Questo è il disegno di legge approvato ieri dalla Giunta Regionale della presidente Todde (my dear Shallow che, in questo caso è shallowissima) che, secondo i titoli dei giornali sardi (oggi illeggibili per menzogna esposta) dovrebbe bloccare gli impianti eolici in Sardegna addirittura per 18 mesi.
Tutte balle.
Non so se my dear abbia ottenuti poteri straordinari dal Cielo o dalla Terra, in caso contrario dovrebbe sapere che ad oggi un disegno di legge non dispone un fico secco né in Sardegna né in Italia.
È una proposta e niente più. In queste ore, le procedure di autorizzazione per impianti eolici e fotovoltaici non hanno alcun ostacolo.
Per provare ad avere effetti il disegno di legge della Giunta deve essere approvato dal Consiglio regionale e divenire una legge.
Titoli come “Nuovi impianti bloccati per 18 mesi” o “Nell’Isola non c’è spazio per chi vuole speculare sulle rinnovabili: stop di 18 mesi” sono ridicoli e fuorvianti.
Purtroppo Todde tra la grancassa dei convegni dell’Unione Sarda con magistratura ostensa (unita alla devota adulazione della Nuova Sardegna), legittima per sensibilizzare l’opinione pubblica, ma culturalmente insufficiente per bloccare qualsiasi cosa, e la proposta Soru (l’unica in campo, per il momento), priva di fascino estetico, ma ricca di contenuti normativi, Todde, dicevo, ha scelto la grancassa, immaginando così di avere dalla sua il giornale e il popolo bue e di zittire il suo incubo morale.
Però, non tutti tra il popolo sono bovini; non pochi sanno leggere, scrivere e capire, e quella approvata è tra le più gravi, dolose e smaccate prese in giro dei Sardi che la storia ricordi.
Il popolo non è bue Bisogna partire dalle dichiarazioni rese qualche settimana fa dalla presidente Todde, con le quali comunicava simultaneamente la sua volontà di varare una moratoria e la certezza che un’eventuale legge con questo contenuto sarebbe stata impugnata presso la Corte Costituzionale.
Eravamo, dunque, di fronte a un presidente di Regione che si dichiarava consapevole non solo dell’attività recente del Governo italiano (cui concorse anch’ella da sottosegretario del Governo Draghi, i cui Decreti Todde dichiarò inesistenti durante la campagna elettorale delle bugie conclamate), ma anche delle pronunce della Corte e, ciò nonostante, dichiarava di voler procedere.
Come si può giudicare un presidente che sa di fare una cosa oscillante tra l’inutile e l’illegittimo e la fa comunque? La cosa ha un risvolto pratico. Poniamo che il Consiglio regionale approvi il disegno di legge della Giunta e che Tizio si veda bloccato l’iter di installazione di un suo impianto eolico per un tot di mesi. Poniamo poi che intervenga, come è sicuro che accadrà, la sentenza della Corte Costituzionale che cassi la legge. Poniamo che la sentenza si pronunci ex tunc, cioè apra la strada a un terribile contenzioso sui danni subiti da Tizio per il periodo di moratoria. Chi pagherebbe? La Giunta no, perché ha solo proposto. Il Consiglio no, perché non è perseguibile per lo svolgimento dell’attività legislativa. Pagherebbe la Regione, cioè tutti noi. Facile essere superficiali così, in palas anzenas.
Cosa fatta male non ha capo Per avere la misura della rozzezza primitiva della norma approvata (cioè del fatto che è stata scritta e approvata per distrarre l’opinione pubblica e non fare un bel nulla sul piano normativo) si legga prima di tutto una delle tante pronunce della Corte Costituzionale sui tentativi di moratoria messi in atto dalle altre Regioni d’Italia. Per esempio la sentenza 77/2022 contro la Regione Abruzzo: «Le disposizioni impugnate attengono al regime abilitativo degli impianti di energia da fonti rinnovabili e, pertanto, coinvolgono la materia «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia», che l’art. 117, terzo comma, Cost. affida alla legislazione concorrente di Stato e Regioni.
In tale ambito – per costante giurisprudenza di questa Corte – le Regioni sono tenute a rispettare i principi fondamentali contemplati dal legislatore statale e in buona parte racchiusi nel d.lgs. n. 387 del 2003 (ex multis sentenze n. 11 del 2022, n. 177 del 2021 e n. 106 del 2020).
Per quanto interessa l’odierna questione, occorre primariamente riferirsi all’art. 12 del d.lgs. n. 387 del 2003, che, “attraverso la disciplina delle procedure per l’autorizzazione degli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, ha introdotto princìpi che […] non tollerano eccezioni sull’intero territorio nazionale” (sentenze n. 286 del 2019, n. 69 del 2018 e n. 99 del 2012; nello stesso senso, sentenza n. 177 del 2021)».
Si può leggere anche la sentenza 177/2018 .
Cosa si impara? Si impara che bisogna stare lontani, se si vogliono contrastare gli impianti eolici, dalle materie oggetto di legislazione concorrente tra lo Stato e le Regioni, cioè dall’art.117, 3 comma della Costituzione; si impara che qualsiasi moratoria rispetto a quanto previsto dall’ art. 12 del d.lgs. n. 387 del 2003 è sbagliata perché esso “attraverso la disciplina delle procedure per l’autorizzazione degli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, ha introdotto princìpi che […] non tollerano eccezioni sull’intero territorio
nazionale».
Norme inutili ad usum circensium Invece che cosa fa la normetta ad usum boum approvata dalla Giunta shallowista? Estende a ‘tutto il territorio regionale’ (roba da matti!) generiche ‘norme di salvaguardia’ (quali? di che tipo? Senza distinzione tra città e campagna, litorale e montagna. Immagino il putiferio che scoppierà negli uffici tecnici comunali nei prossimi mesi, se la legge dovesse essere approvata in questa forma ridicola) di cui la moratoria sugli impianti rappresenterebbe solo una delle fattispecie inibite, senza per questo escluderne altre, vista la genericità della previsione. Che fine fa la ripetuta pronuncia della Corte costituzionale che prevede che non vi siano eccezioni, per ciò che riguarda le autorizzazioni degli impianti, su tutto il territorio nazionale? Semplicemente viene ignorata, con superficiale nonchalance.
Stasera tutto è possibile Ma la cosa più comica è l’impegno preso in legge dalla Regione Sardegna sulle competenze proprie del Governo della Repubblica italiana. La Regione si impegna infatti ad assumere: “tutte le iniziative previste dalla normativa vigente per garantire e favorire la celere approvazione dei decreti del Ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica di cui all’articolo 20, comma 1, del decreto legislativo n. 199 del 2021 e della conseguente legge regionale sulle aree idonee ai sensi del comma 4 del medesimo decreto legislativo”. La Regione si impegna a accelerare l’attività del Governo italiano? Siamo all’arroganza o all’incoscienza?
Non si cerchino nobili ascendenze Qualcuno evoca, come precedente di questa norma, il Decreto Salvacoste di Soru. Eccolo qui. Basta leggerlo per capire che allora si scelse non il terreno friabile delle materie oggetto di legislazione concorrente, ma quello più sicuro della sola urbanistica, oggetto di potestà esclusiva della Regione. Si agì in base all’art.14 della Legge urbanistica. Il dibattito che ne seguì (io, per esempio, che ero molto d’accordo sulla tutela, lo ero meno sulla compressione dei diritti di coloro che avevano le pratiche edilizie pressoché concluse e si videro privati di tutto) avrebbe dovuto essere istruttivo per chi governa oggi almeno quanto lo è stato per Soru, che nella sua proposta sull’eolico, si dimostra molto più attento a definire l’equilibrio tra interessi pubblici e privati di quanto non lo fosse nel 2004.
Si guardi la proposta odierna di Soru sull’eolico.
Si scoprirà che vi è lo sforzo prima di tutto di identificare gli interessi legittimi in gioco, il quadro costituzionale che li identifica e disciplina, il percorso, faticoso e non semplice, per metterli a sistema. Le leggi si fanno così: avendo una visione e non un prurito populista o, peggio, l’urgenza salottiera non di contrastare conti, duchi, marchesi e marchese, ma di essere da loro riconosciuti e ammessi in società, come spesso accade ai provinciali inurbati, vittime designate delle liturgie massoniche.
Continua questo inutile quanto ridicolo dibattito sull’eolico in Sardegna. Posto che l’Unione Europea ha stabilito che la produzione di energie rinnovabili deve arrivare al 32% dell’intera produzione nazionale, avendo evidenti vantaggi in termini di costi( sono gratuite e inesauribili), e in termini ecologici( sono le energie pulite per antonomasia), è necessario sapere come muoversi.
Chi vi scrive è l’allora sindaco di Villaurbana(dal 2001), che a inizio millennio volle fortemente realizzare quell’opera, qualora ci fossero le condizioni e la convenienza…
e lo fece.
Intanto ebbi alcuni contatti con imprese del settore, verificando prima di tutto la solidità , la solvibilità e la serietà dell’impresa che realizzò l’impianto (La danese Greentech, quotata alla borsa di Copenaghen).
Successivamente si scelsero territori nel Grighine, non adatti per la coltivazione nè per l’allevamento.
Si installarono diversi anemometri, per verificare costanza e intensità del vento, sulla base di quei risultati vennero selezionate le aree idonee.
Mi venne chiesto di coinvolgere gli altri comuni del Grighine, al fine di disporre di superfici più ampie, lo feci, non tutte accettarono, lo fecero invece i comuni limitrofi di Siamanna e Mogorella.
Venne fatta la valutazione di impatto ambientale, con esiti positivi, e tutto era pronto.
Nel frattempo in Regione nel 2004 si tennero le elezioni, e il neo Presidente Renato Soru, era decisamente contrario, avemmo contatti, ma tutto diventava difficile, finché in una riunione pubblica tenutasi a Siamanna, e dopo un diverbio col sottoscritto, il Presidente divenne più malleabile, forse comprendendo anche le ragioni delle nostre comunità, tant’è che alla fine, il nulla osta arrivò.
Il Parco venne realizzato con 43 aerogeneratori, dei quali 21 a Villaurbana
le royalties furono di 12.500 annue rivalutabili pagate semestralmente con grande
puntualità, e rivalutate sistematicamente.
I lavori edili furono realizzati da un’impresa locale, e per un anno vennero impiegati circa 100 lavoratori di Villaurbana Siamanna e Mogorella.
Venne realizzata a loro spese, su richiesta del sottoscritto, la strada che porta al parco, venne stipulata la fideiussione, che garantiva la cifra necessaria per l’eventuale dismissione dell’impianto a fine contratto( scade nel 2030).
Vennero assunti quattro dipendenti a tempo indeterminato, e i proprietari divennero anche sponsor di tutte le attività, le feste, le sagre paesane, con delle devoluzioni generose.
Con le royalties, riuscimmo a esentare la popolazione dall’Imu e dalla Tasi, riuscimmo a realizzare diverse opere pubbliche, a estinguere anticipatamente i mutui contratti, (circa 2,5 milioni), a portare il bilancio in pareggio e realizzare un avanzo di cassa di oltre un milione.
Io , poi nel 2016 cedetti il passo, non sono quindi in grado di fornire altre delucidazioni, ma il parco funziona benissimo come prima.
E il danno qual è ? Che venendo a Villaurbana si vedono quelle pale, che, forse non saranno bellissime?
Ma i vantaggi li tocchiamo tuttora giorno per giorno.
Concludo, suggerendo ai sindaci, anziché cavalcare questa donchisciottesca battaglia, di pretendere in Regione, il diritto di disporre dei terreni pubblici, e di decidere in piena autonomia, quello che è bene per le nostre collettività…ricordando che un SPA che realizza un’opera da 150 milioni di euro, non è un ente di beneficenza e deve fare i profitti, l’importante è che questi vengano distribuiti equamente…
Tutto il resto sono chiacchiere
Grazie per l’attenzione
Antonello Garau
Un gigantesco parco eolico svedese rischia di cadere sulle spalle dei contribuenti
Un contratto di vendita di energia elettrica mal redatto rischia di mandare in bancarotta un enorme parco eolico in Svezia.
Le centrali elettriche della foto sono a Kalajoki(Finlandia)
I debiti di un enorme parco eolico nel comune di Piteå (Piitime), nel NORD DELLA SVEZIA, minacciano di ricadere sui contribuenti e sulle banche europee.
Secondo il quotidiano Affärsvärlden (https://www.affarsvarlden.se/artikel/afv-avslojar-kinesiska-vindkraftsparken-kan-bli-miljardsmall-for-skattebetalarna ), il maggiore finanziatore della costruzione del parco Markbygden Ett, uno dei più grandi parchi eolici della Svezia, è la Banca europea per gli investimenti con un prestito di 2,1 miliardi di corone, ovvero circa 180 milioni di euro.
Il 75% del parco è di proprietà della società statale cinese CGN, o China General Nuclear Power Group. Il parco eolico Markbygden Etti con 644 megawatt e 179 turbine eoliche è stato completato nel 2018-2019.
Lo scorso novembre i proprietari hanno presentato domanda per il parco per una ristrutturazione aziendale. Il parco eolico stava andando verso l’insolvenza a causa di un contratto di vendita di energia elettrica molto sfavorevole. Nella ristrutturazione i proprietari stanno cercando di liberarsi del contratto.
Se la richiesta non verra` accolta, il parco potrebbe andare in bancarotta.
I problemi del parco svedese significano che problemi simili sono noti anche ai proprietari di parchi eolici finlandesi?
Anni Mikkonen, amministratore delegato di Tuulivoimayhdistys, afferma di non averne sentito parlare.
“Non possiamo parlare di questioni finanziarie alle riunioni di settore, quindi non ho informazioni certe.”
L’elettricità prodotta dai progetti eolici viene quasi sempre venduta in anticipo per 10-20 anni con un cosiddetto accordo PPA. Senza un accordo è difficile ottenere finanziamenti per i progetti.
I problemi di MARKBYGDEN sono proprio legati al PPA. Ma ci sono anche molti tipi di questi accordi. I proprietari di Markbygden avevano stipulato un cosiddetto accordo di carico di base, dove si erano impegnati a vendere ogni momento una certa quantità di energia elettrica alla norvegese Hydro Energ a un prezzo fisso. Tuulivoimaloiden tuotanto vaihtelee valtavasti. In caso di vento, le centrali producono quasi a piena potenza, ma nei periodi di calma la produzione scende a zero. Nei momenti tranquilli i proprietari di Markbygden hanno quindi dovuto procurarsi sul mercato l’energia elettrica promessa.
Negli ultimi due anni il prezzo dell’elettricità è stato a volte molto alto, quindi i proprietari di Markbygden potrebbero aver dovuto pagare l’elettricità un prezzo significativamente più alto di quello a cui si sono impegnati a venderlo. Dal punto di vista del produttore di energia eolica, i contratti di tipo baseload sono particolarmente difficili perché il prezzo di mercato dell’elettricità nei paesi nordici di solito aumenta molto proprio quando le turbine eoliche non producono e viceversa.
Secondo MIKKONEN è chiaro che l’anno scorso e quello precedente i contratti di tipo baseload hanno portato a grandi perdite se l’azienda non ha protetto i propri acquisti di elettricità.
Secondo Mikkonen, anche in Finlandia sono stati stipulati alcuni accordi sul carico di base. Spesso però i contratti coprono solo una parte della produzione prevista.
La produzione dei parchi eolici viene spesso venduta a un prezzo fisso in modo che la quantità di produzione non sia vincolata. È anche possibile condividere il rischio del venditore e dell’acquirente con i cosiddetti contratti CFD o differenza di prezzo.
Esistono molti tipi di accordi e le loro combinazioni. Nel caso di Markbygden il venditore chiaramente non è riuscito a redigere il contratto molto bene.
Di solito i finanziatori intervengono al più tardi nei contratti troppo grandi, ma in questo caso la Bei non ha capito di farlo.
Secondo DAGENS INDUSTRI, lo scorso novembre mancavano 19 anni al PPA di Markbygden.
Solo l’anno scorso l’azienda ha registrato una perdita di 52 milioni di euro con un fatturato di 40 milioni di euro. Nel 2022 la società aveva dovuto spendere 61,6 milioni di euro per acquisti sul mercato. Il prezzo dell’elettricità nel 2022 è stato a volte molto alto a causa della crisi energetica europea.
La norvegese Hydro Energi, acquirente del contratto PPA, si oppone naturalmente alla rescissione del contratto molto vantaggioso nella procedura di ristrutturazione aziendale.
Al momento della richiesta di ristrutturazione aziendale di novembre Markbygden Etti aveva un debito totale di circa sei miliardi di corone, ovvero 510 milioni di euro.
La sola potenza nominale di Etti, pari a 664 megawatt, rappresenta circa il 9% rispetto all’intera capacità eolica costruita in Finlandia.
Venerdì 10 maggio sono stati collegati alla rete elettrica finlandese 7.206 megawatt di energia eolica.
La cinese CGN possiede complessivamente sei parchi eolici in Svezia, che secondo Dagens Industri hanno debiti per 15 miliardi di corone, ovvero 1,28 miliardi di euro.
Articolo tradotto da:
https://www.affarsvarlden.se/artikel/afv-avslojar-kinesiska-vindkraftsparken-kan-bli-miljardsmall-for-skattebetalarna
Mentre continuo a sorridere per il termine da Lei utilizzato nel riferirsi alla Nostra (shallow praticamente scarsa) in stile very gentleman, è bastato il comunicato del Gruppo di intervento giuridico per smontare, in sole 48 ore e con termini accessibili ai più, il bluff (o presa per i fondelli se si preferisce) sul tema in oggetto.
Detto ciò approfondiro’ con la suggerita lettura della proposta Soru. Saluti.
Prendo spunto dai riferimenti legislativi e giurisprudenziali per rilevare che, secondo me, tra i cittadini e gli amministratori non c’è piena consapevolezza del contesto normativo all’interno del quale
sorge la questione energetica. Credo che uno dei passi preliminari rispetto alla battaglia contro la speculazione possa essere la diffusione della conoscenza della legislazione di riferimento, magari attraverso la creazione di gruppi composti da persone che, a prescindere dall’appartenenza politica e dalle successive proposte, si occupino solo dello studio del complesso quadro normativo e della diffusione semplificata di tali conoscenze. Qualcuno che sarebbe interessato?
Attenzione, in materia di energie rinnovabili, a quanto disposto dal Regolamento UE 2022/2577, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale europea del 29 dicembre scorso (e scaricabile in allegato), che istituisce il quadro per accelerare la diffusione delle energie rinnovabili.
La durata della procedura autorizzativa per l’installazione di apparecchiature di energia solare e di impianti di stoccaggio dell’energia co-ubicati, compresi gli impianti solari integrati negli edifici e le apparecchiature per l’energia solare sui tetti, in strutture artificiali esistenti o future, ad esclusione delle superfici d’acqua artificiali, non è superiore a tre mesi, a condizione che lo scopo principale di tali strutture non sia la produzione di energia solare.
In deroga all’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 2011/92/UE e all’allegato II, punto 3, lettere a) e b), singolarmente o in combinato disposto con l’allegato II, punto 13, lettera a), della medesima direttiva, l’installazione delle suddette apparecchiature per l’energia solare è esonerata dall’obbligo, se del caso, di essere oggetto di una determinazione se il progetto esige una valutazione dell’impatto ambientale o dall’obbligo di effettuare una valutazione specifica dell’impatto ambientale.
Per la procedura autorizzativa riguardante l’installazione delle apparecchiature per l’energia solare, anche per gli autoconsumatori di energia rinnovabile, con una capacità pari o inferiore a 50 kW, in assenza di risposta delle autorità o degli enti competenti entro un mese dalla domanda, l’autorizzazione è considerata concessa, a condizione che la capacità delle apparecchiature per l’energia solare non superi la capacità esistente della connessione alla rete di distribuzione.
Il nuovo Regolamento, pubblicato nel gennaio 2024, e’ direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri con decorrenza dal 1 luglio 2024. Tutte le disposizioni del precedente Regolamento sono prorogate fino al 30 giugno 2025.
Per la procedura autorizzativa riguardante l’installazione delle apparecchiature per l’energia solare, anche per gli autoconsumatori di energia rinnovabile, con una capacità pari o inferiore a 50 kW, in assenza di risposta delle autorità o degli enti competenti entro un mese dalla domanda, l’autorizzazione è considerata concessa, a condizione che la capacità delle apparecchiature per l’energia solare non superi la capacità esistente della connessione alla rete di distribuzione.
Il regolamento stabilisce norme temporanee di carattere emergenziale tese ad accelerare la procedura autorizzativa applicabile alla produzione di energia da fonti rinnovabili, con particolare attenzione a tecnologie per le energie rinnovabili o tipi di progetti specifici in grado di accelerare in tempi rapidi il ritmo di diffusione delle energie rinnovabili nell’Unione.
Il Regolamento si applica a tutte le procedure autorizzative la cui data di inizio rientra nella durata della sua applicazione e lascia impregiudicate le disposizioni nazionali che stabiliscono termini più brevi di quelli di cui agli articoli 4, 5 e 7.
Molto interessante la nozione di “interesse pubblico prevalente”, introdotta dall’art. 1 del nuovo Regolamento, attribuito alla valutazione dei progetti in caso di ponderazione con altri interessi pubblici coinvolti nelle procedure autorizzative.
La Sardegna sta affrontando un periodo di significativa trasformazione del suo paesaggio agro-pastorale tradizionale a causa dell’introduzione massiva di energie rinnovabili. L’installazione di pale eoliche che raggiungono i 200 metri di altezza e la diffusione dell’agrivoltaico stanno modificando non solo l’estetica dell’isola ma anche la sua struttura economica e sociale. Le multinazionali, attratte dalle possibilità di sviluppo di queste nuove tecnologie, offrono somme ingenti per l’acquisto di terreni, con prezzi che possono superare i 50 mila euro per ettaro, rendono quasi impossibile per gli agricoltori e gli allevatori locali competere per l’acquisto dei terreni, di fatto viene “drogato” il mercato immobiliare dei terreni agricoli.
Questo fenomeno solleva non solo questioni economiche ma anche problematiche di natura urbanistica e ambientale. Le zone precedentemente dedicate all’agricoltura stanno vedendo un incremento di progetti che, per dimensioni e caratteristiche, si avvicinano più a strutture industriali che a semplici miglioramenti agricoli. Questa tendenza suscita interrogativi legali e etici: è appropriato sviluppare impianti industriali su terreni un tempo destinati all’agricoltura?
La costa occidentale dell’isola, in particolare, sta affrontando la prospettiva di ospitare imponenti strutture eoliche marine, alte oltre trecento metri e visibili fino a 30 chilometri di distanza. Questa scelta pone in bilico il progresso tecnologico e la conservazione del paesaggio naturale e culturale, che ha caratterizzato la Sardegna per secoli. Le decisioni riguardanti questi sviluppi sembrano spesso essere prese lontano dalle realtà quotidiane dei cittadini sardi, in ambienti dove le loro voci e le loro esigenze sono scarsamente rappresentate.
La questione diventa ancora più complessa considerando il futuro dell’agricoltura sarda, tradizionalmente il pilastro dell’economia locale. La trasformazione di vasti ettari di terreno agricolo in zone quasi industriali non solo altera il tessuto economico dell’isola ma ridefinisce anche la sua identità rurale. Gli impatti sono molteplici: dalla perdita di biodiversità alla modificazione del paesaggio, fino alle potenziali violazioni delle normative urbanistiche che tradizionalmente tutelano le zone rurali da uno sviluppo industriale invasivo.
Il cammino verso un futuro energetico sostenibile in Sardegna richiede un esame attento e consapevole delle scelte urbanistiche e ambientali.
La lettura del provvedimento passato ieri in Giunta lascia veramente sgomenti! La superficialità è direttamente proporzionale alla gravità e complessità del tema ; quest’ ultima avrebbe richiesto – quantomento per salvaguardare la parvenza di un serio intervento – una descrizione ed argomentazione più accurata del complesso quadro normativo di varia fonte che presiede, gestisce e contorna tutto ciò che è ‘energia’.
Una superficialità che si scontra anche – e per questo diventa ancor meno giustificabile – con quanto sta avvenendo in questi ultimi mesi (e nelle ultime settimane in particolare) in vari parti della Sardegna dove si moltipolicano le iniziative, gli incontri e le assemblee per ragionare su quali iniziative mettere in campo per bloccare la possibile invasione di impianti eolici (a terra ed a mare) e fotovoltaici e dalle quali emerge la convinta volontà di intraprendere ogni azione utile (e le iniziative giudiziarie non sono certo in cima alle preferenze manifestate!).
Superficialità che, quindi, non solo non centra l’obiettivo declamato con tanta enfasi dalla stampa cortigiana (quello di mettere una moratoria a nuovi impianti : come è stato giustamente e più volte evidenziato anche in queste pagine il Decreto del governo Dragi – n.199/2021 – espressamente priva di efficacia ogni moratoria che venisse adotata per bloccare l’iter militaresco previsto per l’autorizzazione dei nuovi impianti) ma andrà ad alimentare situazioni di allarme e conflitto che possono sfociare in problemi di ordine pubblico! Questa è una gravissima responsabilità che nessun amministratore pubblico , a nessun livello, può permettersi.
Ancor meno comprensibile (o molto comprensibile?) questo approccio se si considerano le diverse contestazioni che potevano, e possono, muoversi, sul piano politico, alla precedente Giunta sul tema energia (e non solo) rimasta totalmente inerte rispetto alle azioni intraprese dal Governo Draghi (di cui la Todde faceva parte) che ha adotato il provvedimento richiamato e nemmeno quando, nell’ultimo scorcio di legislatura, a Roma c’era un Governo amico (l’attuale).
La proposta di Renato Soru ha il merito di rappresentare in modo compiuto ed articolato un percorso coerente ed adeguato alla complessità della questione. E’ una strada percorribile che richiede impegno e visione complessiva dei problemi, delle competenze istituzionali e, sopratutto, della missione principale di ogni Governo, a qualunque livello, salvaguardare e tutelare le risorse che amministra e rappresenta!
Si impone l’apertura di una vertenza urgente con il Governo partendo anche dagli impegni assunti (nei vari livelli di programmazione e condivisione europea) sulla transizione energetica e sulla ripartizione di tali oneri – nell’arco temporale previsto – con le altre Regioni italiane e tenendo conto dei benefici effettivi per il territorio (che peraltro non possono giustificare i danni ambientali che la quasi totalità degli interventi ipotizzati comportano).
Sono sempre più convinto che il tema ‘energia’ declinato – com’è in Sardegna – in chiave speculativa con dispregio delle più elementari regole a tutela e presidio di un corretto rapporto tra territorio e chi su di esso vive, cosituirà il punto di rottura con un sistema complessivamente corrotto, incompetente ed incapace di gestire il presente ed ancor meno di indicare e guidare i percorsi verso il futuro.
La sovranità sul proprio territorio nel contesto dei principi e delle norme nazionali ed internazionali va dichiarata ed applicata concretamente ricorrendo a tutti i poteri e le prerogative utilizzabili e ciò significa anche fare uno sforzo per delineare nuovi itinerari e regole adeguate a dare un quadro che possa rispondere ad evoluzioni ed interazioni, su tutti i campi, estremamente complesse dove tutto è richiesto fuorchè approssimazione, dilettantismo e superficialità (per fermarci al veniale!)
Se questo non succede è legittimo pensare che chi ha la responsabilità di governo vuole supportare e tutelare queste speculazioni così come è legittimo e giustificato che il popolo trovi da se il modo per tutelare e salvaguardare il proprio futuro!
…. Che dire !!!! Purtroppo la famigliarità con la scatola di tonno nazionale ,che tanto danno ha provocato con effetti dannosi presenti e futuri che affliggeranno persino le future giovani generazioni ,inizia ad essere applicata in Sardegna : tanta fuffa,tante pseudo azioni inutili ,ingannevoli e persino dannose paiono seguire le logiche Toninelliane di cui abbiamo pagato e pagheremo il corrispettivo ancora per molti anni.Non rimane che,chi crede in Dio,di affidarsi completamente a Lui ed a qualche miracolo che ci liberi da siffatta arrogante , dilettantesca,puerile e dannosa modalità di amministrare .
@ Giovanni E ci risiamo. Non è dare una mano dimostrare che si è fatto male, anzi malissimo? Certo, io saprei cosa fare e come farlo, ma perché suggerirlo a chi sostiene la fatwa verso chi ha sostenuto Soru e non verso chi ha sostenuto Solinas?
Una presa in giro senza precedenti
È evidente la cialtroneria grillesca, in questo momento non bisogna mollare, il “ghe pens mi” che pare la cifra toddiana deve essere messo in discussione, occorre essere, come in questo articolo, determinatə nella decostruzione di una narrazione unilaterale
Il DDL dell’attuale Giunta non è che l’ultimo atto di un processo durato 5 anni e partito (è bene ricordarlo) con la proposta di Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (PNIEC) del dicembre 2018 (I Governo Conte), a cui, immediatamente, si oppose l’allora Governo Pigliaru che, di lì a poco, avrebbe terminato il suo mandato, passando in testimone alla Giunta Solinas.
Nei 5 anni successivi non c’è stato altro che un susseguirsi di atti (PNIEC, decreti legislativi, decreti legge, Studi RSE) che hanno visto la Regione Sardegna passiva spettatrice di un’evoluzione che, era evidente, avrebbe portato dove siamo adesso.
Cito solo come caso di scuola l’eolico off shore, il cui sviluppo è partito attraverso una manifestazione di interesse da parte del Governo nazionale (senza che nessuno fiatasse in Regione), e non, come in ogni Paese europeo, dalla individuazione delle aree selezionate in base a chiari obiettivi di politica energetica, per poi sottoporle ad avviso pubblico, selezionare i progetti anche attraverso procedimenti partecipativi come il Dibattito Pubblico, imporre compensazioni ambientali e canoni di concessione agli investimenti autorizzati.
Potrei continuare e parlare del PNIEC approvato nella sua prima versione senza che la Regione Sardegna emettesse alcun verbo sull’evidente incongruità di quanto previsto per la nostra Isola.
Come pure si potrebbe parlare dell’assenza completa di pianificazione regionale sulle rinnovabili, sull’incapacità di comprendere gli scenari, anche normativi, che si andavano dispiegando a livello europeo e quali impatti avrebbero avuto sul livello regionale.
Non deve quindi stupire che l’ultimo atto di questo percorso sia un DDL che è in palese contrasto con tutta la normativa e giurisprudenza che in questi anni è stata prodotta, senza alcuna opposizione da parte regionale nelle forme e nelle sedi opportune.
Per opportuna memoria ricordo che il D.Lgs 199/2021, norma di recepimento della Direttiva UE 2018/2001, all’art.20, relativo all’istituzione delle Aree idonee, comma 6 recita espressamente: “Nelle more dell’individuazione delle aree idonee, non possono essere disposte moratorie ovvero sospensioni dei termini dei procedimenti di autorizzazione”.
Quanto alla proposta di Soru, seppure più articolata e, per certi versi, più “solida” anch’essa pecca di un presupposto fondamentale: non inquadra la materia nell’ambito più ampio della transizione energetica così come si è andata configurandosi attraverso programmi e norme europee (regolamenti e direttive). Queste sono entrate nella pianificazione nazionale (per esempio il PNIEC discende da precisi obblighi europei) e nel nostro ordinamento giuridico, determinando priorità e vincoli di rango superiore, in alcuni casi persino costituzionale.
Quando quindi si parla di prevalenza della normativa regionale in campo urbanistico e/o ambientale bisogna stare attenti, perché la materia, negli ultimi anni, ha trovato un progressivo bilanciamento rispetto all’interesse, altrettanto tutelato, peraltro in forma crescente proprio per effetto del nuovo quadro strategico e normativo europeo, dello sviluppo delle rinnovabili che, proprio per il loro contributo alla riduzione delle emissioni, non è visto solo in termini energetici ma anche di favour sul fronte ambientale.
È proprio questa contemperazione di interessi, apparentemente contrapposti, ma in realtà ormai pienamente collegati, che sempre più, da parte della giurisprudenza anche nazionale, sia costituzionale che amministrativa, viene presa in considerazione e favorita allorché, per esempio, si affrontano i temi legati ai procedimenti autorizzativi.
A tale proposito, per esempio, Soru propone di approvare una legge che preveda la “predisposizione del Piano Energetico e Ambientale della Sardegna che contenga, tra le altre cose:
i. l’analisi del fabbisogno energetico attuale e futuro della nostra regione;
ii. l’analisi del fabbisogno del sistema Pubblico (Regione, Comuni, Enti etc);
iii. La mappa delle aree idonee cui destinare gli impianti di produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile”
Premesso che la Regione ha già un PEARS, approvato nel 2016, e che sarebbe stato sufficiente “manutenerlo” nel corso di questi anni, adeguandolo ai cambiamenti di scenario che si sono andati determinando in questo lasso temporale, il punto è che qualsiasi pianificazione regionale, anche quella di una Regione a Statuto speciale come la Sardegna, non può prescindere dalla pianificazione europea, dagli obiettivi assegnati ad ogni Paese membro per essere “pronti per il 55%”, dalla pianificazione nazionale (PNIEC) e dal contributo agli obiettivi nazionali e quindi europei che le singole regioni devono assicurare.
La stessa mappa delle aree idonee deve essere strutturata per essere funzionale al raggiungimento di quegli obiettivi, e non solo a rispondere al solo fabbisogno regionale.
Quindi un PEARS che non tenesse conto nell’analisi dell’offerta di energia del contributo che la nostra Regione è chiamata ad assicurare e non determinasse le aree idonee (a proposito ciò non significa che, al di fuori delle stesse, non si può fare niente come qualcuno forse crede) in funzione di quell’obiettivo sarebbe illegittimo.
È questa incapacità di inquadrare il sistema energetico regionale e la sua possibile evoluzione in un ambito che, necessariamente, non può che essere europeo e nazionale, il vero limite delle proposte che si stanno avanzando.
Ciò non significa essere passivamente asserviti a logiche esterne, ma, invece di perdere tempo dietro ai 58 GW di richieste di connessione (di cui 0,59 GW con contratti; 1,89 GW di progetti con nulla osta e 11,74 GW di progetti in valutazione), si richiede che la Regione, tutti noi, ci si concentri sui 7,45 GW che sono il target contributo e su come gestire l’uscita dal carbone (ora prevista per il 2027/2028).
Infine, qualcosa di cui nessuno parla e che forse, in questo contesto, può apparire fuori tema: le competenze. La Regione ha bisogno di avere competenze specifiche e rafforzate sul tema, sul fronte tecnico-ingegneristico, sul fronte amministrativo, e su quello giuridico. È inutile pensare di guidare (e non contrapporsi) adeguatamente la transizione ambientale ed energetica con una struttura ed un’organizzazione regionale che non sia coerente con le sfide (e le opportunità) che si devono affrontare.
La sua analisi è certosina e ben circostanziata, capisco anche l’avversione verso il rivale politico, ma voglio sottolineare che tutto questo che si sta verificando non è frutto di azioni sviluppatesi gli ultimi 30 giorni, come bene Lei descrive”” Le Regioni sono tenute a rispettare i principi fondamentali contemplati dal legislatore statale e in buona parte racchiusi nel d.lgs. n. 387 del 2003 (ex multis sentenze n. 11 del 2022, n. 177 del 2021 e n. 106 del 2020).””
Solo questo basta a far capire che siamo davanti alla famosa lotta dei mulini a vento del buon Miguel de Cervantes!!! Sarà anche un azione per fare fiato e capire come istruire a dovere una legge che salvaguardi la Sardegna intanto è un inizio, sarebbe costruttivo anziché demolire a prescindere, vista tanta eloquenza e visione delle cose, per una volta provare a collaborare dando consigli e non solo sentenze. Potrebbe essere la vera svolta della Sardegna, quella che potrebbe aprire le porte di una vera autonomia per la quale serve l’ausilio di tutte quelle persone che come Lei aiutino a costruire e non a sminuire.
Altrimenti continuiamo nel fare in palas anzenas corrias largas…
Bonu primu Maiu
Sa Presidente de sa R.A.S. in sa dichiaratzione de “moratoria”: «Sappiamo che sarà probabilmente impugnata dal Governo. Ma serve un segnale forte che ci dia il tempo di»…
Comente faet a nàrrere «sappiamo» e «probabilmente»? Si dh’ischit no est «probabilmente» e si narat «probabilmente» no dh’ischit!
Sa chistione est chi dh’ischit e bene puru e chi deosi paret preparandho sa conca sua e nosta a nosi pigare su “ennesimo” cropu a conca chentza fàere contu chi a noso nosi dh’ant giai tropu pistada e segada.
At a èssere po sighire a fàere allenamentu a pigare cropos? O po tènnere prus tempus po sighire a fàere allenamentu pistandho abba murrungiandho e pedindho?
Sa Presidente?!…
Ma is àteros de sa “coalizione” ite fachent, totus ancora a pódhiche in buca ant a èssere isetandhe su “moritorio”?
Una analisi giuridica veramente pregevole. È chiara ed evidente la presa in giro ai Sardi da parte della Todde. Assisteremo ad una inutile rivendicazione nei rapporti con lo Stato e nulla cambierà. Ed in effetti l’unica strada percorribile è la competenza primaria data dalla legge urbanistica. Ma il super esperto e super pagato direttore generale dove stava ? Probabilmente ancora a Palazzo Chigi per impugnare la futura legge regionale, senza alcuno sforzo, con l’ulteriore presa per i fondelli, da parte di quest’ultimo , che dirà… ve lo avevo detto…. e così giustifca il suo inutile incarico. Povera Sardegna!!!
Buongiorno, in una chiacchierata di ieri venivo a conoscenza dell’inutilita’ pratica di questi atti. Appunto.
Intanto i cinesi acquistano, si cercano i porti dove stoccare le pale eoliche… e riceviamo la visita dei Savoia per il 1° maggio… magari nella sala del quadro che ritrae i sardi, quei sardi, che ricevono i savoia in ginocchio, questuanti alla ricerca delle briciole.
Il giorno del mio matrimonio, mi sono rifiutato di farmi fotografare sotto quel dipinto… piccoli gesti.