Chi non ricorda la visita del Presidente del Consiglio Giorgia Meloni alla mostra su Enrico Berlinguer?
Da alcuni fu vista come la visita di Gianfranco Fini al muro del pianto.
Al Museo di Roma è aperta dal 1 marzo una mostra dedicata a Giacomo Matteotti, alla sua vita e alla sua morte, a lui come vittima e ai suoi assassini.
È una mostra cruda, con foto e documenti inediti fatta con due soldi due.
Io ammiro le vittime. Ne sono attratto.
Mi piace Lumumba. Mi piace Moro e mi piace molto Matteotti, di cui anche i socialisti si sono dimenticati.
Il problema che mi sono posto è: perché Berlinguer è ‘potabile’ per la nuova Destra italiana e Matteotti no?
Sia chiaro, è molto probabile che Giorgia Meloni non abbia avuto il tempo di visitare la mostra, ma il dato è che nell’Italia della Destra Matteotti non viene celebrato, Berlinguer sì.
Perché?
Io credo che la ragione stia nel fatto che alla fine Berlinguer era un uomo di sistema, secondo la lezione di Togliatti. Quando la storia lo mise alla prova, col sequestro Moro, lui scelse il sistema e non la verità o la giustizia. Credo sia questo tratto a rendere digeribile l’uno e tossico l’altro. Matteotti schierò la sua forza parlamentare sulla frontiera difficile della verità e pagò con la vita. Oggi, anche a Sinistra, la verità è solo un’opzione. Quando Sorrentino girò quel film ignobile e contundente che è Loro, che inizia con una volgare scena di sesso (sia chiaro, volgare perché Sorrentino l’ha voluta così) in stile mos ferarum, vi inserì la celebre scena della lezione nella quale Berlusconi spiegava al nipote che non importa la realtà delle cose, ma solo che si riesca a convincere l’altro di ciò che si afferma. Retorica contro verità.
Anche oggi si sceglie di promuovere persone senza qualità per ragioni di sistema, e si spende la retorica, un po’ sdrucita ma sempre di retorica si tratta, per far credere il contrario. L’inattualità dei martiri sta tutta qui: vita vera contro parole false, ma fortissime.
Bellissima mostra, emozionante nella sua semplicità. Ho registrato con dispiacere il quasi stupore in biglietteria quando ho chiesto il biglietto PER MATTEOTTI e non per la mostra su arte giapponese di fianco, molto più frequentata. In effetti in quel momento c’ero solo io pelato ed una commossa. orgogliosa signora con i capelli bianchi. Ma spero fosse solo il momento perché la mostra merita. Mi ha colpito molto la richiesta di rinnovo del passaporto con vergata a mano, forse di suo pugno dal duce, un NO secco. Non so perché ho chiesto all’ingresso cosa pensasse Pasquino della mostra (la statua è lì vicino) ma non sapevano do cosa stessi parlando… mi sa che la libertà sta diventando qualcosa di troppo scontato!
Sa veridade est eterna e si podet bìdere in sa lughe.
Sas porcherias in s’iscuru e in sa lughe faghent sos muntonarzos chi a idea de ‘muntonarzaris’ tiant dèpere èssere su paradisu terrestre.
Può esserci un’altra ragione perché le destra considera Matteotti tossico e Berlinguer ‘potabile’. Entrambi sono morti in campo di battaglia, con la differenza che l’uno e stato ucciso dagli squadristi fascisti, l’altro da un ictus.
È palese che la destra continua, in modo subdolo a non voler fare i conti con il proprio passato. Celebrare Matteotti significherebbe accettare storicamente che la banda criminale che uccise Matteotti, aveva un mandante morale, Mussolini, e lui ne era il capo. E se Giolitti & c., invece che rifugiarsi nell’Aventino, avessero colto il momento di difficoltà in cui si era trovato l’allora giovane regime per soffocarlo nella culla, avrebbero risparmiato all’Italia 20 anni di dittatura e la tragedia della seconda guerra mondiale.
Leggere la storia di Matteotti come cronaca restituisce la vera natura della sua morte: un truce assassinio perpetrato per fini politici e perché la corruzione del sistema non fosse denunciata.
È la storia di un onesto che non poteva e voleva vivere in un mondo di corrotti. Ucciso da piccoli criminali del regime.
La paura della denuncia lo fece condannare a morte.
Berlinguer … Amatissimo dai giovani di quegli anni. Serio, rigoroso, diede un insegnamento che non dimenticherò. Ci disse di prepararci per il futuro, quando una generazione avrebbe dato le consegne a noi. La sua battaglia per una etica in politica non può essere dimenticata.
L’ oscura storia di Moro ancora mi tormenta. Un groviglio di fatti non del tutto noti. Da cui uscimmo, forse, accettando di non sapere tutto.