È mia ferma convinzione che la magistratura sarda non capisca più un fico secco di Pubblica Amministrazione e di politica (sì, perché per capire il contesto della prima, bisogna capire la seconda). Delle indagini svolte negli ultimissimi anni, solo due sono arrivate, faticosamente, al rinvio a giudizio. Le altre si sono perse o nei giudizi di opportunità che legano politica e magistratura secondo logiche che mi rifiuto di capire, o sono rimaste a metà per mancanza di personale.
Ci sono cause articolate per questa defaillance: l’abuso di ufficio è entrato in crisi, quindi il magistrato non riesce a centrare il reato; la Polizia Giudiziaria è ancora “a l’annu tre” come dicono a Sassari, cerca ancora mazzette; il turn over di magistrati e poliziotti ha distrutto la memoria storica degli assetti politici; la lobby dei consulenti è inadeguata (sempre le stesse famiglione da anni, che vivono di incarichi e fallimenti); il sistema politico ha infiltrato il Palazzo di Giustizia e non il contrario (per esempio: Tizio è un pubblico amministratore che dà un finanziamento a Caio che ne gira una parte alla moglie di Tizio. La magistratura assiste, sequestra i documenti e se li attacca in gabinetto perché non capisce); la DDA avverte il clima pre-mafioso e la magistratura giudicante non le crede; la droga è un asset importantissimo dell’economia sarda, ma nessuno ci crede (è un po’ come la questione del diavolo, che tutti dicono che non esista e lui gode come un riccio); le rapine con AK47 sono un mistero per le forze dell’ordine e sono una realtà che parla dell’esistenza in Sardegna di almeno un gruppo con rudimenti di addestramento militare, capace di scomparire senza lasciare traccia (e qui la DIA ha ragione di chiedere alla giudicante in tight se questi eventi siano o non siano pre-mafiosi).
La situazione diventerà ancora più difficile da ora in poi perché, finalmente, è stato regolamentato l’uso delle intercettazioni e non le si potrà fare più a strascico, non le si potrà fare per più di 45 giorni (a meno che non si tratti di mafia e terrorismo, e già me lo vedo uno che conosco io che pur di ascoltare in aeternum qualche politico, si arrampicherà sugli specchi a dimostrare il presunto reato mafioso). Non solo: sono già in vigore le norme che impediscono di usare un’intercettazione disposta per un’indagine su un reato, per un’altra su un altro reato (e questa è la cosa che mi convince meno); grazie a Dio non si potranno utilizzare le intercettazioni ininfluenti, quelle che i magistratini d’assalto usavano fare uscire sulla stampa giustizialista per fiaccare l’imputato, rendendone nota l’amante e il turpiloquio (le parolacce sono le parole che gli agenti di PG trascrivevano con più gusto!).
In questo quadro, magistrati e investigatori hanno solo una via d’uscita: studiare, leggere, capire. E come hanno insegnato Dalla Chiesa e Falcone, prima di tutto bisogna capire l’universo morale dell’oggetto che si indaga e si studia, nel nostro caso la Pubblica Amministrazione.
Prendiamo ad esempio la legislatura appena inaugurata. Ovviamente è presto per parlare di reati, ma per comprendere i costumi non è per niente presto.
Prima domanda che mi sarei posto se avessi avuto la disgrazia di essere un agente di PG: quali consiglieri regionali sono stati rieletti (per iniziare dalla base della piramide)? Come stanno questi in relazione con gli emendamenti presentati nelle finanziarie precedenti che hanno distribuito centinaia di migliaia di euro a privati e a specifici Comuni senza alcun criterio? C’è corrispondenza tra i voti ricevuti e le donazioni erogate? Vi era davvero, nella scorsa legislatura, una separazione netta tra maggioranza e opposizione o vi era un gruppo trasversale che negoziava l’allocazione di questi flussi di ricchezza? Se sì, che ruoli hanno oggi questi mediatori? ecc. ecc. Bisogna tener d’occhio sempre il denaro e seguirlo dal principio alla fine. La scorsa legislatura ha insegnato che il ‘favore’ non si fa più con delibera di Giunta. La Giunta distribuisce le risorse agli enti e alle società partecipate e queste, specie col sottosoglia, le fanno atterrare. Chi ha la Banca Dati di questi flussi? Nessuno.
Secondo fronte da presidiare: le nomine dei dirigenti. La pacchia è iniziata nei Comuni, dove i sindaci-re cercano disperatamente Segretari e Dirigenti cui ‘dare indirizzi’ per mascherare con appropriatezza amministrativa la propria volontà non propriamente disinteressata. Quindi, è disperatamente necessario presidiare la verifica delle competenze dei dirigenti nominati e di quelli rifiutati e esiliati (bellissima la farsa inaugurata, da Solinas e proseguita da Todde -my dear Shallow- con la nomina di Lo Russo, della verifica dei requisiti dichiarati affidati ex post al direttore generale del personale… Auguri!). Il caso odierno di un ex-vice sindaco di Cagliari nominato Commissario del Comune di Cagliari mentre il sindaco di cui lei era vicesindaco è nuovamente candidato sindaco, non è un gioco di parole è un paradigma di impudenza del nuovo corso. Altro che questione morale da scaricare sugli altri! I Grillini hanno addosso la questione morale di non avere morale! Queste cose non sono reati, sono porcheriole, ma vanno studiate per capire.
Sempre tipico del nuovo corso è l’atto di indirizzo, totalmente privo di basi normative, con cui il Presidente ha bloccato le procedure di reclutamento o di promozione nelle Asl. Atto ribadito ieri da Rombo di Todde poco prima di prendere l’aereo per tornare a casa (questo non ha capito che l’assessore alla Sanità della Sardegna lavora anche il sabato!). Delle due l’una: o i DG delle ASL stanno commettendo atti illegittimi o il Presidente e l’Assessore hanno abusato del loro potere. Sono reati? No, sono DNA di identità politica e amministrativa e chi vorrà capire questa legislatura dovrà studiarli.
Studiare è faticoso, lo capisco. Ma è meglio sudare in segreto nei propri uffici che inanellare solenni figuracce nei tribunali dopo aver distrutto la vita di tanti.
Il problema del malaffare non sembra essere solo una questione di leggi non rispettate o di azioni illegali che sfuggono all’occhio della magistratura. C’è un aspetto più sottile e profondamente radicato: la complicità tacita di molti che, per disillusione, rassegnazione o persino per un calcolato beneficio personale, scelgono di non opporsi a questo sistema.
@ Renzo, per prevenire gli incendi sarebbe sufficiente incentivare i Comuni (per tenere puliti i bordi delle strade comunali) e chiunque già beneficia di premi comunitari in agricoltura (per presidiare il proprio territorio, fare fasce antincendio lungo i confini delle proprietà) ed intervenire prima che il fronte del fuoco diventi ingestibile dai mezzi a terra e e siano necessari elicotteri e Canadair, che comunque di notte e in giornate particolarmente ventose (….predilette dai piromani) si devono fermare.
Sarebbe inoltre opportuno finanziare l’acquisto in ogni azienda agricola di una cisterna da 2- 3 mila litri da tenere piena d’acqua durante il periodo estivo a disposizione di volontari, protezione civile e forestali che dovessero essere chiamati ad operare in prossimità.
Il tutto senza foraggiare il cartello delle società che noleggiano gli elicotteri e chi eventualmente predispone l’appalto e nel caso utilizzando solamente mezzi aerei della Protezione civile e militari già dislocati e operativi in Sardegna .
In parte, il sistema corruttivo e clientelare è sempre stato attivo. Ci si potrebbe fermare a considerare le ASL, dai ruoli apicali sino all’usciere, nel passato e oggi. Oggi funziona ancora così: il parente, l’amico, il tuo gruppo, tessono la tela per sistemarti.
Il sistema è anche cinico e ride di chi, meritevole, avrebbe trovato con le sue forze collocazione nel mondo del lavoro: oggi non lo trova più.
Dovremo interrogarci sul cinismo del sistema, sui metodi intimidatori e prevaricanti che hanno pervaso tutto. Forse anni fa la nostra democrazia era imperfetta. Oggi che cosa è?
Vorrei vedere la legge o la direttiva che dà la possibilità a Assessori di dare incarichi fiduciari di centinaia di migliaia di euro a soggetti scelti senza criteri,se non quello dell’amicizia o altro rapporto.
É da lì che parte l’inefficienza delle istituzioni.
Altra cosa ancora a chi fa capo la questione degli incendi e della macchina che dovrebbe prevenirli?
Guardando alla Sardegna, il malaffare non è più una questione di tangibili bustarelle passate sotto il tavolo, ma una più sofisticata rete di influenze e accordi che spesso non lasciano traccia tangibile. Nel cuore dell’isola, le nomine e le distribuzioni di risorse si muovono attraverso canali ufficiali, ma con sotto-correnti di interessi che sono difficili da mappare e da comprendere a pieno. Le nuove manovre politiche svelano una faccia nuova del malaffare, non più legata solo al denaro contante, ma piuttosto a scambi di favori, posizioni di potere e controllo di enti importanti. Il “sottosoglia”, un termine usato per descrivere transazioni che cadono al di sotto dei limiti di gara pubblica, emerge come uno strumento prediletto per muovere risorse con discrezione. Chi tiene le redini di questi movimenti? Le figure al centro di queste dinamiche spesso agiscono nell’ombra, negoziando al di fuori delle luci della ribalta, garantendo che il vero potere e le vere decisioni sfuggano al controllo pubblico e legale.
La distribuzione delle risorse agli enti locali e alle società partecipate, le assunzioni di parenti e amici diventano un nodo cruciale. Ma non è solo una questione di chi riceve cosa, ma di chi decide e come queste decisioni vengono prese. Gli interessi si intrecciano in un balletto ben orchestrato che va ben oltre la semplice gestione amministrativa; si tratta di una coreografia che nasconde intenti molto meno trasparenti e molto più interessati.
Le nomine dei dirigenti diventano un altro campo di battaglia critico. Qui, non solo le competenze, ma le lealtà e le reti politiche e personali giocano ruoli chiave. La capacità di influenzare o controllare questi incarichi significa avere mano libera su come e dove verranno direzionate le risorse, su chi verrà favorito e chi rimarrà a guardare. In questo scenario, la richiesta di trasparenza e di accountability diventa sempre più forte e urgente.
Il popolo sardo, e gli italiani in generale, meritano di sapere come vengono gestiti i loro beni e le loro risorse, chi ne beneficia e chi viene escluso. E soprattutto, hanno il diritto di chiedere che la gestione del pubblico interesse sia davvero pubblica, e non un teatro dove pochi eletti recitano una parte scritta da altri, per altri. Solo così si potrà sperare di ripristinare una fiducia ormai logora nel sistema politico e nelle sue istituzioni.
Il problema del malaffare non sembra essere solo una questione di leggi non rispettate o di azioni illegali che sfuggono all’occhio della magistratura. C’è un aspetto più sottile e profondamente radicato: la complicità tacita di molti che, per disillusione, rassegnazione o persino per un calcolato beneficio personale, scelgono di non opporsi a questo sistema. Questa accettazione passiva alimenta e perpetua la rete di influenze e accordi poco trasparenti.
In questo contesto, si potrebbe porre una domanda cruciale: fino a che punto la responsabilità della perpetuazione di queste pratiche ricade sui cittadini stessi, che, pur lamentandosi dell’integrità del sistema, potrebbero inconsciamente sostenerlo con il loro silenzio o con la loro inazione?
Come possono i cittadini, consapevoli dei problemi ma spesso sopraffatti dalla complessità del malaffare, mobilitarsi per richiedere un cambiamento?
Procedure concorsuali nel cui ambito vengono liquidate parcelle di decine e anche centinaia di migliaia di euro per consulenti, commissari e curatori, mentre vengono tagliate le insinuazioni dei lavoratori.