Le elezioni regionali sarde si terranno il 25 febbraio.
Le liste dovranno essere presentate il 25 gennaio.
La scadenza non ha alcun significato politico se non a sinistra: tempo in scadenza per provare un riavvicinamento tra le due coalizioni.
Gli elettori indubbiamente lo chiedono: è accaduto anche a me, che non ho alcun potere, di sentirmi chiedere di sforzarmi per trovare una soluzione.
Il pallino è in mano al Pd.
Forse la storia può aiutare a capire quali spazi restino.
Il primo tentativo di coalizione venne fatto il 7 luglio 2022 e non partì dalle segreterie di partito, ma da un auspicio formulato da me e dai Progressisti e sostenuto da Antonello Cabras che chiuse i lavori.
L’obiettivo era chiarissimo: costruire una coalizione fondata sull’alternativa alla Giunta Solinas e su un programma e un candidato presidente frutto di un percorso aperto. In particolare, la candidatura alla presidenza veniva tracciata con questi requisiti: contendibilità e apertura (tutti potevano ambirvi e il percorso di individuazione doveva essere verificabile e pubblico), competenza, credibilità, capacità di rappresentanza non di parte (cioè tendenzialmente si escludevano i leader dei partiti e dei movimenti, in modo da costruire candidature facilmente riconoscibili come sintesi).
Questo percorso era inficiato, a insaputa dei promotori del tavolo del 7 luglio, da un’iniziativa segreta del Movimento Cinquestelle che aveva iniziato da febbraio a promuovere colloqui riservati per individuare l’on. Alessandra Todde, deputato e vicepresidente del partito, come candidata alla presidenza senza passare per le primarie, anzi escludendole per principio. La cosa non avrebbe avuto grandi effetti, se il congresso del Pd, con il voto aperto che portò alla segreteria Schlein, non fosse divenuto un’occasione dell’alleanza dei settori vicini alla Todde con quelli che sostenevano alla segreteria l’onorevole Comandini. Fu in quella occasione che fu stipulato un accordo per il quale, qualora Comandini avesse vinto, avrebbe lavorato per la designazione della Todde a candidata presidente. E così è stato, in modo che ancora offende per il disprezzo mostrato verso le intelligenze e il garbo altrui. Ma tant’è.
Per spiegare che cosa questa politica asfittica ha determinato, uso una metafora medievale e feudale.
Come sanno anche i bambini, il titolo e i beni di un feudo passavano dai titolari ai primogeniti maschi e, da un certo momento in poi, anche femmine. Essere figli maschi cadetti in una famiglia signorile europea significava conquistarsi il futuro o con la spada o con un buon matrimonio. Per le donne cadette il destino era o il matrimonio (politico e non d’amore) o il convento.
Il patto Pd-Cinquestelle è un patto tra primogeniti, solo tra primogeniti, stipulato poco prima dell’assalto finale al castello degli avversari, con l’incredibile arroganza di prevedere il nuovo ordine derivante dalla vittoria spartito solo tra primogeniti, con le sole bandiere dei primogeniti e saldamente in mano ai soli primogeniti, un patto che prevedeva di lasciare all’esterno del castello un popolo di persone non poi così sprovvedute e assolutamente necessarie alla vittoria.
Un patto di prepotenza stupida.
È un patto che ha deluso perché vi ha partecipato tutto il Pd senza avere la capacità di rappresentare anche il mondo cadetto, ruolo che invece gli si era moralmente riconosciuto.
Un patto che ha ridetto per l’ennesima volta al mondo cadetto di costruirsi il futuro con la spada.
E i cadetti lo hanno fatto, a buon diritto.
Come se ne esce, ora?
Il problema è la tavola rotonda del Pd.
Come quella di Artù, la tavola rotonda nasce rotonda perché nessuno si senta inferiore o sperequato nel servizio a tavola rispetto all’altro. Il Pd sardo non sopporta la differenza di valore al proprio interno. È diventato il museo dell’equilibrio mediocre.
Io continuo a pensare che l’uomo migliore del Pd sia Cabras (e se avesse gestito lui la questione degli aeroporti e non mutevoli interlocutori con una parola di notte e una diversa di giorno, lo scontro con la Regione non sarebbe al punto in cui è), non perché è mio amico, ma perché è intelligente più degli altri messi insieme. Ma questa banale e umile constatazione non è nei percorsi educativi di alcuni baroni Pd. Quindi? Tavola rotonda, Cabras è nessuno, anzi, se è possibile va disarmato e esiliato, todos caballeros, ma anche, tutto fermo, tutto bloccato.
È evidente che oggi Soru si è conquistato un posto avanzato nel gradimento della società sarda. Sta crescendo nei sondaggi, si è rimesso a parlare con tutti, ha cambiato metodi e linguaggi, manifesta un’affettività che prima reprimeva, si sta dichiarando aperto a una nuova stagione di autonomia, sta rinunciando ai conflitti e non li cerca, modifica le sue posizioni alla luce di nuove conoscenze, è riconosciuto come sfidante, è temuto dalla Destra, sta vincendo. Quindi? Tavola rotonda, Soru è uguale agli altri, chi diavolo è Soru.
Graziano Milia era con tutta evidenza il candidato che univa un’ampia coalizione. Era riuscito nell’impresa di risultare convincente nell’area vasta del mondo progressista sardo, aveva un disegno politico, predicava l’esclusione dei Cinquestelle dalla coalizione (e aveva ragione a individuare il Movimento come un fattore eversivo di qualsiasi alleanza, perché intimamente autoritario, egemonico e populista) era il candidato ideale e quindi? Tavola rotonda, Milia è amico di Cabras, si sieda affianco a Cabras, se è possibile sia esiliato insieme a lui e taccia.
Non si va da nessuna parte se non si è capaci di riconoscere il valore altrui.
Oggi il Pd sta portando la sua coalizione a schiantarsi per orgoglio e cecità. Si fermi, metta in discussione la Todde (che è già largamente regredita nel gradimento dei sardi, nel senso che non è riconosciuta come sfidante del Centrodestra, non c’è, non è in campo) e apra una rapida stagione di discussione e convergenza, senza odi, senza veti, senza vendette che affondano le proprie radici nelle faide rosse dei decenni passati di cui pochissimi conservano la memoria.
Non sempre è necessario un massacro per rigenerare la storia.
Spesso basta il buon senso, basta riconoscersi come portatori di diritti e di ragioni, guardare in faccia la realtà e camminare insieme.
Ma sto sognando, c’è sempre in mezzo quella maledetta tavola che in nome dell’invidia blocca la storia.
Eppure se si da per assodata la candidatura della Todde, perché al livello nazionale o si federa il campo largo o si va avanti con ridimensionamento autonomie speciali, premierato, minore sensibilità a paesaggio e ambiente e in generale alla giustizia sociale,, e la sardegna è nella scacchiera, si potrebbe fare con pd e 5 stelke un negoziato forte, chiedere che in giunta tornino I paci, i pigliaru, perché no de Martini, i maninchedda, naturalmente soru e , ,pretendere nero su bianco di avere voce nei trasporti, energia, urbanistica, sviluppo delle aree interne,. Perché non fare questo negoziato forte piuttosto che continuare con lo stallo delle primarie. Se non accettano allora si è fatto il possibile. Ma davvero si può rischiare di lasciare continuare le cose come negli ultimi anni senza fare nulla?
Oggi Sardinia Post pubblica un’ intervista a Todde e una a Comandini. Un po’ esagerato non crede Professore.
Si tratta di un sogno, effettivamente. Il buon senso è una merce rara. Nel PD (e non solo) si vedono più che altro portatori di interessi di piccolo cabotaggio o indicibili.
Il gruppo dirigente PD non appare all’altezza per guidare un partito nato a vocazione maggioritaria e fondato sulla partecipazione. Il compito (assunto attraverso le primarie che oggi sono rinnegate) di guidare la macchina è stato confuso con l’essere padroni del vapore. L’esercizio del dominio in luogo dell’egemonia pare diventato un tratto caratterizzante. Il numero di tesserati è in calo e non mi risulta sia stato reso noto. Come denunciato da Castagnetti, il mondo cattolico è stato escluso dalla segreteria.
La candidatura di Todde è nata a Roma dove il PD sembra sempre più junior partner dei cinquestelle. I vertici del PD sardo sono dipendenti della sede romana, lo si è capito ed è stato appurato ormai da tempo. L’ultima parola spetta a Roma. Le decisioni sono prese nell’ambito di disegni e accordi capitolini. I vertici sardi valgono come il classico due di briscola, anche in ragione della loro debolezza politica e intellettuale. Servono, forse, per decidere le liste ma non le alleanze e le strategie. In ogni caso il PD è oscurato dal M5S.
Viste le azioni ai limiti del masochismo politico, è lecito domandarsi se gli strateghi romani siano coscienti della situazione. La segretaria rischia di schiantarsi.
Le regionali sono troppo vicine alle europee e Soru è troppo stimato dagli elettori PD perché gli esiti del voto sardo non si ripercuotano sulla competizione successiva dove ciascun partito correrà da solo. Se Todde dovesse vincere, a beneficiare del risultato sarebbe il M5S e il PD ne beneficerebbe poco o nulla. Se dovesse vincere la Coalizione Sarda a pagare dazio in termini di consenso alle europee sarebbe il PD e non il M5S. Stessa cosa se dovesse vincere il Centro-destra.
Una bella strategia non c’è che dire. Se l’obiettivo è andare a sbattere, hanno scelto la strada giusta.
Per adesso per Soru è come calciare un rigore senza il portiere ⚽️🎅. Dovrebbe accadere un evento straordinario per cui il centro destra riesce a trovare un candidato decente e allora Soru si dovrebbe impegnare di più; diversamente non deve nemmeno uscire di casa fino al giorno delle votazioni 😂
L’altro giorno ero in macchina e mi chiama un amico con il quale avevamo convenuto che nel panorama attuale il voto sarebbe andato a Soru. Mi dice che forse saremo stati impossibilitati a votarlo in quanto si profilava un passo indietro sia di Soru che della Todde in favore della candidatura di MIlia. Non ho dato molto peso a questa telefonata. Sentendo le dichiarazioni dei progressisti degli ultimi giorni e leggendo questo articolo, non so perchè ma quella telefonata mi è tornata in mente
nella mia ignoranza e scarsa conoscenza del mondo politico, in un mio precedente commento di oltre un mese fa se non due…scrissi che si doveva spingere per trovare un accordo che prevedeva milia candidato ed un passo inidetro di soru, il quale secondo me lo avrebbe fatto velocemente e la todde spintaneamente…Ora se non i vecchi padroni del pd non fanno un passo per fermare la todde, Soru sencondo me non darà il minimo segnale di abdicare perchè ormai è in corsa e slanciato; un suo tentennamento o una qualche ambiguità gli costrebbe carissima con gli elettori che ha conquistato e tra quelli che sta conquistando. quindi ai dirigenti del pd attuali e a quelli che hanno molto potere, bisogna chiedergli cosa vogliono fare da grandi: il pd se va avanti così, intestardito con la todde, oltre a perdere le elezioni, (ma quelle le vogliono perdere e mantenere quattro o cinque seggi dei soliti noti), frantumerà irrimediabilmente il partito che scenderà a percentuali del 6/7%, ci sarà come già in essere una fuga verso soru o altre sigle da parte di molti componeneti del pd e poi? poi di tutto questo si avvantaggerà il 5s, che avrà distrutto il pd mortalmente, avrà più consiglieri del pd in consiglio e diventerà il leader dell’opposizione in sardegna o conterà certamente piu del pd. ecco perchè i 5 stelle sono irremovibili, questi ragionamenti li hanno fatti. gli attuali dirigenti del pd non fanno inutili sforzi a ragionare…non ci riescono.