Ieri si è suicidato il rettore dell’Università Cattolica di Milano, un uomo colto e buono di 61 anni.
Il Papa ha inviato un suo messaggio di cordoglio.
L’arcivescovo di Milano ha dichiarato che la città perde un professore di grande valore.
La Conferenza Episcopale Italiana, questo parlamentino di dirigenti politici insottanati, ha espresso cordoglio. Siamo alla pastorale del freddo!
Resta lì, per i cattolici, sul tavolo, il tema drammatico del suicidio, tragedia per noi uomini comuni, peccato per la Chiesa (fuorché nei casi di malattia psichica).
Giuda si suicidò e questo gettò, sul gesto, il cono d’ombra della disperazione dei dannati.
Il suicidio è un attimo di buio.
Se in quell’attimo, anche casualmente, ti raggiunge una voce amica, non lo fai.
Ma se tutto tace, lo fai.
E lo fai come gesto estremo di libertà, di rifiuto di ciò che senti o di ciò che le circostanze ti sembra abbiano determinato.
Chi si suicida sente la realtà come una prigione, come immutabile.
Chi si suicida, vuole volare, ha bisogno d’aria, di un’aria che non c’è nell’atmosfera. E per volare, fa il contrario, s’interra.
Il problema è il silenzio di Dio o l’indifferenza degli uomini?
Può un essere umano trovare in un altro, o in altri, la risposta al desiderio di compimento di sé che lo stimola da quando nasce?
Mi sono convinto di no.
Anche la persona o le persone che più si amano non ci compiono.
Manca sempre qualcosa e se questa mancanza conquista spazio dentro di noi, tutto si trasforma in tragedia.
Vorremmo Dio a portata di mano. Ci dicono che non è possibile.
È difficile anche pregare per un uomo moderno.
È difficile accettare la subordinazione a Dio per capirlo.
È difficile accettare il diktat “O me o l’inferno”. Sa di regime.
L’unica cosa che rende il dialogo possibile è quell’uomo in croce, sono gli sputi, i pugni, le vergate, il dorso scarnificato, la corona di spine, cioè il peggio delle torture praticabili.
Se un uomo che ha patito questo è Dio, allora noi abbiamo la certezza che capisce il dramma dell’attimo di buio dei suicidi.
Ciò che ci chiediamo senza risposta è perché taccia, perché si nasconda, perché non sia presente quando si ammala un bambino, quando muore un giovane, quando muore un giusto, quando il mondo precipita sotto il calcagno dei violenti, perché sia così faticoso cercarlo.
Grande esposizione di difficoltà della vita , ma, sopratutto dando nome alle realtà che ci seguono giornalmente.
L’argomento trattato non è facile.
Mi ha fatto piacere, grande, che Lei lo abbia affrontato.
Paolo la mente umana a volte e’ imperscrutabile. Da cattolico prego Iddio di non trovarmi mai in situazioni in cui l’ombra del suicidio ti appare come l’unica soluzione possibile.
Quando la cattiveria e l’invidia umane hanno sostanzialmente distrutto il mio percorso professionale costruito con tanto amore e fatica mi sono chiesta cosa ci facessi al mondo. La risposta l’ho trovata negli occhi di chi amo (non di chi mi ama, anche se le persone coincidono). Voglio dire che la gioia di poter condividere il loro percorso e poterli sostenere è stata la cura. Per me è andata così.
Mistero !!!! Bella lezione prof.!!!!! Spero solo che qualche anima disperata legga,capisca e si dia pace .Tutto si può risolvere in vita !!!! And ogni notte segue l’alba ed il giorno !! Ogni tempesta , anche quella più dura è seguita dal sereno e la vita continua !!! Grazie comunque per le sue parole di profonda pietà.
È vero, si dice che “l’amore salverà il mondo” e noi ci salveremo dai momenti di buio “amando”…grazie per averlo ricordato.
Certamente se neanche il pensiero del dolore che avrebbe dato alla compagna e soprattutto alla mamma novantenne è riuscito a trattenerlo, doveva trovarsi in un abisso profondissimo.
@ Simone Sì, Simone, è vero, e amando i figli si scopre che si può amare anche se stessi. Noi malinconici dobbiamo sempre combattere il buio che ci insegue. E alla fine vinciamo, amando.
In qualche momento della mia vita ci hò pensato, ma poi vuoi per paura, per coraggio, e per il senso di responsabilità verso mio figlio, diciamo che é rimasto un pensiero sopito in qualche angolo della mente, che in momenti di difficoltà riaffiora.
Sono stanco di vivere sinceramente…..se questa è la “gioia” della vita mi viene da dire grazie ma no grazie.
Ma ho un figlio che ha bisogno di me e quindi tengo duro.
Spesso è una liberazione per chi lo attua e una condanna per chi resta, col rimorso di non aver percepito la solitudine di quell’attimo…
Provo per lui la stessa pena che provo per tutti i disperati che lo fanno. Nessuno può capire e giudicare il dramma di vivere che li ha determinati a un gesto estremo. Prego per lui e per tutti perché, come dice De Andre’, non c’’e’ l’inferno nel mondo del buon Dio
Il dolore, il vuoto ed il silenzio straziante ed incolmabile, il senso di colpa, la sconfitta, la rabbia, l’impotenza che mi ha pervaso da quel giorno è stato ed è incommensurabile…ma no…chi gli era vicino, chi viveva con lui, chi gli voleva bene non è mai sufficente…
Bell’articolo, compassionevole. Siamo spaventati di fronte ad un suicidio. Non lo consideriamo più un peccato ma siamo spaventati. Per l’abisso di solitudine che non abbiamo visto? Perché avvertiamo la protesta contro un sistema di cui facciamo parte?
Per un attimo solo, ma è certo che nella sua violenza e subitaneita’ la forza comunicativa del suicidio ci mette di fronte alle nostre colpe.