il Pd e i Cinquestelle. Questi ultimi tutto possono permettersi, fuorché che il loro governo rafforzi il Pd e indebolisca loro. La competizione politica tra i due partiti è vantaggiosa per in Cinquestelle quanto dannosa per il Pd. È in questa dialettica che alberga l’unica possibilità di riportare la verità delle cose al centro dello scontro politico, perché lo scontro azzera i tatticismi e riporta ciascuno intorno alla propria bandiera. Il Pd per restare più che unito, almeno sedato, dovrà distribuire molto potere al suo interno, ma l’interno si è ormai semplificato nelle due correnti egemoni dei rifomisti e dei popolari; la corrente Comandini ha visto prevalere la logica highlander, ne è rimasto solo uno, Comandini. L’egemonia porta alla ferocia, per cui questo Pd premia solo i devoti ubbidienti e perseguita i liberi, se addirittura non li disprezza. Reggerà l’elettorato PD (fatto anche di simpatizzanti e non solo di militanti) a questo regime militarizzato? Difficile dirlo.
I Cinquestelle non capiscono dove sono, non conoscono le persone, premiano gli incapaci e ne pagheranno il prezzo duramente. Ma la Todde farà come Cappellacci ai due anni del suo mandato: cambierà tutto per salvarsi; sarà da vedersi se il suo partito reggerà. Ovviamente, in questa palude, il Centrodestra farà quello che sa fare meglio: giocherà da fermo aspettando morti e feriti. E così si ripeterà l’immobilismo sardo che imperversa da secoli.
Che l’intervento più accalorato a difesa dell’indifendibile Rombo venga dal capogruppo PD e non dal capogruppo 5 stelle la dice tutta. In realtà Uras e Agus hanno detto quello che, all’interno della maggioranza, al netto delle dichiarazioni di circostanza, pensano tutti: Rombo è palesemente inadeguato, evidentemente mal consigliato, ha i mesi contati ed è già inizata la caccia alla successione. Pare che tra il capogruppo PD e my dear, inoltre, sia nata una particolare affinità che deriva dalla medesima provenienza territoriale e dalla medisima passione per il sacro fuoco delle nomine. Sarà vero?
“Auspichiamo che funzioni una maggioranza che sia in grado di dare contributi”
Certo il più sano ha la rogna, ma voglio credere in quelle parole di Uras, siamo cosi mal messi abbiamo solo da perdere,preferisco sperare.🙏
Egregio, purtroppo il livello della classe politica sarda è quel che è.
Mentre Todde frigna contro la autonomia differenziata ignara (?) che in 76 anni non siamo mai stati capaci di utilizzare lo Statuto preferendo continuare a fare i sudditi (ex sabaudi), emerge che il governo ci espropria persino della mucillagine infestante ed inquinante (residuo di secoli di sfruttamento minerario) per cercare l’oro del terzo millennio, le terre Rare. Circondati da nani e ballerine, brutta copia degli originali promanazione della prima repubblica, le bande di affaristi, le lobbies e le sette continuano a fregarsi le mani soddisfatte.
Ne’ con la neo maggioranza né con l’attuale opposizione (capitanata da un personaggio definito dai cagliaritani una “minca buddia”) possiamo sperare che per i prossimi 5 anni germogli qualcosa di buono.
Siamo persino riusciti a riportare a furor di popolo Massimo Zedda (Piras) allo scranno del capoluogo
Gli operatori S.Benedetto, che in massa hanno votato contro Truzzu alle regionali, si aspettano piste ciclabili anche in mezzo ai box, rassegnati all’inesorabile declino che è di tutta la città.
Ultima incomprensibile follia è la continua costruzione di cordoli per incorniciare strade strapiene di buche. Manco fossimo a Roma.
Saluti.
Tutto come previsto : è ancora presto per vedere cosa ci riserva il futuro . Quando si costiuiscono aggregazioni spurie che poco hanno in comune se non la voglia di potere (spesso solo personale),il destino è già segnato ebasta poco per far prevalere gli interessi personali a quelli di srategia comune .Non so se saranno giorni o mesi , ma credo ,riferendomi anche alle attuali baldanze di Elly , che l’amore perverso con i grillini sia destinato a peggiorare ,con tutto ciò chene può derivare !!!!!!
Faccio veramente fatica a comprendere come si possa separare il destino dei progressisti da quello di Uras. Lo stesso Uras che era in pole per un assessorato, forse da qui la sua insofefrenza, e che è stato il grande burattinaio nella campagna elettorale sia per la regione che per il Comune. I partiti sono fatti di uomini. Non sono entità astratte che prendono decisioni da sole. Uras e i progressisti non sono scindibili. Troppo comodo adesso mettersi a fare l’oppoosizione come verginelle.
Che sarebbe finita così era facilmente prevedibile. Chi si rassegna ad avere un governatore/rice dei 5 stelle meglio non affronti niente. Più coerente Deriu che almeno non rinnega la compagnia che si è scelto.