Caro Paolo,
la sentenza pronunciata sabato pomeriggio dal Tribunale vaticano avverso le ragioni prodotte dal cardinale Becciu e da altri funzionari e consulenti finanziari della Santa Sede può suggerire una riflessione al minimo articolata e certamente, come sempre, fuori dalle tifoserie dei pro e dei contro. Tifoserie irragionevoli, negativamente partigiane perché fondate sulla non conoscenza degli atti giudiziari alla base del procedimento che in chiave penale ha impegnato tante professionalità per così lungo tempo. A noi uomini di periferia è giunta, e prima e dopo la sentenza, soltanto la sintesi estrema di quanto dibattuto e infine deliberato: tanto poco da impedirci di pronunciarci con nettezza su alcunché.
Non possiamo dunque entrare nel merito dei reati penali imputati e infine, appunto, riconosciuti e dovremmo limitare le nostre legittime e anzi doverose considerazioni ad un campo morale e non giudiziario, e nel campo morale inquadrando la vicenda scabrosa incardinata a Londra, in sé palesemente lontana nei presupposti, nello sviluppo e nelle conclusioni dalle tavole evangeliche, ancora una volta senza puntare il dito accusatore e giudice ma anche senza voltare, da perfetti ipocriti, o impudenti chierichetti, la faccia dall’altra parte.
Io la vedo così: il cardinale è un povero prete che dice messa tutti i giorni, ed i credenti sanno che nella messa è di intensità ineffabile il dialogo, direi proprio la intimità del celebrante terreno con il Cielo Trascendente. Dunque sull’altare si compie, questo credono i cristiani, un’azione di verità assoluta. Sicché come si disse di prete Pietro il boemo officiante a Bolsena, o si poté dire, pur in termini diversi, di tanto clero anche graduato nei lunghi secoli dello scandaloso nepotismo papale (e fosse stato soltanto quello!), di un negazionismo ideologico associato ad un ateismo pratico infestante l’area ecclesiale e… (dantescamente) chiercuta, non potremmo che ricorrere oggi alla metafora del dottor Jekyll e mr. Hyde, o ad un’ipotesi di patologico bipolarismo spirituale per concluderne con un’attribuzione di colpevolezza morale del nostro cardinale sardo.
Ma io, per quanto ne so da diversi canali, il cardinale lo conosco sano e consapevole. E lo credo, moralmente (non saprei giudizialmente), innocente, proprio perché prete senziente e di vocazione. Di giovanile generosità mai spenta. E quale si mostrò nel 2016, al tempo della mia intervista raccolta a Roselle, imperanti le suggestioni della “buona novella” di Fabrizio De André. E però, maturata la consapevolezza che il Vaticano con i suoi ambiti di curia fosse (e sia) una vera e propria struttura di peccato, pagana concentrazione di potere (ancorché non senza presenze ammirevoli di santità, e personali e di uffici missionari) dalla cui malvagia natura o intima corruzione soltanto potevano derivare azionariati e conti correnti in paradisi fiscali e larga larghissima gestione speculativa di risorse invece destinate alla fruizione nei campi della fraternità rivelata dal bisogno del mondo, a mio parere Becciu avrebbe dovuto alzare la mano e rinunciare all’incarico di Sostituto nelle mani del papa che l’incarico gli aveva affidato sempre per il bene delle anime. Ufficializzando la assoluta impossibilità, nella realtà di peccato vaticana, di operare fuori dalle logiche perverse consolidatesi nel tempo e ora esplose in forme e misure paradossali.
La sua testimonianza evangelica avrebbe avuto peso nell’oggi e nella storia della Chiesa. Se ricordiamo Celestino V ad ottocento anni di distanza dal “gran rifiuto”, si sarebbe ricordato del cardinale nostro fra ottocento e mille anni ancora, come fattore acceleratore di una riforma finalmente rivoluzionaria. Se è vero che il Vangelo non è soltanto un libro e che l’altare non è soltanto un supporto per lo spettacolo. E che i cristiani sono il lievito della pasta che è il mondo.
Abbracci.
Gianfranco Murtas
Cagliari 17 dicembre 2023
Da Repubblica online di oggi
“CITTA’ DEL VATICANO — La “dama bianca” non ci sta. Non ci sta a passare per la “mantenuta” del cardinale Angelo Becciu («E pure se fosse, è reato essere mantenuti?»), respinge il feuilleton stile «uccelli di rovo», contesta un «processo mediatico» e una «sentenza già scritta», rivendica gli acquisti in beni voluttuosi («magari erano beni destinati a terzi per relazioni importanti»).
La parte restante dell’ articolo, ho la presunzione, non è necessario leggerla per capire da chi si faceva circondare il cardinale.
Concordo.